«La sostanza odorosa è qui dentro. L'abbiamo decodificata e la possiamo riprodurre. La ricetta è sorprendentemente semplice. Al momento non sappiamo al cento per cento come restino in contatto quegli esseri laggiù, e neppure chi o che cosa avvii la fusione. Ma, ammesso che ci sia qualcosa a dare l'impulso — per semplicità chiamiamola 'la regina' — rimaneva da risolvere il problema di come si riuniscano miliardi di unicellulari dispersi ovunque e oltretutto privi di occhi e orecchie. Il feromone serve proprio a questo. In sé, l'odore non è particolarmente adatto alla comunicazione sott'acqua, ma un richiamo feromonico funziona benissimo sulle brevi distanze. E, a quanto pare, la comunicazione feromonica delle cellule si limita a questa sostanza odorosa. Non c'è un vocabolario, ma un'unica parola: fusione! E non è neppure chiaro come comunichino tra loro le cellule fuse. È però certo che usano una qualche forma di scambio. Non diversamente da come accade in un computer neurale o in un cervello, ogni unità ha sempre bisogno di messaggeri. In biologia si chiamano ligandi. Quando una cellula vuole comunicare qualcosa, non va a far visita alle altre: manda un messaggio che viene trasportato dai ligandi alle altre cellule. Che a loro volta, come in ogni casa, hanno bisogno di una porta e di un campanello… di un recettore, in termini scientifici. Il ligando suona, il messaggio sonoro si diffonde come una cascata d'impulsi all'interno della cellula e fornisce al genoma le nuove informazioni.» Fece una pausa, quindi riprese: «A quanto pare, i microrganismi nella cisterna comunicano attraverso ligandi e recettori. Naturalmente l'immagine delle cellule che hanno la porta e di messaggeri gentili che arrivano e suonano è un po' falsata. Ogni cellula emette una nube di molecole odorose e non ha un unico recettore, bensì duecentomila. Con quelli riceve i feromoni e si aggancia all'insieme. Duecentomila campanelli suonati per scambiare informazioni con le cellule vicine sono già qualcosa. Il processo di fusione si svolge come una sorta di staffetta: una cellula riceve il feromone dall'insieme e si aggancia alla cellula vicina. Nel momento dell'aggancio, lei stessa produce dei feromoni che raggiungono le cellule nelle vicinanze, e così via. Il processo si svolge dall'interno verso l'esterno. Per capirlo meglio, anticipiamo la dimostrazione e ammettiamo che le cellule da noi esaminate siano effettivamente i nostri nemici. Perciò, con una certa sicurezza, possiamo chiamarle yrr». Unì la punta delle dita. «Abbiamo notato immediatamente che le cellule non dispongono solo di recettori, ma di coppie di recettori. Ci siamo spaccati la testa per capire come mai, ma poi ci siamo arrivati. Sono la garanzia che l'insieme non si ammali. Perciò abbiamo definito i recettori in base alla loro funzione. Il recettore universale riconosce: 'Io sono un yrr'. Il recettore speciale dice: 'Io sono un yrr sano, con tutte le funzioni, col DNA intatto e adatto a unirmi col collettivo per la grande festa'.»
«Una cosa del genere non potrebbe avvenire con un solo recettore?» chiese Shankar, aggrottando la fronte.
«No. Probabilmente no.» Sue rifletté. «È un sistema ben meditato. Secondo il nostro modello, dobbiamo immaginare ogni cellula degli yrr come un accampamento militare, circondato da un muro di cinta. Se un soldato si avvicina dall'esterno, si riconosce da un segno universale: l'uniforme. Quella dice ai soldati nel campo: 'Sono uno di voi'. Ma noi abbiamo visto abbastanza film di guerra con Michael Caine da sapere che, sotto un'uniforme, si potrebbe nascondere un traditore; inoltre, se uno riesce a entrare, va a finire che spara nel mucchio. Per questo Michael Caine deve presentarsi con un segno di riconoscimento supplementare. Deve conoscere una parola d'ordine. Mi sono espressa in termini carretti dal punto di vista militare, Sal?»
Peak annuì. «Perfettamente.»