Gli Olsen abitavano in una strada dietro via Kirkegata, e la loro casa, costruita in legno come quella di Johanson, resse l'impatto dello tsunami. Tremò e oscillò. All'interno, i mobili si rovesciarono, le stoviglie si ruppero e il pavimento delle stanze anteriori s'incurvò. I bambini furono presi dal panico. Olsen gridò alla moglie di portarli sul retro della casa. Non sapeva cosa fare, ma pensò che, se l'acqua colpiva la casa nella parte anteriore, forse in quella posteriore sarebbero stati al sicuro. Mentre il resto della famiglia fuggiva, lui si arrischiò a guardare, trattenendo il fiato, da una delle finestre sul davanti. Il pavimento di legno sotto i suoi piedi continuò a incurvarsi e a scricchiolare rumorosamente senza tuttavia rompersi. Olsen si aggrappò al telaio della finestra, deciso a fuggire subito nel retro se la casa fosse stata colpita da un'altra ondata. Guardava sbalordito la città distrutta, vedeva alberi, auto e persone galleggiare nei gorghi dell'acqua, sentiva le grida e il rombo dei muri che crollavano. Poi l'aria fu scossa da diverse esplosioni e dal porto si levarono nuvole rosse e nere.
Era la cosa più spaventosa che avesse mai visto. Il pensiero di dover proteggere la famiglia tuttavia lo riscosse. L'unica cosa importante era la sopravvivenza dei figli e della moglie.
E, se possibile, anche la sua.
D'un tratto, l'onda sembrò fermarsi.
Olsen guardò ancora un po' fuori, poi con cautela si spostò sul retro. Fu immediatamente subissato dalle domande. Vide il terrore negli occhi dei figli e sollevò le mani in un gesto rassicurante, sebbene fosse anche lui spaventato a morte. Poi annunciò che ormai era finita e che non dovevano più temere nulla. Ovviamente non era finita, per niente. Dovevano uscire. Gli venne l'idea di fuggire attraverso i tetti, ma la moglie lo rimproverò di aver visto troppi film di Hitchcock e gli chiese come pensava di fare coi bambini. Olsen non seppe come rispondere. Lei allora propose di aspettare. A lui non venne in mente niente di meglio, così si disse d'accordo e ritornò alla finestra sul davanti della casa.
Stavolta, quando guardò fuori, vide che l'ondata stava rifluendo. La massa d'acqua si spostava sempre più velocemente verso il fiordo.
Gridò con tutte le sue forze.
Gli abitanti delle Hawaii, che convivevano da generazioni con quel mostro, sapevano bene che cos'era il riflusso. Le masse d'acqua che rifluivano generavano un enorme risucchio, che trascinava in mare tutto ciò che era ancora in piedi o cercava di restarci. L'acqua trascinava
Il mostro arrivava dal mare per divorare e, quando tornava indietro, portava con sé una preda.
Quando la facciata della casa era crollata, Olsen non sapeva queste cose, tuttavia le capì in un lampo. Ecco perché si era messo a gridare. Gridava per la sua vita. Sapeva che sarebbe morto. Mentre cadeva, altre esplosioni risuonarono dal porto: le navi e i depositi di petrolio stavano saltando in aria. Praticamente tutti i sistemi elettrici della città erano saltati. I cortocircuiti si succedevano. Forse sarebbe morto perché l'acqua era percorsa dalla corrente elettrica.
Pensò alla sua famiglia. Ai suoi bambini. A sua moglie.
Poi per un attimo pensò a Sigur Johanson e alle sue sorprendenti teorie e sentì crescere la rabbia. La colpa era di Johanson. Gli aveva taciuto qualcosa. Qualcosa che li avrebbe potuti salvare. Quel maledetto figlio di puttana sapeva che cosa stava succedendo!
Poi non pensò più nulla a parte una cosa: