Sue scrollò le spalle ed entrò, esclamando: «Santo cielo, forse è proprio andato fuori di testa».
Computer
Erano seduti nel JIC davanti al computer di Karen Weaver. «Attenzione», esordì lei. «La questione della codificazione ci offre una prospettiva completamente diversa.» Anawak annuì. «Le cellule non sono tutte uguali.»
«E non solo per le forme e i modi con cui sono collegate. Se il loro DNA mostra sequenze codificate, la chiave per la loro fusione potrebbe essere proprio lì.»
«No. La fusione deve essere provocata da qualcos'altro. Qualcosa con un effetto a distanza.»
«Ieri avevamo pensato all'odore.»
«Okay», disse Anawak. «Proviamo. Programmalo in modo che emettano una sostanza odorosa che dia il segnale 'fusione'.»
Karen rifletté, poi chiamò il laboratorio. «Sigur? Stiamo preparando una simulazione. Nel frattempo vi è venuta qualche idea su come le cellule si fondano?» Rimase per un po' in ascolto. «Esatto. Ci proviamo. Fateci sapere.»
«Che dice?»
«Stanno tentando un test di fase. Vogliono costringere la gelatina a sciogliersi e poi a rifondersi.»
«Allora pure loro credono che le cellule emettano un odore?»
«Sì.» Karen aggrottò la fronte. «Il problema è: quale cellula inizia? E perché? Se è una sorta di reazione a catena, ci deve essere un iniziatore.»
«Un programma genetico», confermò Anawak. «Solo determinate cellule possono mettere in moto la fusione.»
«Una parte del cervello in grado di fare più delle altre…» ipotizzò Karen. «Affascinante. Però manca ancora qualcosa.»
«Aspetta! Forse siamo sulla strada sbagliata. Siamo ancora legati all'idea che queste cellule tutte insieme formino un grande cervello.»
«Sono convinta che sia così.»
«Anch'io. Ma proprio ora stavo pensando…»
«Cosa?»
Anawak rifletteva febbrilmente. «Non trovi strano che siano diverse l'una dall'altra? Mi viene in mente un solo motivo per spiegare una codificazione simile. Qualcuno programma il loro DNA in modo che possano svolgere compiti specifici. Ma, se questo fosse vero, allora ogni cellula sarebbe un piccolo cervello a sé.» Continuò a riflettere.
«Un DNA in grado di pensare?»
«In un certo senso, sì.»
«Allora dovrebbe anche apprendere.» Lo guardò e sul suo volto si Leggeva chiaramente la sua perplessità. «Ormai sono pronta ad accettare di tutto, ma…»
Aveva ragione. Era assurdo. La conseguenza era una biochimica di genere completamente diverso. Qualcosa che non esisteva. Però, se avesse funzionato…
«Ricominciamo. Come apprende un computer neurale?» chiese Anawak.
«Attraverso calcoli molto complessi eseguiti contemporaneamente. Con l'esperienza, cresce il numero delle alternative nell'azione.»
«E come le trattiene?»
«Le memorizza.»
«Quindi ogni unità deve avere a disposizione dello spazio di memoria. Il pensiero artificiale consiste nella rete degli spazi di memoria.»
«Dove vuoi arrivare?»
Anawak glielo spiegò. Lei rimase ad ascoltarlo, scuotendo ogni tanto il capo, e poi se lo fece spiegare una seconda volta. «A quanto pare, vuoi riscrivere la biologia.»
«Sì. Puoi realizzare un programma che funzioni in questo modo?»
«Mio Dio.»
«Forse in piccolo.»
«Anche in piccolo è sempre troppo grande. Accidenti, Leon! Che razza di teoria sballata. Okay, okay! Lo faccio.» Distese le braccia abbronzate. Sotto il cotone della T-shirt si tendeva la muscolatura. Anawak pensò a quanto gli piaceva quella ragazza piccola e dalle spalle larghe.
Nello stesso momento lei lo guardò. «Però ti costerà parecchio», disse, minacciosa.
«Spara.»
«Spalle e schiena. Massaggi rilassanti.» Sorrise. «E ora, avanti. Mentre faccio il programma.»
Anawak era impressionato.
Rubin
A pranzo, andarono insieme in mensa. Le condizioni di Johanson erano visibilmente migliorate; inoltre lui sembrava intendersi alla perfezione con Sue.
Entrambi non sembrarono particolarmente tristi quando Rubin spiegò loro che, dopo l'attacco di emicrania, non aveva fame. «Farò una passeggiata in coperta», disse, cercando di suscitare la compassione dei presenti e assumendo un'espressione provata.
«Stia attento», sogghignò Johanson. «Qui basta un attimo per inciampare.»
«Non si preoccupi», sorrise Rubin. E pensò:
«Abbiamo ancora bisogno di lei, Mick.»
«Ah, sì», disse Sue, mentre lei si allontanava con Johanson.