Judith Li spense il proiettore. «Vorrei ringraziare i rappresentanti diplomatici e gli inviati dei servizi segreti di tutti i Paesi per aver reso possibile questo vertice», disse. «Alcuni ripartiranno oggi stesso, ma la maggior parte resterà nostra ospite per le prossime settimane. Non è necessario che sottolinei ancora che pure a voi, come al gruppo scientifico, è richiesto il più assoluto riserbo sui progressi del nostro lavoro e sulle conoscenze che vi sono collegate. Anche nell'interesse dei vostri governi.» Fece una pausa, quindi riprese: «Per quanto riguarda i collaboratori del gruppo scientifico, ci siamo sforzati di appoggiarvi in ogni modo possibile. Da questo momento in poi, per favore, utilizzate solo il laptop che trovate davanti a voi. Ovunque nell'hotel sono state predisposte linee: nel bar, nelle vostre camere, nella palestra… Potete collegarvi ovunque siate. Il collegamento transatlantico è stato ristabilito. Il tetto dell'hotel è fornito di parabole satellitari. Funziona tutto. Telefonate, fax, e-mail e Internet passano attraverso i satelliti NATO III, che normalmente servivano per mantenere i collegamenti tra i governi partner della NATO. Ora servono a voi. Inoltre abbiamo allestito un circuito chiuso, un
Vanderbilt la guardò, inarcando un sopracciglio. «Voglio sperare che fornirà sempre le informazioni anche allo zio Jack», disse a voce così bassa che soltanto lei riuscì a sentirlo.
«Jack, non dimentichi che lei è un mio sottoposto», rispose Judith, mentre raccoglieva i suoi documenti.
«Credo che lei abbia frainteso. Noi lavoriamo alla stessa altezza. Nessuno dei due è inferiore all'altro.»
«E invece sì, amico mio. Dal punto di vista intellettuale.» Poi lasciò la sala senza salutarlo.
Johanson
La maggior parte dei convenuti si mosse verso il bar, ma Johanson non aveva voglia di aggregarsi. Forse avrebbe dovuto sfruttare l'occasione per conoscere la truppa, però aveva altre cose che gli giravano per la testa.
Si era appena sistemato nella sua suite quando sentì bussare. Karen Weaver entrò senza aspettare risposta.
«Agli uomini anziani devi dare il tempo d'indossare il busto, prima di entrare», borbottò Johanson. «Altrimenti corri il rischio di restare delusa.» Stava vagando per la grande e confortevole stanza col laptop in mano, alla ricerca della presa del modem.
Karen, per nulla impressionata, aprì il minibar e prese una Coca-Cola. «Sulla scrivania», disse.
«Oh. Infatti.»
Johanson aprì il laptop e avviò il programma. Lei si mise a sbirciare da sopra le sue spalle. «Che cosa pensi del fatto che ci siano dietro i terroristi?» chiese.
«Niente.»
«La penso come te.»
«Ma capisco la schizofrenia di cui soffre la CIA.» Johanson aprì alcuni file. «Non imparano altro. Inoltre Vanderbilt ha ragione quando dice che gli scienziati tendono a trattare allo stesso modo i comportamenti naturali e quelli umani.»
Karen si chinò verso di lui. Un'ondata di riccioli le cadde sul viso e lei li tirò indietro. «Dovresti metterli al corrente, Sigur.»
«Di cosa?»
«Della tua teoria.»
Johanson esitò. Poi con un doppio