Anawak era nella sala riunioni più grande dell'istituto con Ray Fenwick, John Ford e Sue Oliviera. Il proiettore mostrava il modello tridimensionale del cervello di una balena. Sue l'aveva preparato al computer e aveva segnato i punti in cui si trovava la gelatina. Il cervello si poteva osservare da tutte le angolazioni ed era possibile «tagliarlo a fette» per la lunghezza con una lama virtuale. Erano già state proiettate tre simulazioni. La quarta mostrava la sostanza che si diffondeva tra le circonvoluzioni cerebrali con sottili propaggini, che in alcuni punti si spingevano all'interno.
«La teoria è la seguente», cominciò Anawak, con lo sguardo fisso sulla biologa. «Immagina di essere uno scarafaggio…»
«Grazie, Leon.» Sue sollevò le sopracciglia, facendo così sembrare ancora più lungo il suo viso da cavallo. «Tu sì che sai adulare una donna.»
«Uno scarafaggio senza intelligenza e creatività.»
«Continua pure tranquillamente.»
Fenwick rise e si grattò il naso.
«Sei guidata esclusivamente dai riflessi», proseguì Anawak, impassibile. «Per un neurofisiologo, guidarti sarebbe un gioco da ragazzi. Non dovrebbe far altro che controllare i tuoi riflessi e usarli secondo i suoi desideri. Come una protesi. Soprattutto saprebbe dove sono i bottoni da schiacciare.»
«Ricordo male o qualcuno, una volta, ha decapitato uno scarafaggio per impiantargli la testa di un altro?» chiese Ford. «E se non sbaglio la bestiolina aveva ripreso a camminare.»
«All'incirca è così. Hanno decapitato uno scarafaggio e a un altro hanno tolto le zampe. Poi hanno collegato tra loro i sistemi nervosi dei due corpi e lo scarafaggio con la testa ha preso il controllo dell'apparato motorio dell'altro, come se non ne avesse mai avuto uno proprio. È proprio questo quello che voglio dire. Creature semplici, dinamiche semplici. In un altro esperimento, hanno cercato di fare qualcosa di simile coi topi. A un topo è stata trapiantata una seconda testa e lui è vissuto incredibilmente a lungo, qualche ora o addirittura giorni, credo, e le due teste sembravano funzionare in maniera del tutto normale, ma il controllo del corpo, naturalmente, era più complicato. Il topo camminava, però non andava sempre dove voleva e in genere cadeva dopo qualche passo.»
«Disgustoso», mormorò Sue.
«Questo vuol dire che, in fondo, ogni essere vivente può essere controllato. Tuttavia più è complesso, maggiori diventano le difficoltà. Se ora passi all'aspetto della percezione consapevole, dell'intelligenza e del pensiero creativo e legato all'io, imporre a qualcuno la tua volontà diventa maledettamente più difficile. Allora che fai?»
«Cerco di distruggere la sua volontà e di ridurlo a uno scarafaggio. Con gli uomini funziona, quando ci si china davanti a loro senza mutandine.»
«Esatto.» Anawak sorrise. «Infatti esseri umani e scarafaggi non sono così lontani.»
«Certi uomini», osservò Sue.
«Tutti gli uomini. È vero che siamo orgogliosi del nostro spirito libero, ma esso è libero solo finché non schiacci certi bottoni. Per esempio sui centri del dolore.»
«Dunque chi ha ideato la gelatina sa molto bene com'è strutturato il cervello di una balena», intervenne Fenwick. «È questo che stai cercando di dire? Che quella sostanza stimola i centri nervosi del cervello?»
«Sì.»
«Ma bisogna sapere quali.»
«Non è difficile scoprirlo», disse Sue. «Pensa al lavoro di John Lilly.»
«Brava, Sue!» Anawak annuì. «Lilly è stato il primo a impiantare elettrodi nel cervello degli animali per stimolare i centri del dolore e del piacere. Ha dimostrato che, attraverso una manipolazione mirata delle zone del cervello, si possono suscitare negli animali gioia e benessere oppure dolore, rabbia e paura. Con le scimmie i risultati sono stati notevoli. Per quanto riguarda la complessità e l'intelligenza, le scimmie vengono subito dopo balene e delfini, ma ha funzionato. Con l'aiuto degli elettrodi, poteva controllare gli animali fornendo stimoli mirati per la ricompensa e la punizione. Ed era arrivato a quel punto già negli anni '60!»
«Tuttavia Fenwick ha ragione», disse Ford. «Va tutto bene se puoi mettere l'animale sul lettino di una sala operatoria e lavorarci sopra. Ma la gelatina deve essere entrata dalle orecchie o dalla bocca. Inoltre deve aver cambiato la propria forma. Anche se riesci a mettere quella sostanza nella testa di una balena, come puoi essere certo che si disponga nel modo desiderato e… ma sì, schiacci i bottoni giusti?»
Anawak si strinse nelle spalle. Era convinto che la sostanza nella testa delle balene facesse esattamente quello, ma naturalmente non aveva la minima idea di
La porta si aprì. «Dottoressa Oliviera?» Uno degli assistenti di laboratorio mise dentro la testa. «Mi scusi se la disturbo, ma è richiesta la sua presenza nel laboratorio di massima sicurezza. Immediatamente.»