Читаем La casa che usside полностью

Charlie annuì. Stava ricostruendo mentalmente la camera da letto di Gary e il suo ufficio. La sua mappa mentale era molto accurata. Alcune persone definivano straordinaria l’abilità con cui riproduceva in ogni particolare i disegni degli edifici, delle stanze, dei corridoi, delle scale, dei ripostigli, dell’impianto elettrico, ma Charlie sapeva che si trattava solo di allenamento. Un impegnativo e accurato addestramento come vigile del fuoco lo aveva obbligato a sviluppare questa abilità di cui si era servito per molti anni. Allora lavorava a New York come investigatore specializzato in incendi dolosi, fu soltanto dopo che lasciò il dipartimento per diventare investigatore di polizia. In quel momento stava localizzando mentalmente l’impianto elettrico e idraulico della stanza di Gary. Charlie si alzò. Forse aveva capito dove si trovava la cubatura nascosta.

«Andiamo a dare un’occhiata» disse parlando a bassa voce come Constance.

Pochi minuti dopo Constance lo osservava esaminare la cabina armadio della stanza di Gary Elringer. Una grande porta scorrevole dava accesso alla cabina armadio pannellata di legno di cedro profumato. La cabina era vuota, c’erano solo alcuni attaccapanni di legno appesi a uno dei bastoni. La cabina era attrezzata con scaffali e cassetti, due bastoni per i vestiti e una luce a soffitto. Charlie tastò il legno della parete di fondo. Uscì dalla cabina armadio e passò a esaminare altrettanto minuziosamente la stessa parete dalla parte della camera da letto. Alla fine fece un passo indietro e annuì.

«Un metro per un metro» disse continuando a parlare a bassa voce. «Si tratta di una scala o di un ascensore. Scommetto che è un altro ascensore esattamente a fianco di quello grande che si trova oltre quel muro.»

«Riesci ad aprirlo?»

«No, non riesco nemmeno a trovare la porta, ma so che è lì da qualche parte. Probabilmente l’apertura è controllata dal computer.» Charlie prese Constance per un braccio. «Cerchiamo di seguire il percorso che fa e vediamo dove va a finire. Spostiamoci nell’ufficio di Gary.»

«Qui dietro c’è la cantina» disse misurando a passi lo spazio nell’ufficio di Gary. Al di là del muro c’era la cella frigorifera, i bidoni per la lunga conservazione di frutta e verdura e il montavivande. Nella misurazione i conti non gli tornavano per un metro. Charlie canticchiava sottovoce. Anche in quella stanza nulla faceva supporre che ci fosse una porta. L’ufficio era pannellato con un legno dalla tonalità ambrata, un legno costoso, esotico. Sebbene Charlie non fosse riuscito a capire di che qualità fosse, annuì approvandone la scelta. «Proseguiamo» disse infine. «Andiamo al piano terra, nella dispensa. Il tetto lo ispezioneremo domani alla luce del giorno.» Charlie era particolarmente allegro.

Nella dispensa il montavivande si trovava accanto a un freezer, e tra loro e l’ascensore principale c’era il solito metro di spazio apparentemente inutilizzato. Nell’ufficio la pannellatura nascondeva la porta che dava accesso a questo spazio, proprio come accadeva nella camera da letto con la porta scorrevole della cabina armadi. Lì al pianterreno la parete era rivestita alternando il legno bianco a quello scuro, un altro modo perfetto per mascherare una porta. Spense le luci del corridoio intenzionato a fare uno spuntino e andare a letto. Avevano fatto un buon lavoro quella sera, pensò. D’un tratto le dita di Constance si conficcarono nel suo braccio.

«Shh» gli sussurrò la moglie, e si diresse verso l’atrio. Le luci della piscina illuminavano la parte in cui si trovavano loro, mentre la rimanente era avvolta da un’oscurità pressoché totale, rischiarata qua e là da luci fioche. C’era sicuramente qualcuno nell’atrio.

Charlie e Constance si immobilizzarono, sforzandosi di vedere oltre alla vetrata e alle pallide chiazze di luce. Charlie aspettò qualche secondo, poi si avvicinò cautamente al corridoio principale. "L’atrio ha troppe uscite" pensò. "Quattro o sei al pianterreno e almeno quattro al piano delle camere." Un’ombra passò tra lui e uno degli spot.

«Sta’ attenta» le sussurrò. «E non ti muovere da qui.»

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