Il classico rifugio per un uomo nella sua situazione era la birreria, e l’interno in penombra del pub gli appariva invitante; ma lui non infrangeva mai la regola che dice che l’alcol non va d’accordo con l’epilessia. Già l’alcol di per sé poteva scatenare un attacco; l’ingestione di quantità notevoli di liquidi era un altro fattore potentissimo; e per finire c’era il rischio che le droghe anticonvulsive presenti nel suo corpo reagissero. Si era abituato a sopportare le restrizioni imposte dalla malattia. Si ripeteva sempre che se era ancora così magro e in buona forma era solo perché non poteva bere né guidare, ma quel mattino sarebbe stato bello, bellissimo, poter essere come tutti. Concluse che tutti, prima o poi, hanno bisogno di una valvola di sfogo, e si alzò in piedi. La sua valvola di sfogo sarebbe stata una giornata di aria fresca e solitudine al parco pubblico.
Dieci minuti dopo arrivò al Giardino Churchill di Calbridge, un rettangolo di verde di quaranta acri che esisteva solo perché durante la seconda guerra mondiale gli edifici che sorgevano nella zona erano stati abbondantemente bombardati. Le scuole non avevano ancora iniziato le vacanze estive, per cui il parco era tranquillo e quasi deserto. Redpath legò la catena della bicicletta a una ringhiera e si avviò verso il centro del parco, in cerca di un posto dove rilassarsi. Trovò una panchina davanti a un cespuglio di fiori disposti in ordine geometrico, e si sedette. D’improvviso si sentì stanco e deluso. Da quando si era alzato la vita lo aveva assalito in maniera alquanto dura, tanto da dargli l’impressione di essere un palo che due operai piantassero nel terreno a martellate; e adesso che era scesa la pace, la trovava estremamente irritante. Sembrava il preludio a disastri ancora maggiori.
“Pensa” si disse. “Fai progetti. Questo è il primo giorno della tua nuova vita.”
Però era difficile proiettare i pensieri nel futuro, quando il passato immediato e il presente erano così pieni di dolore e confusione. La domanda centrale era: cos’è andato storto? Tutto quello che gli era successo in mattinata sembrava derivare dall’apparizione di quell’orrore a casa sua, ma l’apparizione che origine aveva?
Due anni prima, disoccupato e senza la minima prospettiva di trovare un lavoro, si era offerto volontario per una serie di esperimenti sulla telepatia all’Istituto Jeavons. I suoi risultati con le carte Zener erano stati i migliori fra qualcosa come ottocento soggetti, e lui era stato felicissimo che Henry Nevison gli proponesse quello che sembrava il lavoro più facile di tutti i tempi. Gli avrebbero pagato un salario mensile solo per continuare gli esperimenti di telepatia qualche ora al giorno, cinque giorni la settimana. Un colpo di fortuna straordinario anche perché, per la prima volta in vita sua, un datore di lavoro non si lasciava impressionare dal fatto che lui soffrisse di epilessia.
Sua madre si era allarmata all’idea che i test prevedessero anche esperimenti con una nuova famiglia di droghe psicotropiche, di cui si volevano studiare gli effetti sulla telepatia, ma Redpath era riuscito a calmare le sue paure. Sua madre era una donna reticente per natura, che conduceva una vita da semireclusa per i sensi di colpa irrazionali scatenati dalla malattia del figlio; per lei era stato un sollievo enorme scoprire che Redpath poteva guadagnare soldi come un uomo “normale”. Lui era quasi certo che sua madre avesse raccontato agli amici che il figlio si dedicava alla ricerca medica, ma non aveva sollevato obiezioni. I suoi pensieri erano concentrati solo sul nuovo lavoro, sulla nuova missione della sua vita.
I primi tempi aveva continuato ad aspettarsi risultati sperimentali eccezionali; dopo qualche mese l’eccitazione era scomparsa, sostituita da un senso di noia. Venne stabilito senza ombra di dubbio che lui possedeva doti telepatiche latenti, ma in forma talmente ridotta che di solito i matematici dovevano fare calcoli complicati per operare una distinzione fra i suoi risultati e le probabilità statistiche. Poi era intervenuto il Composto Centoottantatré, portando cambiamenti graduali non solo nei risultati dei test, ma anche nella natura stessa delle sue esperienze soggettive. A volte, anziché dover cercare di visualizzare una carta aveva cominciato a “vederla”. Era una dote sporadica e per larga parte incontrollabile; però si era convinto che cominciassero a succedere cose significative e che a lui fosse stato riservato il privilegio (per usare una frase che Nevison ripeteva sempre) di estendere i limiti del sapere.
Le cose stavano a quel punto quando, meno di tre ore prima, si era alzato per affrontare quella che sembrava la mattina di un martedì perfettamente normale…