Il guerriero sul drago nero si fece avanti, volando a mezz’aria.
«Oggi è un grande giorno!» urlò rivolto all’esercito delle Terre libere. «Un grande giorno davvero! Oggi è il giorno in cui i fratelli si leveranno gli uni contro gli altri, in cui il padre ucciderà il figlio. La mano destra lotterà con la sinistra ed entrambe infieriranno sul corpo a cui appartengono. Oggi sarete voi stessi a uccidervi!»
Il guerriero sguainò una sorta di lancia a tridente: era blu e splendeva di riflessi bui e profondi. L’uomo la brandì verso il cielo e la lancia fu avvolta da una ragnatela di sottili lampi azzurri. «Mio Signore, il tuo servo ti chiede la forza!» gridò, quindi scagliò la lancia sulla barriera.
Gli occhi di tutto l’esercito la guardarono penetrare la barriera senza difficoltà e infiggersi nel terreno, a poche braccia dalle spalle delle ninfe. Appena toccò il suolo, la lancia fu avvolta da un globo di luce scura che iniziò a pulsare, a espandersi con un tuono sordo.
La barriera s’infranse in un’esplosione di lampi verdi. Le ninfe e la loro regina furono spazzate via, poi il globo nero le avvolse e parvero dissolversi in una nube di vapore.
Un silenzio di orrore calò tra i soldati. Nulla separava più le truppe nemiche dall’esercito delle Terre libere.
«Che la strage si compia!» urlò il guerriero e le sue truppe si lanciarono all’attacco senza emettere un suono.
Lo scontro ebbe inizio.
I fanti di prima linea presero a menare fendenti su quei misteriosi soldati grigi, ma quando le spade li trapassavano da parte a parte era come se attraversassero l’aria.
All’improvviso ogni soldato, ogni fante, ogni guerriero dell’esercito delle Terre libere riconobbe qualcuno tra le file nemiche. Chi vedeva un vecchio compagno d’armi, chi il proprio comandante deceduto in battaglia, chi il fratello ferito a morte. Lo stupore cedette il passo al dubbio, il dubbio divenne certezza e la certezza sfociò nell’orrore: era un esercito di morti.
I morti delle proprie file, gli amici di un tempo. Il Tiranno aveva trovato il modo per riportare in vita i caduti di quella guerra infinita.
Il campo di battaglia echeggiò di grida di terrore e l’esercito delle Terre libere si sparpagliò in una ritirata senza quartiere.
Nihal si sforzava di dominare il terrore e faceva il possibile per tenere insieme le truppe. Andava avanti e indietro per il campo cavalcando un Oarf recalcitrante, incitava gli uomini, cercava di evitare che si disperdessero. Ma non serviva a nulla. Quello era il momento della rovina: se anche i soldati fossero riusciti a superare l’orrore di dover combattere contro i propri compagni morti, non c’erano armi che potessero uccidere quei nemici.
Nihal si sentì disperata, impotente.
«Maledetto!» urlò. Poi spronò Oarf a raggiungere il guerriero dall’armatura rossa, ma tra lei e il suo obiettivo si frapponevano schiere e schiere di fantasmi. Un soldato che era stato sotto il suo comando le si parò davanti e la guardò con occhi spenti.
Nel frattempo, Sennar e Soana avevano lasciato le retrovie e raggiunto il generale.
«Fate radunare tutti quelli che non hanno ancora iniziato a combattere, generale!» disse il mago sbrigativo. «Forse so come sconfiggerli.»
Il militare scosse la testa. «No, consigliere. Ho intenzione di ordinare la ritirata. Non voglio altre perdite.»
Le frecce gli fischiavano intorno, ma Sennar quasi non se ne accorgeva. «Se ci ritiriamo in queste condizioni sarà un massacro. E inoltre non possiamo cedere così la Terra dell’Acqua.»
«Cosa avete in mente?» chiese il generale.
«Esiste una formula» disse Soana «ma occorre recitarla sulle armi. Ascoltate il consigliere Sennar, generale. Del resto ci occuperemo noi.»
L’idea l’aveva avuta Sennar. Gli spiriti partecipano dell’essenza del fuoco, per questo solo una magia che avesse a che fare con le fiamme poteva disperderli e ridar pace a quelle anime. Non restava che imporre l’incantesimo alle armi.
I soldati che non si erano ancora gettati nella mischia furono chiamati a raccolta sull’altopiano da dove avevano aspettato l’attacco. Ido e Nihal atterrarono poco distante, sollevando nuvole di polvere. Smontarono dai draghi e si avvicinarono a grandi passi, per poi mescolarsi alla folla.
Sennar guardò lo schieramento: fanti, soldati semplici e guerrieri stavano immobili, i visi stravolti, ad ascoltare le urla dei loro compagni. Erano meno della metà dell’intero esercito, ma bisognava tentare. Si arrampicò su uno dei carri che trasportavano le armi, in modo che tutti potessero vederlo, e tese una mano a Soana perché salisse anche lei.
«Ascoltatemi!» urlò, mentre il rumore della battaglia copriva la sua voce. «Ascoltatemi! Dobbiamo resistere!»
«Ci stanno massacrando!» gridò qualcuno e molti altri gli fecero eco.
«Abbiate fiducia in me! Faremo un incantesimo sulle vostre armi!» insistette Sennar. «Dovete soltanto levare in alto le spade!»
Solo una lama di cristallo nero e una lunga spada sottile svettarono su quella selva di elmi e armature. Nessun altro si mosse.