Charlie si rivolse a Bruce. «È rimasto lì con Rich?»
«Solo per qualche minuto. Poi Rich è andato via, immagino in camera a vedere chi fosse la sua nuova vittima e poi a prendere un’altra arma. Io ho finito di bere, sono andato a parlare con Alexander nel seminterrato e poi in cucina.»
«Chi è stata la vittima successiva?»
«Io, credo» rispose Milton dopo una breve pausa. «Sono andato in ascensore nel seminterrato per prendere un’arma alle dieci e dieci. Ho sentito Rich e Jake parlare, ma la porta dell’ufficio di Gary è stata chiusa quando mi sono avvicinato. Sono andato nella sala esposizione e quando sono uscito ho trovato Rich davanti all’ascensore. Mi sono assicurato che non ci fosse nessun altro e siamo saliti insieme.»
Charlie guardò Jake. «E lei dov’è andato?»
Jake diede uno sguardo agli appunti che aveva preso, poi disse con prontezza: «Ho aspettato che fossero saliti, poi sono andato nella mia stanza passando per le scale. Avevo capito che Milton doveva aver preso un’arma, mentre io non sapevo ancora nemmeno chi fosse la mia nuova vittima.» Allargò le braccia e aggiunse: «Si trattava di Rich.»
«In che modo Rich ha aperto la porta dell’ufficio di Gary? La chiusura era computerizzata come quella delle altre porte?»
Jake parve confuso e scosse lentamente la testa. «Non ci ho fatto caso. Forse sì, ed era programmata perché Rich potesse aprirla.»
«Non lo era» si affrettò a dire Alexander. «Gary aveva detto di essere il solo ad averne accesso. Il programma era gestito dal computer che si trovava nell’ufficio, io non potevo nemmeno entrare nella stanza.»
Jake parve ancora più confuso e si strinse nelle spalle. «Non lo so. Ha semplicemente aperto la porta.»
Charlie annuì. «D’accordo.» Si voltò verso Bruce e disse gentilmente: «Ha lasciato Rich ed è andato nel seminterrato a parlare con Alexander, giusto?»
«Sì» rispose Bruce svogliatamente. «Volevo delle informazioni. Gary era scomparso e pensavo che fosse lui a manovrare tutto dal suo ufficio, non il computer.» Rivolse uno sguardo sospettoso ad Alexander che provò un terribile imbarazzo.
«Gary mi aveva avvertito che Bruce avrebbe cercato di farmi delle domande» disse in fretta e furia Alexander. «Mi disse di non raccontargli nulla. Ho fatto solo quello che mi aveva raccomandato Gary.»
«Non voleva nemmeno che entrassi in quel cazzo di laboratorio» disse Bruce infuriato. «Raccontavano tutto a tutti, mentre io non potevo entrare nemmeno nei loro uffici! Alexander continuava a spingermi verso la porta, verso il corridoio. Mi ha persino accompagnato alle scale cercando disperatamente Gary o Rich o qualcuno che lo salvasse da quella situazione. Erano le undici meno dieci e sapevo che presto Gary sarebbe andato a preparare quei dannati popcorn, così sono salito in cucina per aspettarlo. Quando arrivai, però, lui era già lì e stava prendendo l’occorrente, la macchina per i pop-corn, il granturco, il sale. Mi chiese se mi piaceva la sua casa-giocattolo, se mi stessi divertendo, ma quando gli dissi quello che pensavo si mise a ridere e uscì con la macchina da popcorn e tutto il resto.»
Charlie sollevò una mano. «Alle undici meno dieci quindi si trovava nel seminterrato. Diciamo che ci ha messo un minuto per salire le scale e arrivare in cucina. Per quanto tempo avete parlato lei e Gary?»
«Due, tre minuti. Non abbiamo parlato, ha riso di me, mi ha sbeffeggiato. Non è così che si parla. Stava vivendo il momento più bello della sua vita, una vera festa di compleanno.»
«Da che porta è uscito suo fratello?»
«Che cazzo di differenza fa?» gridò. Gli altri lo guardarono impassibili.
«Sarebbe bello capire come mai non l’abbia visto nessun altro quella sera» rifletté Charlie a voce alta. «Il corridoio principale è come una vasca per i pesci.»