Mezz'ora dopo, si trovavano sull'elicottero, insieme con una dozzina di operai petroliferi. Johanson guardava fuori, in silenzio. Sotto di loro scorreva la superficie del mare, uniformemente grigia e frastagliata. Sorvolavano in continuazione cargo, traghetti, petroliere e navi che trasportavano gas. Infine comparvero le piattaforme. Da quando una compagnia petrolifera americana, in una tempestosa notte invernale del 1969, aveva scoperto il petrolio, il mare del Nord si era trasformato in una bizzarra zona industriale, poggiata su enormi pali ed estesa dall'Olanda fino alla piattaforma Haltenbank, davanti a Trondheim. Nelle giornate limpide, si potevano scorgere dozzine di gigantesche piattaforme. Viste dall'elicottero, sembravano giocattoli per giganti.
Raffiche di vento scuotevano il velivolo, che si alzava e si abbassava. Johanson si sistemò meglio le cuffie antirumore. Tutti portavano cuffie e tute protettive; stavano così stretti che le loro ginocchia si toccavano e ogni movimento doveva essere coordinato. A causa del rumore, poi, era impossibile parlare. Tina aveva chiuso gli occhi. Era troppo abituata a quei voli per esserne disturbata.
L'elicottero virò e proseguì verso sud-ovest. La sua meta, Gullfaks, era un insieme di piattaforme di proprietà della società petrolifera statale Statoil. L'impianto di estrazione Gullfaks C era una delle più grandi piattaforme della parte settentrionale del mare del Nord. Con le sue duecentottanta persone, formava una piccola comunità. A dirla tutta, Johanson non avrebbe potuto atterrare lì. Erano passati anni da quando aveva fatto il corso per ottenere il permesso di salire su una piattaforma e, nel frattempo, le norme di sicurezza si erano fatte più severe. Ma Tina aveva i contatti giusti. Comunque quello sarebbe stato solo uno scalo intermedio, perché sarebbero saliti immediatamente a bordo della
Una violenta turbolenza fece abbassare improvvisamente l'elicottero. Johanson si aggrappò ai braccioli, ma nessun altro reagì. I passeggeri, in prevalenza uomini, erano abituati a ben altre tempeste. Tina voltò la testa, aprì per un attimo gli occhi e gli fece l'occhiolino.
In un certo senso, Kare Sverdrup era proprio fortunato. Chissà se sarebbe stato in grado di reggere il passo di Tina…
L'elicottero si abbassò ancora e fece un'altra virata, dando l'impressione che stesse precipitando in mare. Poi comparve un grattacielo bianco, che sembrava svettare sull'acqua, e il velivolo si preparò all'atterraggio. Per un momento, dal finestrino, si vide tutta la Gullfaks C: un colosso su quattro piloni di cemento armato, pesante un milione e mezzo di tonnellate, con un'altezza complessiva di quasi quattrocento metri, di cui oltre la metà era sott'acqua, dove i pilastri si ergevano in mezzo a un intrico di serbatoi. Il grattacielo bianco, l'ala residenziale, occupava solo una piccola parte di quella gigantesca costruzione. Il corpo principale si presentava al profano come un caos di ponti invasi da strumenti tecnologici e da macchinari misteriosi, collegati da fasci di condutture, affiancati da gru e sormontati dalla cattedrale dei lavoratori petroliferi, la torre d'estrazione. Sulla punta di un gigantesco braccio metallico, proteso verso il mare, ardeva una fiamma che non si spegneva mai, alimentata dal gas separato dal petrolio.
L'elicottero si abbassò sulla pista in cima all'ala residenziale e atterrò in modo sorprendentemente dolce. Tina sbadigliò, si stiracchiò per quanto lo consentiva lo spazio angusto e attese che i rotori si fermassero. «È stato un bel volo», disse.
Qualcuno rise. Gli sportelli si aprirono e i passeggeri scesero. Johanson si avvicinò al bordo della pista d'atterraggio e guardò in basso. Almeno centocinquanta metri sotto di lui, le onde schiumavano. Un vento tagliente gli gonfiava la tuta. «Esiste qualcosa che possa affondare questo affare?» chiese.
«Non c'è nulla che non possa essere affondato. Su, vieni. Non vorrai mettere radici, eh?» Tina lo prese sottobraccio e lo trascinò nella direzione degli altri passeggeri, che erano spariti nella parte opposta della pista. Sul pianerottolo della scala d'acciaio c'era un uomo piccoletto e tarchiato, con folti baffi bianchi. «Tina, hai nostalgia del petrolio?» gridò, gesticolando.
«Quello è Lars Jörensen», spiegò lei. «È il responsabile del traffico aereo e marittimo della Gullfaks C. Ti piacerà, è un provetto giocatore di scacchi.»
Nel frattempo Jörensen li aveva raggiunti. Indossava una T-shirt della Statoil e a Johanson sembrò un benzinaio.
«Avevo nostalgia di
Jörensen sorrise. La strinse al petto e i suoi baffi sparirono sotto il mento della donna. Poi strinse la mano a Johanson. «Avete scelto una pessima giornata», borbottò. «Col bel tempo si vede tutto l'orgoglio dell'industria petrolifera norvegese. Isola per isola.»
«Non c'è movimento?» chiese Johanson, mentre scendeva la scala a chiocciola.