Lo stufato di caribù era squisito: aveva il sapore della sua infanzia. Invece la zuppa di foca non gli era mai piaciuta, ma ne prese una porzione abbondante. Mary-Ann aveva un'espressione soddisfatta. Anawak cercò di riprendere confidenza col suo inuktitut, ma il risultato fu pietoso. Capiva quasi tutto, però faticava a parlarlo. Così conversarono prevalentemente in inglese sugli avvenimenti delle ultime settimane, sugli attacchi delle balene, sulla catastrofe in Europa e su tutto quello che giungeva fino nel Nunavut. Akesuk traduceva. Più volte lui cercò di portare la conversazione sul padre, ma Anawak non lo seguì. La sepoltura era prevista per il pomeriggio nel piccolo cimitero della chiesa anglicana. In quella stagione, i morti venivano seppelliti in fretta, mentre durante l'inverno venivano spesso custoditi in una capanna vicina al cimitero, perché la terra era troppo dura per scavare la tomba. Nel freddo naturale dell'Artico, i corpi si conservavano a lungo, ma le capanne in cui venivano tenuti dovevano essere sorvegliate. Il Nunavut era selvaggio. Lupi e orsi polari, spinti dalla fame, non si fermavano di fronte ai vivi e neppure di fronte ai morti.
Dopo il pasto, Anawak si trasferì al Polar Lodge. Akesuk non aveva insistito perché si fermasse a casa sua. Si era limitato a togliere i fiori dalla piccola camera e a posarli sul tavolo, dicendo: «Puoi sempre ripensarci…»
Al funerale mancavano ancora due ore, ma Anawak non lasciò la sua stanza d'albergo. Rimase sdraiato nel letto, cercando di dormire un po'. Non sapeva cosa fare… No, a dire la verità lo sapeva. Poteva andare a Mallikjuaq e forse anche oltre; il Tellik Inlet era ancora ghiacciato e avrebbe retto il suo peso. Oppure poteva rivolgersi ad Akesuk, che sicuramente sarebbe stato entusiasta di portarlo in giro per Cape Dorset e presentarlo a tutti. In un insediamento inuit tutti erano in qualche modo imparentati. E specialmente a Cape Dorset, la capitale mondiale dell'arte inuit, un simile giro sarebbe stato come partecipare a un vero e proprio vernissage. Un abitante dell'insediamento su due era considerato un artista e molti esponevano i loro lavori nelle gallerie di tutto il mondo. Ma Anawak sapeva che si sarebbe sentito un po' come il figliol prodigo, perché le persone che avrebbe incontrato erano sicure che non sarebbe mai tornato lì. Era fermamente deciso a mantenere una distanza di sicurezza e non voleva che si riaprissero antiche ferite, permettendo che qualcosa di quel mondo entrasse nel suo animo. Quindi rimase sdraiato sul letto a fissare il soffitto e, a un certo punto, si appisolò.
La sveglia da viaggio lo strappò dal sonno.
Quando uscì dalla hall del Polar Lodge, il sole era visibilmente più basso, ma splendeva sempre luminoso e gradevole. Al di sopra dei lastroni di ghiaccio dell'Inlet si vedeva Mallikjuaq; sembrava quasi di poterla toccare. Il Polar Lodge era all'estremità nordorientale di Cape Dorset, il cimitero dalla parte opposta del paese. Anawak guardò l'orologio. C'era tempo sufficiente. Era d'accordo con Akesuk che l'avrebbe raggiunto a casa e poi sarebbero andati insieme col pick-up. Vicino al Polar Lodge, sulla strada che conduceva alla spiaggia, c'era il Polar Supply Store. Avvicinandosi a esso, Anawak si accorse che il negozio era diventato anche la sede di una società di spedizioni, un autonoleggio e un'officina. L'edificio era come lo ricordava, ma l'insegna era nuova. Entrò e non riconobbe i due uomini che stavano dietro il banco. Non erano inuit. Curiosò nel negozio, accogliente e pieno di cianfrusaglie: c'era praticamente di tutto, dalla carne secca di caribù agli stivali. Nella parte più interna erano accatastate litografie e sculture.
Non era il suo mondo.
Uscì e si avviò verso il centro. Davanti a una casa vide un vecchio, seduto su un cavalletto, che lavorava alla statuetta di un sommozzatore; un po' più avanti, c'era una donna impegnata a levigare un falco di marmo bianco. Entrambi lo salutarono e lui rispose al saluto senza fermarsi, ma avvertendo che i loro sguardi lo seguivano. La notizia del suo arrivo doveva essersi diffusa in un baleno. Non sarebbe stato necessario presentarsi. Sapevano tutti che il figlio del defunto Manumee Anawak era arrivato a Cape Dorset, e probabilmente stavano già commentando il fatto che dormiva in un hotel e non a casa dello zio.
Akesuk lo aspettava davanti alla casa. Percorsero le poche centinaia di metri fino alla chiesa anglicana, dove si era già radunato un nutrito gruppo di persone.
Anawak chiese se fossero tutti lì per suo padre.
Akesuk lo guardò, sbalordito. «Certo, cosa pensavi?»
«Non sapevo che avesse tanti…»
«Sono le persone con cui viveva. Che importanza ha se sono amici o no? Quando muore qualcuno, la cosa riguarda tutti, e tutti fanno con lui l'ultimo tratto di strada.»