Читаем Il quinto giorno полностью

«Oh, sì… certo.»

«Oppure all'Unikkaarvik Visitor Information Centre. E faccia una puntata alla chiesa anglicana. Sembra un igloo… È l'unica chiesa al mondo che somigli a un igloo!»

Anawak osservò la donna. Era un'indigena, piccola, con la frangia e la coda di cavallo. Quando allargava il sorriso, le brillavano gli occhi.

«Avrei potuto giurare che lei fosse di Iqaluit», disse lei.

«No.» Per un attimo fu tentato di confidarle che veniva da Cape Dorset, invece disse: «Vancouver. Vengo da Vancouver».

«Oh, io adoro Vancouver!» esclamò lei.

Anawak si guardò intorno. Temeva di bloccare la coda, ma evidentemente quel giorno era l'unico a prendere quel volo. «C'è mai stata?»

«No, non sono mai stata così lontano. Ma su Internet ci sono le fotografie e tutte le informazioni. Una bella città.» Sorrise. «Un po' più grande di Iqaluit, vero?»

Ricambiò il sorriso. «Sì, penso proprio di sì.»

«Oh, però noi non siamo più così piccoli. Iqaluit ha pur sempre seimila abitanti. E noi ci stiamo lavorando. Tra qualche anno saremo grandi come Vancouver. Be', insomma… quasi. Mi scusi.»

Dietro di lui era apparsa una coppia. Quindi non era l'unico a prendere quel volo. Salutò in fretta e uscì prima che alla donna venisse in mente di accompagnarlo nella visita alla città.

Iqaluit.

Il suo ultimo ricordo era così lontano. Alcune cose gli sembrarono note; altre non le riconobbe. Le nuvole erano rimaste nel Quebec, il cielo era splendido, e il sole rendeva gradevole la temperatura. Dovevano esserci almeno dieci gradi. Anawak aveva troppo caldo col piumino sopra il pullover pesante, così lo tolse, se lo legò intorno ai fianchi e s'incamminò faticosamente verso il centro, lungo la strada polverosa. Il traffico lo sorprese. Non ricordava che un tempo ci fossero in circolazione così tanti fuoristrada. Vide anche numerosi ATV, veicoli simili a una moto, ma dotati di tre o quattro ruote. Ai lati della strada sorgevano le tipiche case di legno dell'Artico, costruite su bassi pilastri a causa del permafrost. Tutti gli edifici dell'Artico poggiavano su pilastri, Se si fosse costruito direttamente sul terreno, questo si sarebbe sciolto a causa del calore irradiato e gli edifici sarebbero sprofondati.

Più Anawak si guardava intorno, più gli si formava nella mente l'immagine di Dio che, un giorno, aveva agitato in una mano una gran quantità di edifici, come se fossero dadi, e poi li aveva lanciati, sparpagliandoli senza il minimo progetto. Impressionanti costruzioni colossali, cubiche, di un bianco abbagliante e senza finestre, si levavano in mezzo alle tradizionali casette, dipinte di verde oliva o di un color ruggine. La scuola sembrava un UFO finito lì per caso. Alcuni dei condomini rilucevano in un intenso color petrolio e acquamarina. Un po' più avanti, incappò nell'edificio dell'assemblea legislativa, un incrocio tra una gradevole villa con giardino e una cupola abitativa per astronauti. Nelle vicinanze sorgeva un elegante edificio a tre piani, con grandi finestre e un ingresso imponente, che si sarebbe potuto trovare in qualsiasi città del mondo, se si prescindeva dai tipici pilastri e dalla scala. Anawak cercò di non farsi condizionare da quelle impressioni, ma, da quand'era scampato al disastro dell'idrovolante, aveva perso la capacità di abbandonarsi all'indifferenza. Quel selvaggio miscuglio architettonico trasmetteva una sensazione di spensieratezza, quasi di allegria, nei confronti della quale lui provava una profonda diffidenza, ma che non lo lasciava insensibile.

Si chiese cosa fosse successo. Quella non era la deprimente Iqaluit degli anni '70. Le persone lo salutavano con gentilezza in inuktitut. Lui rispondeva al saluto in modo asciutto. Senza mai fermarsi, camminò attraverso la città e andò all'Unikkaarvik Visitor Information Centre, dove trovò una copia ancora più imponente del danzatore col tamburo.

Il danzatore col tamburo… Quelle danze risalivano alla sua infanzia. A molto tempo prima, quando le cose erano ancora a posto.

Che sciocchezza! Quando mai le cose lì sono state a posto?

Ritornò sulla strada e continuò a camminare. Faceva sempre più caldo e la luce del sole aveva una qualità cristallina. Effettivamente, la chiesa anglicana sembrava un igloo, con una punta tesa verso l'alto. La lasciò alla sua sinistra. Dopo un'ora, era di nuovo all'aeroporto e si sedette su una panca con un giornale per ingannare l'attesa del volo. Oltre a lui, c'era solo la coppia che aveva visto poco prima. Aprì il giornale in modo che lo riparasse dalle sollecitazioni esterne, lesse gli articoli senza coglierne il contenuto, e alla fine lo gettò via.

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