«Ci sono due caratteristiche significative». Johanson prese la spatola e toccò alcuni dei corpi senza vita. «La prima è che gli animali sono bianchi, quindi senza colore. I colori non sono una decorazione, hanno una funzione. La maggior parte degli animali privi di colore non ne ha bisogno semplicemente perché nessuno li può vedere. La seconda particolarità è la completa mancanza di occhi.»
«Questo vuol dire che arrivano da caverne o da abissi privi di luce», mormorò Roche.
«Sì. Negli animali che vivono senza luce, gli occhi sono fortemente atrofizzati, ma almeno in forma rudimentale ci sono. Perlomeno si riconosce dov'erano un tempo. Questi granchi, invece… Non voglio dare giudizi precipitosi, però mi danno l'impressione di non aver mai avuto occhi. Se è così, non solo deriverebbero da un mondo completamente buio, ma avrebbero anche avuto origine da esso. Conosco solo una specie di granchi con queste caratteristiche.»
«I granchi ciechi», annuì Rubin.
«E da dove provengono?» chiese Roche.
«Dai camini idrotermali degli abissi», disse Rubin. «Oasi vulcaniche. Sembrano proprio i granchi ciechi.»
Roche aggrottò la fronte. «Ma allora sulla terra non potrebbero sopravvivere neppure un secondo.»
«La domanda è: cos'è sopravvissuto?» disse Johanson.
Sue sollevò dalla bacinella uno dei corpi senza vita, lo girò sul dorso e lo appoggiò sul tavolo da lavoro. Poi prese da un piatto una serie di attrezzi. Passò con una minuscola sega circolare a batteria lungo i fianchi della corazza e immediatamente dall'interno schizzò fuori qualcosa di trasparente, spinto da un'alta pressione. Impassibile, la biologa continuò a tagliare la corazza, sollevò la parte inferiore con le zampe e l'appoggio di fianco.
Tutti fissarono l'animale tagliato.
«Questo non è un granchio», esclamò Johanson.
«No», annuì Roche. Indicò la massa appiccicosa di gelatina vischiosa che riempiva la maggior parte della corazza. «È la stessa robaccia che abbiamo trovato negli astici.»
Servendosi di un cucchiaio, Sue mise la gelatina in un barattolo. «Guardate un po'», disse. «Proprio dietro la testa sembra che ci sia il granchio originario. Vedete le ramificazioni fibrose lungo la schiena? È il sistema nervoso. L'animale aveva ancora tutti i suoi sensi, però erano inutilizzabili.»
«E invece sì», disse Rubin. «La gelatina.»
«Quindi non è un granchio nel vero senso della parola.» Roche si chinò sul recipiente con quella sostanza viscida priva di colore. «La struttura di un granchio. Funzionante, ma non vivente.»
«Questo spiegherebbe perché non si comporta come i granchi. A meno che non identifichiamo la sostanza all'interno come una nuova specie di carne di granchio.»
«Non se ne parla neppure», sbottò Roche. «È un organismo estraneo.»
«Allora è stato questo organismo estraneo a fare in modo che il granchio arrivasse a terra», osservò Johanson. «E dobbiamo riflettere se si è infilato in animali che erano già morti e in un certo senso li ha resuscitati…»
«O se i granchi sono stati allevati così», completò Sue.
Per un po' regnò un silenzio sgradevole. Infine Roche disse: «Qualunque sia il motivo della loro presenza, una cosa è certa: se adesso ci togliessimo le tute, moriremmo in un lampo. Credo che troverete questi animaletti pieni di colture di
Johanson pensò a una cosa che aveva detto Vanderbilt.
Sì, Vanderbilt aveva ragione. Assolutamente ragione. Ma in un modo completamente diverso da quello che credeva.
Karen Weaver
Karen era euforica.
Bastava inserire una password e si aveva accesso a tutte le informazioni immaginabili. Senza l'accesso ai satelliti militari, quello che le veniva offerto avrebbe richiesto mesi di ricerche. Era fantastico! Era seduta sul terrazzo della sua suite, collegata in rete con la banca dati della NASA e concentrata sulla cartografia americana ottenuta col radar.
Negli anni '80, la Marina americana aveva iniziato le ricerche su un fenomeno sorprendente. Geosat, un satellite radar, era stato lanciato in un'orbita vicina al Polo. Non avrebbe dovuto cartografare il fondale marino, anche perché non avrebbe potuto, dato che il radar non attraversava l'acqua. Il compito del Geosat consisteva prevalentemente nel misurare la superficie marina nel suo insieme, con una precisione al centimetro. Si sperava che una scansione di grandi superfici avrebbe mostrato se lo specchio d'acqua — a prescindere da maree e moto ondoso — fosse ovunque allo stesso livello.
Quello che Geosat scoprì superò ogni aspettativa.