«Sì, ieri sera. In genere il tappo è là.» Peak indicò la copertura di vetro, lunga otto metri e larga dieci. «La chiusa, la nostra porta verso il mare. Ha un doppio sistema di sicurezza: una paratia di vetro, posta sul pavimento, e una massiccia paratia d'acciaio sulla parte esterna. In mezzo c'è un pozzo alto tre metri. Il sistema è semplicissimo. Quando un'imbarcazione entra nella chiusa, chiudiamo la copertura di vetro e apriamo la paratia di acciaio per farla uscire. Se vuole tornare all'interno della nave, procediamo nello stesso modo. L'imbarcazione entra nella chiusa, le paratie d'acciaio si chiudono e noi possiamo vedere attraverso la copertura di vetro se con lei è entrato qualcosa che non ci piace. Contemporaneamente, l'acqua viene sottoposta a un'analisi chimica. L'interno della chiusa è fornito di sensori, che rivelano la presenza di tossine o di agenti contaminanti. I risultati vengono riportati su due display, uno sul bordo della paratia e l'altro nella sala di controllo. L'imbarcazione rimane nella chiusa per circa un minuto. Se tutto è a posto, la copertura di vetro si apre e il batiscafo può rientrare. I delfini sono sottoposti alla stessa procedura. Venga.»
Percorsero il molo di dritta. A metà lunghezza era situata una console, vicinissima al bordo e fornita di monitor e di diversi sistemi di comando. Un uomo ossuto, con lo sguardo penetrante e i baffi sporgenti, venne loro incontro, staccandosi da un gruppo di persone in divisa.
«Il colonnello Luther Roscovitz», lo presentò Peak. «Direttore della stazione d'immersione.»
«Lei è Miss Alien, vero?» Roscovitz sorrise, svelando denti lunghi e gialli. «Benvenuta in crociera. Dove si è imboscata finora?»
«La mia nave spaziale era in ritardo.» Samantha si guardò intorno. «Com'è chic questo quadro di comando.»
«Risponde al suo scopo. Lo usiamo per comandare le paratie e per far salire e scendere i batiscafi. Inoltre da qui controlliamo anche le pompe per mantenere sott'acqua il ponte.»
Samantha richiamò alla memoria quello che sapeva sull'
«Esatto», rise Roscovitz sotto i baffi. «Possiamo alzare il portellone di poppa e far abbassare la nave riempiendo le diverse cisterne di zavorra. L'acqua del mare entra e così abbiamo un bel porto completo di accesso.»
«Un posto di lavoro proprio carino. Mi piace.»
«Non s'inganni. Normalmente qui è un via vai di navi da sbarco, rimorchiatori e hovercraft. In un attimo, questa zona così grande diventa un bugigattolo. Ma, per la nostra missione, abbiamo dovuto mettere tutto sottosopra. Non servono navi da sbarco. Abbiamo bisogno di una nave sufficientemente pesante per non essere affondata da qualche bestiaccia, che possa reggere le onde giganti, che disponga di tutto ciò che la moderna tecnologia delie comunicazioni possa offrire e che abbia spazio per i velivoli e per le basi d'immersione. È stata una vera fortuna che l'
Samantha guardò il bacino. Accanto a esso c'erano due persone che indossavano una tuta di neoprene: una donna gracile coi capelli rossi e un gigante dalla chioma nera. Entrambi osservavano un animale che si avvicinava al bordo e sollevava la testa dall'acqua, emettendo suoni giocosi. Il gigante lo accarezzò sulla testa liscia e il delfino si gustò le coccole per qualche secondo, poi s'immerse.
«E chi sono quelli?» chiese Samantha.
«Si occupano della squadra dei delfini», intervenne Anawak. «Lei si chiama Alicia Delaware e lui è…» Esitò. «… Greywolf.»
«Greywolf?»
«Sì. O anche Jack… Lo chiami come vuole. Risponde a entrambi i nomi.»
«A cosa serve la squadra?»
«Sono telecamere viventi. Quando sono fuori, registrano filmati su nastri magnetici. Ma il motivo principale è che i delfini dispongono di sensi più acuti dei nostri. Il loro sonar percepisce altre forme di vita molto prima che i nostri sistemi le registrino. Jack ha già lavorato con alcuni di quegli animali nell'ambito di un programma sui mammiferi marini. Dispongono di un ampio vocabolario, composto da diversi fischi. Uno per le orche, uno per le balene grigie, un altro per le megattere e così via. Sono in grado d'identificare ogni forma di vita che conoscono, inoltre classificano i banchi e, se trovano qualcosa che non conoscono, trasmettono l'informazione identificandola come forma di vita sconosciuta.»