«Ecco le principali vie di transito del traffico marittimo commerciale», disse, indicando l'immagine. «Per comprendere il loro corso è fondamentale analizzare la distribuzione dei beni trasportati. In genere, le materie prime vengono trasportate verso nord. L'Australia esporta la bauxite, il Kuwait il petrolio e il Sudamerica i minerali di ferro. Tutto si sposta a distanze che raggiungono le undicimila miglia marine verso l'Europa e il Giappone, in modo che a Stoccarda, Detroit, Parigi e Tokyo si possano produrre automobili, apparecchi elettrici e macchinari. Che a loro volta ritornano in Australia, nel Kuwait e in Sudamerica dentro navi portacontainer. Quasi un quarto del commercio mondiale si svolge nella zona asiatica del Pacifico, per un valore di cinquecento miliardi di dollari. Poco meno nell'Atlantico. I principali centri ad alta concentrazione industriale sono segnati in scuro. La costa orientale americana, con centro New York, l'Europa settentrionale col canale della Manica, il mare del Nord, il Baltico fino alle Repubbliche baltiche, il Mediterraneo e in particolare la riviera. I mari europei hanno un'importanza fondamentale nel commercio mondiale, il Mediterraneo serve anche come via marittima dalla costa orientale nordamericana fino al canale di Suez. E non dimentichiamo il Giappone e il golfo Persico! Gli scambi sono in crescita nel mar Cinese, che insieme col mare del Nord, è il più trafficato della Terra. Per capire il corso del commercio mondiale via mare, bisogna tener presente questa rete, cioè capire cosa significa per una parte del globo se nell'altra i cargo affondano, quali produzioni vengono interrotte, quanti posti di lavoro vengono minacciati, a chi può costare la vita e chi potrebbe approfittare della disgrazia. Il traffico aereo ha eliminato le navi passeggeri, ma il commercio mondiale dipende dal mare. Nulla può sostituire le rotte marittime.» Peak fece una pausa, quindi riprese: «Spiegato il background, diamo qualche cifra. Ogni giorno duemila navi attraversano lo stretto di Malacca e quasi ventimila imbarcazioni ogni anno passano attraverso il canale di Suez. Questo rappresenta circa il quindici per cento del commercio mondiale. Tremila navi al giorno incrociano nella Manica per raggiungere il mare più trafficato del mondo, il mare del Nord. Circa quarantaquattromila navi all'anno collegano Hong Kong col resto del mondo. Migliaia e migliaia di cargo, petroliere, traghetti si muovono ogni anno in tutto il globo, per non parlare delle flotte di pescherecci, cutter, yacht a vela e barche sportive. Oceani, mari, canali e stretti registrano milioni di movimenti navali. Di fronte a questo traffico, l'occasionale affondamento di una superpetroliera o di un cargo non può di certo comportare una grave crisi nel traffico marittimo. Nessuno si lascia spaventare e non si rinuncia a riempire di petrolio le ultime bagnarole arrugginite e a spedirle in mare. La maggior parte delle circa settemila petroliere presenti nel mondo si trova in pessime condizioni. Oltre la metà è in attività da più di vent'anni… E molte delle superpetroliere possono essere tranquillamente definite dei rottami. A questo punto, si fanno dei calcoli: sì, la catastrofe è sempre in agguato, ma si rischia comunque. Tutto diventa un gioco d'azzardo. Se una petroliera finisce nell'incavo di un'onda, può piegarsi al centro anche di un metro, e una cosa del genere sfibrerebbe qualsiasi struttura. Tuttavia la petroliera continua a viaggiare, perché l'esito del viaggio rientra nel calcolo delle probabilità.» Peak sorrise tristemente. «Tuttavia se gli incidenti sono causati da fenomeni inspiegabili, allora ogni calcolo diventa inutile e i margini di rischio diventano imprevedibili. Entra in gioco una singolare psicologia. Noi la chiamiamo 'psicosi da squalo'. Nessuno sa dove sia uno squalo e chi sbranerà, eppure ciò basta per impedire a migliaia di turisti di andare in acqua. Statisticamente, suona impossibile che un'unica vittima possa danneggiare sensibilmente il turismo. Nella pratica, però, lo distrugge. Ora, pensate che, nel giro di poche settimane, sulle rotte commerciali marittime si sono verificate quattro volte più avarie che in passato, e tutte non riconducibili a cause note. Fenomeni terrorizzanti, per cui non ci sono spiegazioni, fanno affondare anche navi in perfette condizioni. Non si sa chi sarà colpito e dove, e nemmeno come difendersi. Non si parla più di navi completamente arrugginite, di danni provocati dalle tempeste o di errori di navigazione, ormai non si parla neppure più di uscire in mare.»