Читаем Il quinto giorno полностью

Si sentivano solamente i jet in fase di decollo o atterraggio. A dieci chilometri di altezza, lo Château era completamente fuso col paesaggio. Gli aerei di linea percorrevano le loro rotte. L'orizzonte iniziava nettamente a curvarsi. I banchi di nuvole basse somigliavano a nevai, terreni ingannevoli di vapore acqueo. Tra i cinque e i dieci chilometri più in alto, l'atmosfera sempre più rarefatta era attraversata dal rumore degli aerei supersonici. La troposfera era soggetta ai capricci del tempo, la stratosfera all'ozono che assorbiva gran parte dei raggi ultravioletti. A quell'altezza, le nuvole non erano altro che formazioni eteree, con riflessi che le facevano sembrare di madreperla. Palloni aerostatici argentei riflettevano la luce del sole e si occupavano di avvistare gli UFO. Nel 1962, nel silenzio assoluto dei venti chilometri di altitudine, il leggendario U2 aveva intrapreso la propria rotta segreta verso Cuba, per dimostrare la presenza dei missili sovietici. Il pilota del velivolo spia, a causa dell'altitudine estrema, aveva dovuto indossare una tuta da astronauta. Era stato uno dei voli più audaci di tutti i tempi, sotto un cielo il cui blu scuro lasciava già intuire lo spazio.

A ottanta chilometri, risplendevano ancora isolate nubi nottilucenti. La temperatura era di -113 °C. Lassù, nulla lasciava intuire presenze umane, se si escludevano gli occasionali passaggi di veicoli spaziali in partenza o in arrivo. Il blu scuro tendeva sempre più al nero. Oltre gli ottanta chilometri e fino ai cinquecento c'era la termosfera, regno di quegli dei pagani che erano poi stati smascherati dalla scienza moderna e riconosciuti come luci polari e fiammeggianti meteoriti. Era un luogo le cui particolarità fisiche erano ideali per suggerire la creazione di miti e leggende. In effetti, però, non poteva essere adatto come residenza né per le divinità né per nessun'altra forma di vita. Niente e nessuno poteva resistere lassù. Raggi gamma e raggi X cadevano senza trovare ostacoli. Non si trovavano quasi neppure molecole di gas.

In compenso, però, c'era altro.

A centocinquanta chilometri d'altezza, sfrecciavano a ventottomila chilometri all'ora i primi satelliti. Erano prevalentemente satelliti spia, che, per loro natura, cercavano di mantenersi il più vicino possibile alla superficie terrestre. Ottanta chilometri sopra di loro, la sonda Space Radar Topography Mission riprendeva il profilo altimetrico della superficie terrestre e lavorava alla carta del mondo del XXI secolo. A quell'altezza, l'atmosfera ancora relativamente compatta rallentava la velocità dei satelliti, che, per non precipitare, avevano bisogno della spinta del propellente. Trecento chilometri più in alto il propellente non serviva più. In quel punto la forza centrifuga e la gravità terrestre si equivalevano e ciò rendeva possibile mantenere rotte stabili. Così il cielo si riempiva. Era come una rete di autostrade stratificate e, più si andava in alto, più il traffico era intenso. Due piccoli ed eleganti oggetti volanti dal nome di Champ e Grace osservavano il campo magnetico e gravitazionale. Seicento chilometri sopra i poli, l'ICESat riceveva i riflessi della superficie terrestre e dava informazioni sui cambiamenti del manto di ghiaccio. Settanta chilometri più in alto incrociavano i satelliti Lacrosse dell'esercito americano, che esaminavano il terreno con radar ad alta risoluzione. A settecento chilometri d'altezza le sonde LANDSAT della NASA osservavano continenti e coste, misuravano l'espansione e il ritiro dei ghiacciai, l'estensione delle foreste e del pack e fornivano rappresentazioni dettagliate della distribuzione globale delle temperature. Il SeaWiFS, con strumenti fotografici a infrarossi, era sulle tracce delle concentrazioni di alghe negli oceani. I satelliti della NOAA erano stati sistemati in un'orbita a ottocentocinquanta chilometri di altezza e sincronizzati col sole. Da polo a polo si muovevano tutti i possibili satelliti meteorologici. C'era un gran traffico fin oltre la magnetosfera, che superato il confine dei novecento chilometri, attirava particelle cosmiche ed emissioni solari in due fasce di radiazioni, le cosiddette fasce di Van Allen, che si erano sviluppate fino a diventare un curioso fenomeno mediatico. Una gran parte della popolazione americana le considerò la prova decisiva che gli astronauti non erano stati sulla luna; persino noti scienziati dubitarono che gli uomini sulla navicella spaziale fossero sufficientemente protetti per poter attraversare quella regione di radiazioni mortali. Nella terminologia dei satelliti, quella regione è definita con l'acronimo LEO, Low Earth Orbit, ed è seguita dalla zona della Middle Low Orbit, ampiamente trafficata dai satelliti GPS che volano a un'altezza di ben ventimila chilometri, finché, a 35.888 chilometri, si trovavano fissati, come se fossero appesi, i satelliti geostazionari, primo tra tutti l'Intelsat per le comunicazioni mondiali.

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