«Mi sono messo tra lui e la porta che dava sul corridoio principale, Gary ha riso ancora più forte ed è uscito dall’altra porta, quella del corridoio sul retro della casa. Lo ha fatto camminando sulle sue gambe, di sua volontà!» Con uno sforzo visibile cercò di riprendere il controllo di sé. «Decisi di verificare cos’altro fosse stato comprato con i miei soldi» proseguì. «Stavo dando uno sguardo in giro quando mamma entrò in cucina e cominciò a gridarmi di tutto. Per quella sera ne avevo sentite abbastanza di stronzate, e così imboccai il corridoio sul retro diretto verso l’ascensore e la lasciai lì a gridare. Volevo salire in camera a dormire ma quel cazzo di ascensore non arrivava, così andai in bagno passando dallo spogliatoio, mi preparai qualcosa da bere nel bar del giardino e poi…» Si strofinò gli occhi e scosse la testa. «Non lo so, passai per la sala della colazione, poi andai in biblioteca. Harry arrivò subito dopo ma non avevo voglia di parlare, così uscii e mi avviai verso la sala tv. Gary era in giardino e la sua risata mi investì in pieno. Dissi qualcosa a Beth e lei scappò via. Non sopportavo quello stupido film dei Beatles, così ritornai in biblioteca. Milton era già lì e subito arrivò anche Jake.» Per la prima volta consultò il foglio di carta colmo di appunti dalla grafia piuttosto infantile, fece scorrere il dito sulla pagina e la gettò a terra. «Questo è tutto.»
Charlie annuì. «Grazie.»
Alexander continuava a piegare e ripiegare il foglio di carta che aveva in mano come se volesse vedere fino a quali minuscole dimensioni riusciva ad arrivare. «Bruce venne nel seminterrato» disse il ragazzo «e poi arrivò anche Harry. Da quel momento non vidi più nessuno né salii al piano di sopra. Avevo troppo lavoro da sbrigare, rimasi nel laboratorio tutta la sera.»
«Tutta la sera?» ripeté Charlie. «Non ha accompagnato Bruce alle scale?»
«Sì, ma non sono salito. Siamo rimasti lì per qualche minuto. Non voleva andarsene e lasciarmi in pace. Dovevo accompagnarlo, altrimenti non sarebbe più uscito dal mio laboratorio, dove poi sono tornato e sono rimasto.» Alexander aveva ridotto il foglio a un francobollo. Charlie pensò che di lì a poco il ragazzo avrebbe cominciato a sminuzzarlo. Quindi rivolse la propria attenzione a Jake.
«Facciamo un passo indietro. Quanto tempo rimase nell’ufficio dopo che Rich andò via?»
Jake prese il foglio con gli appunti. C’era un’unica riga scritta con una calligrafia chiara e ordinata. «Non mi sono spremuto troppo le meningi per cercare di ricordare» commentò ironicamente. «Aspettai che le porte dell’ascensore si fossero chiuse e non ci fosse più nessuno nei paraggi. Forse trascorse un minuto, ma non feci molta attenzione all’ora. Andai in camera mia, consultai il computer e, dopo aver visto che la mia nuova vittima era Rich, decisi di mettermi sulle sue tracce. Stavo giusto lasciando la stanza quando vidi Beth uscire dalla sua e scendemmo insieme le scale. Lei andò nella sala tv e io proseguii per la biblioteca. Quando udii la risata di Gary immaginai che ci fosse anche Rich da qualche parte, e la biblioteca era un posto come un altro per iniziare la mia ricerca. Mi sedetti in modo da poter tener d’occhio la porta, convinto che alla fine sarebbe entrato o passato da lì, ma mi sbagliavo. Ero ancora seduto in biblioteca quando Maddie trovò Rich morto nell’ascensore.»
«Ha visto che ora era quando è entrato in biblioteca?»
Jake annuì. «Le unici e un quarto. Guardai l’orologio e pensai che avrei aspettato Rich fino a mezzanotte, se per allora non si fosse fatto vedere sarei andato a letto.»
«Ottimo» disse Charlie. «Chiaro e conciso. Milton, lei invece salì in ascensore con Rich per andare a cercare Laura, giusto?»
L’atteggiamento di Milton era quello di un avvocato serio e professionale intento a studiare un cliente facoltoso. «Esattamente. Sapevo che Laura stava guardando un film e andai ad aspettarla. Erano le dieci e quarantacinque quando riuscii a ucciderla, Rich fu il testimone. Ci spostammo nella biblioteca per registrare l’uccisione e Rich se ne andò subito dopo. Ebbi l’impressione che avesse fretta. Io e Laura invece ci trattenemmo a parlare qualche secondo.» Milton si schiarì la voce, guardò Laura e aggiunse tranquillamente: «Ci accordammo per vederci sul tetto alle undici. Rimasi nella biblioteca fino all’ora dell’appuntamento, poi mi avviai su per le scale e incontrai Laura. Sul tetto parlammo per circa dieci minuti. L’ascensore era occupato così scendemmo a piedi. Laura ritornò nella sala tv e io in biblioteca dove rimasi per il resto della serata.»
Laura aveva un’aria incredibilmente annoiata. Harry la osservava assorto.
«Laura?» la esortò a parlare Charlie.
Laura gli lanciò uno sguardo sprezzante e si strinse nelle spalle. «Non ne ho la minima idea. Sono stata qua e là tutta la sera. Non ho badato molto ai miei spostamenti.»
Charlie si soffermò a guardarla ancora un istante con un’espressione impassibile, poi si voltò verso Harry inarcando le sopracciglia.