Si era sospettato che l'oceano, anche in condizioni di assoluta calma, non fosse perfettamente piatto. Ora, però, si evidenziava una struttura che dava alla Terra l'aspetto di una gigantesca patata gibbosa, piena di ammaccature e gobbe, rialzi e sprofondamenti. Per molto tempo si era ritenuto che le masse d'acqua dei mari fossero equamente suddivise su tutta la Terra, ma adesso la cartografia dava un'altra immagine. A sud dell'India, lo specchio del mare era circa centosettanta metri più basso che al largo dell'Islanda. A nord dell'Australia, il mare si avvolgeva su se stesso a formare una montagna che superava di ottantacinque metri il livello medio. Gli oceani erano letteralmente un paesaggio montuoso, la cui topografia sembrava seguire le linee del paesaggio sottomarino.
Le catene montuose sottomarine e le fosse abissali sembravano imprimersi sulla superficie, variando di alcuni metri l'altezza della superficie.
La conclusione era affascinante. Conoscere la superficie dell'acqua voleva dire conoscere approssimativamente anche l'aspetto di quello che c'era sotto.
Il fenomeno era dovuto alle irregolarità della gravitazione. Una montagna sottomarina aggiungeva massa al fondale, dunque in quel punto la forza di gravità era maggiore che in una fossa abissale. L'acqua veniva allora trascinata sui lati della montagna sottomarina, formando una gobba. Sulle montagne, la superficie del mare s'inarcava; sopra le fosse, sprofondava. Per un po', si notarono alcune eccezioni sconcertanti — per esempio quando l'acqua s'inarcava anche sopra alcune piane abissali -, ma poi si scoprì che le rocce del fondo erano molto pressate e pesanti, così la topografia gravitazionale ritornava ad avere un senso.
La pendenza delle parti concave e delle gobbe era così dolce che a bordo di una nave non si registrava. In effetti, senza la cartografia satellitare nessuno si sarebbe mai accorto del fenomeno. Ma adesso si disponeva di una nuova strada non solo per descrivere la topografia dei fondali marini, ma anche per comprendere la dinamica complessiva degli oceani. Bastava tenere conto di una cosa: ciò che accadeva in superficie era l'effetto di ciò che succedeva sul fondo. Geosat scoprì inoltre che nell'oceano c'erano enormi vortici provocati dalle correnti, vortici con un diametro di centinaia di chilometri. Come col caffè in una tazza che viene mossa in senso circolare, le masse in rotazione formavano al centro una depressione, mentre ai bordi si sollevavano, inarcandosi. Ciò dimostrava che — a parte gli indebolimenti della forza di gravità — anche simili vortici, detti
Così si era compreso un altro principio della dinamica dei mari: la rotazione terrestre influenzava l'intensità della rotazione delle acque.
In quel senso, la Corrente del Golfo non era una corrente vera e propria, ma il bordo occidentale di una gigantesca lente d'acqua che ruotava lentamente. Era uno degli innumerevoli, piccoli vortici che componevano l'enorme vortice che, girando in senso orario, si spingeva contro l'America settentrionale. Poiché il centro dell'enorme vortice non era nel mezzo dell'Atlantico, ma spostato a ovest, la Corrente del Golfo veniva schiacciata contro le coste americane, dove si raccoglieva e s'inarcava. I forti venti e la sua direzione tendenziale verso il polo la acceleravano, mentre l'enorme attrito con la costa la rallentava. Così il vortice nordatlantico manteneva una rotazione stabile, conforme alla spinta ricevuta dall'impulso alla rotazione che rendeva costante un moto circolare finché non veniva disturbato da influssi esterni.
Erano quegli influssi esterni che Bauer credeva di aver riconosciuto, ma senza esserne sicuro. La scomparsa al largo della Groenlandia di vortici attraverso cui l'acqua precipitava negli abissi come una cascata, offriva motivi di preoccupazione, ma non dimostrava nulla. Cambiamenti globali si potevano dimostrare solo con rappresentazioni globali.
Nel 1995, dopo la fine della Guerra Fredda, l'esercito americano aveva reso progressivamente disponibile la cartografia di Geosat. Poi il sistema Geosat era stato sostituito da una serie di satelliti più moderni. Karen Weaver poteva consultare tutti i dati, una documentazione completa raccolta dalla metà degli anni '90. Trascorse ore a mettere in relazione i rilevamenti. I dati differivano in alcuni dettagli — poteva succedere che il radar di un satellite scambiasse una nuvola particolarmente densa per la superficie di un'onda, cosa che ovviamente gli altri satelliti non confermavano -, ma tutto sommato si otteneva sempre lo stesso risultato.