«Tu non mi disturbi», disse Akesuk. «Sei mio nipote. Per quanto tempo hai prenotato?»
«Due notti. Credo siano sufficienti, no?»
Akesuk aggrottò la fronte e lo squadrò dall'alto in basso. Poi prese Anawak per un braccio e lo trascinò via. «Ne riparleremo. Hai fame?»
«Eccome.»
«Magnifico. Mary-Ann ha preparato uno stufato di caribù e c'è anche zuppa di foca con riso. Una cosa squisita. Quand'è l'ultima volta che hai mangiato zuppa di foca?»
Anawak si lasciava trascinare dallo zio. Davanti all'edificio dell'aeroporto c'erano diversi veicoli parcheggiati. Akesuk si diresse deciso verso un pick-up.
«Metti lo zaino lì dietro. Conosci Mary-Ann? Ovviamente no. Te ne eri già andato quando lei è arrivata da Salluit e ci siamo sposati. Stare solo era diventato insopportabile. È più giovane di me. E devo dire che penso sia bene così. Tu sei sposato? Oh, santo cielo, quante cose dobbiamo raccontarci. È un'eternità che non vieni qui.»
Anawak s'infilò sul sedile del passeggero e rimase in silenzio. Sembrava che Akesuk avesse proprio deciso di sfinirlo con le chiacchiere. Cercò di ricordarsi se anche prima il vecchio era così logorroico.
Poi comprese che lo zio doveva essere nervoso quanto lui.
Uno taceva. L'altro parlava. Ognuno aveva il proprio modo di reagire.
Imboccarono la strada principale. Cape Dorset era diviso da catene montuose in diverse località. Al Kinngait vero e proprio si affiancavano a nord-est Itjuritruq, a ovest Kuugalaaq e Muliujaq a sud. La famiglia di Anawak aveva vissuto a Kuugalaaq. Akesuk, il fratello della madre di Anawak, aveva la casa a Kinngait.
Anawak si chiese se abitasse ancora là. L'avrebbe scoperto tra poco.
Girarono per tutto il paese. Lo zio gli illustrava quasi ogni edificio e, a un certo punto, Anawak comprese che gli stava facendo fare una specie di gita turistica. «Zio Iji, le conosco queste cose», disse.
«Tu non conosci niente. È da diciannove anni che non vieni qui. Ci sono molte cose nuove. Là dietro, ti ricordi il supermercato?»
«No.»
«Vedi. E come potresti? È tutto nuovo! E ne abbiamo anche uno più grande. Prima andavamo sempre al Polar Supply Store, non l'hai dimenticato, vero? Là c'è la nuova scuola… Be', non è così nuova, ma per te lo è. Guarda a destra. Quello non lo puoi conoscere: è il salone per le feste Tiktaliktaq. Sai chi è stato qui per ascoltare il 'throat singing' e vedere le danze col tamburo? Bill Clinton, Jacques Chirac e Helmut Kohl… È davvero un gigante quel Kohl, vicino a lui sembravamo degli gnomi, quand'è che è stato qui, aspetta…»
E così via. Visitarono la chiesa anglicana col cimitero in cui doveva essere seppellito suo padre. Anawak vide davanti a una casa una donna inuit, che stava lavorando a una statua, rappresentante un gigantesco uccello. Lo stile gli ricordò quello delle raffigurazioni tipiche degli indiani nootka. Un edificio grigio e blu a due piani e con un ingresso futurista si rivelò essere la sede del governo. L'amministrazione decentrata del Nunavut prevedeva che in ogni grande comune ci fosse un edificio simile. Anawak si arrese, trovandosi costretto ad ammettere che Cape Dorset era molto cambiata da quand'era bambino.
E d'un tratto, senza quasi rendersene conto, disse: «Vai al porto, Iji».
Akesuk sterzò bruscamente. Percorsero una strada in ripida pendenza. Case di legno di tutte le dimensioni e di tutti i colori erano distribuite in maniera evidentemente casuale nel paesaggio nero e marrone. Si vedevano alcune aree isolate con l'erba della tundra e, di tanto in tanto, una superficie innevata. Il porto di Cape Dorset era poco più di un pontile con delle gru, dove un paio di volte l'anno le navi che trasportavano i beni necessari per la sopravvivenza gettavano l'ancora. Non lontano, con la bassa marea, si poteva attraversare il Tellik Inlet per raggiungere l'isola vicina, Mallikjuaq, dove c'era il Mallikjuaq Territorial Park, con le sue tombe, il pontile dei kajak e il lago. Avevano campeggiato spesso lì.
Si fermarono. Anawak scese, percorse il pontile e guardò verso l'acqua azzurra. Akesuk lo seguì per un tratto, ma non si avvicinò.
Il molo era l'ultima cosa che Anawak aveva visto lasciando Cape Dorset. Non con l'aereo, ma con una nave. Aveva dodici anni. La nave aveva preso con sé lui e la sua nuova famiglia, che, piena di speranza e di attesa per il nuovo mondo, lasciava quella terra, provando già nostalgia per quel paradiso tra i ghiacci, un paradiso perduto da ormai molto tempo.
Dopo cinque minuti, Anawak tornò indietro a passi lenti e risalì sul pick-up senza dire una parola.
«Sì, il nostro vecchio porto», mormorò Akesuk. «Il vecchio porto. Non lo dimenticherò mai. È da qui che te ne sei andato. Ha spezzato il cuore a tutti…»
Anawak gli rivolse uno sguardo tagliente. «A chi si è spezzato il cuore?» chiese.
«Ma sì, a tuo…»
«A mio padre? A voi? A qualche vicino?»
Akesuk accese il motore. «Vieni», disse. «Andiamo a casa.»