La guardia si voltò verso Sennar con lo sguardo truce. «Così sei uno di quei bastardi. Credevamo di avere chiuso con voi da un bel pezzo.» Quindi prese a pungolarlo con la lancia per farlo camminare.
«Aspetta» disse Sennar. «Sono in missione di pace. Devo parlare al più presto con...»
«Taci! Starà al conte decidere della tua sorte.»
Sennar cercò in tutti i modi di convincere il militare. Spiegò, alzò la voce, gli mostrò il medaglione che attestava la sua appartenenza al Consiglio dei Maghi, ma riuscì solo a fargli perdere le staffe. Alla fine decise di seguirlo senza opporre resistenza.
La guardia lo condusse in un edificio basso e lo rinchiuse in una cella. Tornò poco dopo, accompagnata da un vecchio dall’aspetto austero.
«Da questa parte, venerabile Deliah» ripeteva in tono rispettoso.
L’uomo era piegato dagli anni e camminava con il volto rugoso rivolto a terra. I lunghissimi capelli bianchi scendevano sulla veste azzurra fino a scivolare sul pavimento come uno strascico. La mano nodosa stringeva una lunga asta di legno grezzo, che terminava in una grande sfera turchese. Il vecchio avanzò lento, appoggiato al bastone, finché non fu di fronte al prigioniero.
Sennar tese la mano destra. «Il conte, immagino.»
Per tutta risposta, il vecchio gli afferrò il mento e gli esaminò la faccia, girandola in ogni direzione.
«È uno di loro» disse con voce cavernosa.
La guardia assunse un’espressione tronfia. «L’avevo capito subito.»
«Vi prego di ascoltarmi, conte» provò a dire Sennar. «Sono un ambasciatore del Mondo Emerso e...»
La guardia non gli lasciò finire la frase e lo atterrò con un pugno allo stomaco. Sennar si piegò, senza fiato, e cadde a terra. In un attimo il soldato gli fu sopra, gli ficcò qualcosa in gola, gli immobilizzò le braccia.
Il vecchio si avvicinò di nuovo con calma, quindi posò il pomolo del bastone sul capo di Sennar e pronunciò una litania a bassa voce.
Il mago ebbe appena il tempo di capire che cosa stesse accadendo, ma non riuscì a reagire. Si sentì soffocare e a poco a poco perse conoscenza.
La guardia gli strappò di malagrazia il bavaglio.
«Non sono il conte» disse il vecchio con un sorriso gelido prima di uscire.
Quando Sennar si riprese gli girava la testa. Provò a rimettersi in piedi appoggiandosi alla parete della cella. Le forze gli tornarono lentamente e con esse la consapevolezza di quello che era successo.
«Maledizione» imprecò tra i denti. Conosceva quell’incantesimo, lo conosceva fin troppo bene.
Tentò una magia facile. Distese la palma della mano, pronunciò la formula per evocare un fuoco. Nulla. Cercò invano di produrre qualche innocuo lampo colorato. Provò ancora e ancora, sempre con lo stesso risultato. Non faceva altro che ripetere formule inefficaci.
Si lasciò ricadere a terra con rabbia. Quel vecchio gli aveva imposto un sigillo e finché non l’avesse spezzato sarebbe stato privo dei suoi poteri.
Ora non era più un mago, né un consigliere. Era solo un ragazzo chiuso in una cella puzzolente a miglia e miglia da casa.
Tentare la fuga era impossibile. Nella cella c’era una sola feritoia, posta molto in alto, e le sbarre della porta erano robuste. Sennar si sentiva un idiota per il modo in cui si era fatto beffare e un incapace perché non aveva preso abbastanza sul serio l’ostilità della gente del Mondo Sommerso.
Non vide nessuno per tutto il giorno e quando calò la notte dormì poco e male. Fu perseguitato dagli incubi: veniva giudicato dal fantomatico conte e giustiziato, deriso dai Consiglieri, ringraziato dal Tiranno per il suo ottimo lavoro. Sognò anche Nihal. Nihal in battaglia, Nihal in pericolo, Nihal morta.
Quando si svegliò, una luce tenue e lugubre aveva appena iniziato a rischiarare la cella. Il primo suono che sentì fu quello del suo stomaco che reclamava cibo. Chiamò la guardia, ma non ottenne risposta.
Era una situazione assurda. Si trovava in fondo al mare, seduto per terra in una cella umida e circondato da un silenzio ostinato, fatta eccezione per il brontolio del suo stomaco.
Solo quando fu pieno giorno, udì finalmente dei passi che si avvicinavano alla grata. «Dov’eri finito? Cos’è, volete farmi morire di fame?» ringhiò il mago.
I passi si fermarono. «Ti chiedo scusa» disse una voce femminile. «Mi hanno detto solo oggi che c’era un prigioniero.»
Attraverso le sbarre, Sennar vide avvicinarsi una ragazza con in mano un vassoio. Era minuta, non molto alta, e non doveva avere più di sedici anni. Il volto era un ovale perfetto e le guance erano rosee. Fino a quel momento, Sennar aveva visto solo gente con i capelli candidi, ma la ragazza che gli stava davanti aveva numerose ciocche castane.
Fra i due calò un silenzio imbarazzato.
«Scusami, non volevo alzare la voce» mormorò Sennar, a disagio. «Credevo di parlare con la guardia.»
La ragazza gli rivolse un sorriso timido. «Non ti preoccupare. Comunque, eccoti servito, finalmente.» Fece passare il vassoio dalla feritoia alla base della grata.