Tremando, Anawak si era rizzato a sedere. La sveglia indicava le 2.30. Ci volle un po' prima che riuscisse a calmarsi abbastanza per alzarsi e aprire il minibar. Aveva la lingua incollata al palato. Vide acqua, Coca-Cola e birra. Prese una Coca-Cola, la aprì e la bevve a lunghi sorsi. Con la lattina nella mano destra, andò alla finestra, scostò le tende e guardò fuori.
L'hotel era situato a un'altezza tale da permettere di scorgere la zona di Kinngait e una parte del quartiere limitrofo. Il cielo era sereno e senza nuvole, come nel suo sogno, ma su Cape Dorset, anziché l'incommensurabile cielo stellato, c'era la penombra notturna: le case, la tundra e le distese di neve emergevano in un rosa irreale, tendente all'oro. In quel periodo non diventava mai buio; solo i contorni apparivano più sfumati e i colori più scialbi.
Di colpo, Anawak si rese conto di quanto fosse bello quel posto.
Guardava stregato quel cielo incredibile, lasciava scivolare gli occhi sulle montagne e sulla baia. Il ghiaccio sulla Tellik Bay splendeva come argento fuso. Mallikjuaq, nera e gibbosa, sembrava distendersi davanti alla costa come una balena addormentata.
Continuava a guardare, bevendo di tanto in tanto un sorso dalla lattina.
Che doveva fare?
Ricordò i sentimenti provati pochi giorni prima, quando aveva cenato con Tom e Alicia. La stazione di Tofino gli era sembrata estranea, tutto gli era diventato estraneo. Come in ogni altro luogo, non c'era la stanza in cui avrebbe potuto ritirarsi per sfuggire al mondo. Qualcosa d'importanza capitale stava per succedere, ne era convinto. Euforico e timoroso, aveva atteso che la predizione si avverasse.
Invece suo padre era morto.
Era quello? Era quello l'avvenimento importante? Tornare nell'Artico per seppellire suo padre?
Certo, si trovava di fronte a una grande sfida. A una delle più grandi mai lanciate contro l'umanità. Ed era toccato a lui e a pochi altri raccoglierla. Difficile pensare a qualcosa di più importante. Ma quella sfida non riguardava la sua vita. La sua vita si snodava in un altro contesto. Tsunami, catastrofi dovute al metano ed epidemie non c'entravano nulla. La sua vita era balzata in primo piano con l'annuncio della morte di suo padre. E, per la prima volta da quand'era arrivato, Anawak cominciò a sospettare che proprio là, nel Nunavut, gli veniva offerta la possibilità di trasformare la morte in vita. Anche lui era morto. Ora doveva rinascere.
Dopo un po' si vestì, si tirò con cura sulle orecchie il berretto foderato di pelliccia e uscì nella notte luminosa. Per strada non c'era nessuno. Camminò per un'ora buona nel villaggio, finché non sentì arrivare la stanchezza, molto più pesante e gradevole rispetto all'intontimento provato davanti al televisore. Ritornò nell'hotel riscaldato, gettò i vestiti sul pavimento, si avvolse bene nelle coperte e si addormentò non appena ebbe posato la testa sul cuscino.
Il mattino seguente chiamò Akesuk. «Hai voglia di fare colazione con me?» chiese.
Lo zio sembrava sorpreso. «Mary-Ann e io stiamo appunto facendo colazione. Non pensavo che volessi…»
«Okay. Non c'è problema.»
«No, aspetta… Abbiamo appena iniziato. Perché non vieni a gustarti una sostanziosa porzione di uova strapazzate col prosciutto?»
«Va bene. Arrivo.»
La porzione che Mary-Ann gli mise davanti si poteva definire davvero sostanziosa. Anawak si sentì pieno solo a guardarla, ma stoicamente la finì. La donna era raggiante. Si chiese cosa le avesse raccontato Akesuk. Doveva essersi inventato qualche valido motivo per spiegare come mai lui avesse rifiutato la sua cena. Comunque non sembrava risentita.
Era strano stringere la mano che gli porgevano Akesuk e la moglie. Lo riportava alla sua famiglia. Anawak non sapeva ancora se gli piaceva. La magia della notte di luna era svanita e lui non aveva ancora stilato un vero e proprio trattato di pace col Nunavut. Ma era deciso ad accogliere — con prudenza — tutto quello che sarebbe venuto.
Dopo colazione, Mary-Ann sparecchiò e poi disse che sarebbe andata in paese a fare compere. Akesuk girò la manopola di una radio a transistor, ascoltò per un minuto, poi mormorò: «È un bene».
«Che cosa?» chiese Anawak.
«La IBC dice che nei prossimi giorni ci sarà bel tempo. Non bisogna prenderli alla lettera, ma, se è vero anche solo la metà, potremo andare all'aperto.»
«Davvero?»
«Sì, per un po'. Domani. Se ti va, oggi possiamo fare qualcosa insieme. A proposito, che progetti hai? Vuoi tornare subito in Canada?»
La vecchia volpe l'aveva intuito.
Anawak continuava ad aggiungere latte al suo caffè. «Per essere sincero, ieri sera avevo deciso così.»
«Non è una sorpresa», constatò Akesuk seccamente. «E adesso?»
«Ancora non lo so», rispose Anawak. «Forse andrò a Mallikjuaq oppure a Inuksuk Point. A Cape Dorset non mi sento a mio agio, Iji. Non volermene. Non è un luogo che ricordi volentieri con un… un…»