Bisognava sentirsi in colpa se i propri sentimenti cambiavano? I sentimenti andavano oltre la colpa o l'innocenza, erano l'espressione di processi biochimici dovuti alle circostanze vissute. Suonava del tutto privo di romanticismo, ma le endorfine avevano sempre trionfato sul romanticismo. Allora, dov'era la colpa? Nell'aver fatto promesse e non averle mantenute?
Johanson aprì gli occhi.
Per lui i cambiamenti erano sempre stati un elisir vitale. Per lei erano la fine della vita. Anni dopo — ormai lui viveva a Trondheim — aveva saputo che lei era finalmente riuscita a scrollarsi di dosso il senso d'impotenza. Aveva ripreso il controllo di se stessa. E, alla fine, lui aveva sentito dire che nella sua vita era rientrato un uomo. In seguito, qualche volta si erano telefonati, senza risentimenti e pretese. L'amarezza si era dissolta, eliminando anche la pressione su Johanson.
Ma adesso era tornata.
Adesso si chiamava Tina Lund e lo perseguitava, con quel viso bello e pallido. Da allora si prefigurava tutte le varianti. Ogni volta ricominciava da capo. L'aver fatto l'amore quella sera al lago, per esempio. Forse sarebbe andato tutto diversamente. Avrebbero passato più tempo insieme. Forse lei l'avrebbe seguito alle Shetland. Altrettanto facilmente, andare a letto insieme avrebbe rovinato tutto e, a quel punto, lui sarebbe stato l'ultimo cui avrebbe chiesto consigli. Per esempio, il consiglio di andare a Sveggesundet. In un caso o nell'altro, Tina sarebbe stata ancora viva.
Continuava a ripetersi che quei pensieri non avevano senso.
Eppure continuavano a girargli nella testa.
Nella stanza entrava la prima luce del sole. Aveva lasciato le tende aperte, com'era sua abitudine. Una camera da letto con le tende tirate gli era sempre sembrata una cripta. Pensò di alzarsi e andare a fare colazione, ma non aveva voglia di muoversi. La morte di Tina lo colmava di tristezza. Non era innamorato, ma in un certo senso aveva amato l'inquietudine di quella donna, la sua spinta verso la libertà. In quello si erano trovati. E su quello si erano persi, perché non aveva senso incatenare insieme due persone libere. Forse erano stati entrambi troppo vigliacchi.
Ma ormai a che cosa serviva rimuginare?
In quella vita, due donne avevano avuto fiducia in lui, e lui noa era riuscito a proteggerle. La prima era morta e l'altra, al momento, era come se lo fosse.
Karen Weaver era viva.
Gli ricordava Tina Lund. Era chiusa, d'indole più seria e assai meno frenetica. In compenso, era altrettanto forte, decisa e impaziente. Dopo che erano riusciti a sfuggire all'onda gigante, lui le aveva esposto la sua teoria e lei gli aveva spiegato il lavoro di Lukas Bauer. Poi Johanson era tornato in Norvegia e si era ritrovato nell'elenco dei senzatetto, ma gli edifici dell'NTNU erano ancora in piedi. Era stato sommerso dal lavoro, finché non aveva ricevuto una telefonata dal Canada, cosa che gli aveva impedito di andare al lago. La proposta di far entrare nel team Karen Weaver era stata sua, sostenuta dal fatto che lei conosceva meglio di chiunque altro il lavoro di Bauer ed era in grado di svilupparlo. Ma lui aveva anche altri motivi. Senza l'elicottero non sarebbe sopravvissuta all'ondata. In un certo senso, l'aveva salvata. Karen gli dava l'assoluzione per il fallimento con Tina, e lui era deciso a mostrarsene degno. In futuro, si sarebbe curato di lei e per quello era un bene saperla nelle vicinanze.