Una sola cosa la preoccupava: l’armatura dello gnomo. Quando era riuscita a colpirla, la scalfittura si era aggiustata da sola. Doveva trattarsi di un incantesimo del Tiranno. Con un nemico come quello non bastava la spada: bisognava ricorrere alla magia.
Fu una sera, mentre si arrovellava su chi consultare per trovare una soluzione, che tutti i pezzi andarono al proprio posto.
Nihal ebbe un sussulto. Come aveva fatto a non pensarci prima? Megisto! Secondo gli Annali della lotta al Tiranno era vivo, imprigionato chissà dove proprio nella Terra dell’Acqua. Era Megisto che doveva cercare! Chi meglio di lui poteva conoscere la magia del Tiranno? Chi, se non un mago che era stato suo servo fedele?
Il giorno seguente, durante le consuete cure della ninfa, Nihal si fece coraggio e decise di tentare. «Cerco una persona. Forse tu sai dove posso trovarla...»
La ninfa continuò il suo lavoro, passando dolcemente le mani sulla ferita.
Nihal prese quel silenzio come un incoraggiamento a proseguire. «Si tratta di Megisto» disse tutto d’un fiato.
Le mani della ninfa ebbero un tremito. «Megisto è un rinnegato» disse, senza alzare gli occhi dalla ferita.
«Lo so. Ho bisogno di parlargli.»
La ninfa scosse la testa. «Non dovresti cercarlo per nessun motivo. Nessuno dovrebbe.»
«Ascoltami, ti prego» insistette Nihal. «Chi mi ha ridotta così è un terribile nemico, uno dei guerrieri più crudeli del Tiranno. Dovrò affrontarlo di nuovo e voglio sconfiggerlo. Ma per farlo ho bisogno dei consigli di chi conosce le formule proibite. Ho davvero bisogno di sapere... Ti prego, dimmi come trovarlo.»
La ninfa tacque a lungo, senza smettere di occuparsi della ferita, tanto che Nihal credette di aver fallito nel suo intento. Poi, quando ebbe finito, si alzò e si diresse verso l’uscita dell’alloggio, in silenzio e con un’espressione imperscrutabile sul viso.
Giunta sulla soglia, si voltò verso la ragazza. «Nel posto più buio del bosco a settentrione di questo accampamento c’è una piccola radura» disse con un filo di voce. «Non puoi sbagliare, la riconoscerai perché ha una roccia al centro. Vai lì al sorgere della luna e attendi. Lo incontrerai senza doverlo cercare.»
Nihal sorrise. «Grazie, davvero.»
«Non è un favore quello che ti ho fatto» mormorò la ninfa, poi uscì.
Nihal non resistette. Il sole aveva appena iniziato a calare quando, avvolta nel mantello nonostante il caldo, sgattaiolò fuori e raggiunse il capanno ai margini del villaggio che era stato adibito a scuderia di Oarf. Quando il drago la vide, si eresse in tutta la sua altezza e la salutò con un grugnito di soddisfazione.
«Vado a caccia di rocce, Oarf. Che ne dici di accompagnarmi?»
Il drago abbassò la testa per lasciarla salire.
«Come farei senza di te?» disse Nihal con un sorriso.
Si alzarono in volo e si diressero a settentrione, sorvolando la foresta a bassa quota. Alla luce del tramonto il bosco assumeva sfumature più cupe e nel cielo in fiamme risuonavano solo i richiami degli uccelli e il battito ritmico delle ali di Oarf.
Nihal teneva lo sguardo fisso a terra. Vide dall’alto una fitta rete di ruscelli, un altopiano, file ordinate di alberi e intricate macchie di vegetazione. Scorse anche la faglia rocciosa all’interno della quale era stato prigioniero Laio. Continuò ad aguzzare la vista, finché non individuò il luogo che cercava: Uno spiazzo erboso irregolare, circondato da alberi ad alto fusto, al cui centro spiccava un grosso masso.
Fece atterrare Oarf vicino alla pietra e smontò con una certa fatica, perché la ferita le doleva ancora.
Si guardò intorno. “Lo incontrerai senza doverlo cercare” aveva detto la ninfa. Il mago doveva essere già lì, ma nella radura c’era un silenzio perfetto e nessuna traccia di una presenza umana.
Nihal si innervosì. Non sapeva che cosa doveva fare. Si sedette davanti alla roccia, mentre Oarf la guardava con aria interrogativa.
Il sole scomparve dal cielo, le ombre a terra si allungarono, la notte calò a poco a poco, ma Megisto non comparve.
Nihal si sarebbe addormentata, se non fosse stato per la rabbia che cresceva. Non le risultava che le ninfe avessero senso dell’umorismo, ma sospettava che quella creatura si fosse burlata di lei.
Poi, tutto a un tratto, quando il primo raggio di luna ne sfiorò la superficie, la roccia davanti a cui si era acciambellata sembrò vibrare impercettibilmente. La ragazza sbatté le palpebre e pensò che gli occhi la stessero ingannando, ma proprio in quel momento, a poco a poco e silenziosamente, sulla pietra si disegnarono un volto, un busto, gli arti e infine la figura di un uomo.