Jörensen scosse la testa. «Non più del solito. Sei mai stato su una piattaforma?» Come la maggior parte degli scandinavi, anche Jörensen aveva adottato subito il «tu».
«Un po' di tempo fa. Quanto estraete?»
«Sempre meno, temo. Da parecchio tempo alla Gullfaks la quantità è stabile: duecentomila barili da ventun pozzi petroliferi. Adire la verità, potremmo essere soddisfatti, ma non lo siamo. Già si vede la fine.» Indicò il mare. A qualche centinaio di metri, Johanson scorse una petroliera ormeggiata a una boa. «La stiamo giusto riempiendo. Ne deve arrivare ancora una, poi per oggi è finita. Prima o poi cominceranno a diminuire. La roba si esaurisce lentamente e nessuno ci può fare nulla.»
I punti di estrazione non erano direttamente sotto la piattaforma, ma tutt'intorno a essa e a una certa distanza. Quando il petrolio arrivava in superficie, veniva depurato dall'acqua e dal sale, separato dal gas e immagazzinato nei serbatoi intorno ai piloni della piattaforma. Da lì, veniva pompato alle boe di carico attraverso gli oleodotti. Intorno alla piattaforma c'era una zona di sicurezza di cinquecento metri, che non poteva essere oltrepassata da nessun mezzo, a eccezione delle navi fabbrica della piattaforma stessa.
Johanson sbirciò oltre il parapetto metallico. «Non dovrebbe esserci la
«È all'altra boa. Da qui non potete vederla», spiegò Jörensen.
«Non possono avvicinarsi neppure le navi oceanografiche?»
«No, la
«Avete difficoltà coi pescatori?»
«Eccome. La settimana scorsa ne abbiamo beccati alcuni che avevano inseguito un banco di pesci fin sotto la piattaforma. Ne capitano in continuazione, di grane simili. Recentemente c'è stata una situazione critica alla Gullfaks A. Una piccola nave cisterna con un guasto ai motori stava andando sotto la piattaforma. Abbiamo mandato giù alcuni dai nostri per allontanarla, ma l'equipaggio è riuscito a riprendere in tempo il controllo.»
Quello che Jörensen raccontava con tanto distacco in realtà era la catastrofe che tutti temevano: una nave cisterna piena fino all'orlo che si staccava dall'ormeggio e finiva contro una piattaforma. Una collisione avrebbe potuto far vacillare le isole più piccole, ma il vero pericolo era rappresentato dall'esplosione. Sebbene la piattaforma fosse dotata di un sistema antincendio che alla minima presenza di fuoco sprigionava tonnellate d'acqua, l'esplosione di una petroliera sarebbe stata la fine. Simili incidenti erano rari e accadevano per lo più nel Sudamerica, dove le norme di sicurezza erano applicate con minor rigore. Nel mare del Nord ci si atteneva alle prescrizioni. Quando il vento soffiava troppo forte, le navi non venivano caricate.
«Sei dimagrito», disse Tina a Jörensen, mentre lui le teneva aperta la porta. Entrarono nella zona residenziale e attraversarono un corridoio ai cui lati si aprivano porte identiche che conducevano agli alloggi. «Non fanno da mangiare bene, qui?»
«Troppo bene», ridacchiò Jörensen. «Il cuoco è davvero bravo. Dovresti vedere la nostra mensa», proseguì, rivolto a Johanson. «Il Ritz al confronto è un chiosco da spiaggia. No, il direttore della piattaforma ha dichiarato guerra alle pance, altrimenti c'è il licenziamento.»
«Davvero?»
«Direttive della Statoil. Non so se si arriverà a tanto, ma la minaccia funziona. Nessuno vuole perdere il lavoro.» Raggiunsero una scala stretta e scesero. Vennero loro incontro alcuni uomini, diretti verso il fondo della piattaforma. Mentre i loro passi risuonavano nel vano d'acciaio, Jörensen li salutò, poi disse ai visitatori: «Eccoci, capolinea. Ora la scelta è vostra. A sinistra, beviamo insieme un caffè e chiacchieriamo ancora per una mezz'oretta. A destra, si va alla nave».
«Berrei volentieri un caffè…» disse Johanson.
«Grazie», lo interruppe Tina. «Ma abbiamo poco tempo.»
«La
«Non voglio arrivare a bordo all'ultimo momento», lo interruppe lei. «La prossima volta mi prenderò più tempo, promesso. E porterò con me anche Johanson. È tempo che qualcuno ti batta a scacchi.»
Jörensen rise e uscì all'aperto, scrollando le spalle. Tina e Sigur lo seguirono e furono investiti da una folata di vento. Si trovavano sul bordo più basso del blocco residenziale. Il fondo della passerella su cui procedevano era formato da fitte grate di acciaio e, attraverso le maglie, si scorgeva il mare mosso. C'era molto più rumore che sulla pista di atterraggio degli elicotteri; l'aria esplodeva di sibili e rimbombi. Jörensen si avviò lungo la passerella, dove si trovava un gommone arancione coperto e appeso a una gru.
«Che cosa dovete fare a bordo della
«Possibile», rispose Tina.
«Una piattaforma?»