Читаем La missione di Sennar полностью

Si lanciò contro di lui, ma i suoi colpi erano meno precisi, aveva la vista annebbiata e il dolore le toglieva il fiato. Duellarono ancora a lungo, mentre il suono stridulo delle lame che si incrociavano violentava il silenzio della notte.

Anche Dola sembrava accusare la stanchezza. Prese ad arretrare. Sbagliò una parata, poi un’altra ancora. Colpiscilo ora! Colpiscilo!

Lo gnomo non ebbe il tempo di vedere il fendente in arrivo. La lama di cristallo lo centrò al ventre e per un istante il bosco si illuminò di un bagliore bianco.

Dola urlò di dolore e la sua corazza cadde a terra in frantumi. Si appoggiò a un albero gemendo. Nihal rimase in guardia, ma un sorriso le affiorò alle labbra. Ce l’aveva fatta.

La sua soddisfazione durò poco.

Dola le scoccò un’occhiata sprezzante. «Ebbene? È tutto qui quello che sai fare?» disse, poi tese ancora la spada verso di lei.

Dagli occhi di Nihal sgorgarono lacrime di rabbia. Non c’era modo di sconfiggerlo. Non ce la faceva più, non avrebbe retto un altro scontro. Era destinata a morire per mano del mostro che aveva ucciso la sua infanzia.

Poi accadde qualcosa che le mozzò il respiro.

La Lacrima incastonata nell’elsa della sua spada prese a brillare e l’albero a cui Dola si era appoggiato si illuminò di colpo ed emanò un chiarore argenteo e terribile. Le radici uscirono dal terreno, avvolsero il corpo tozzo dello gnomo e lo gettarono a terra. I rami si contorsero fino a toccare il suolo e si avvilupparono intorno ai suoi arti.

Nihal osservò la scena terrorizzata. Lo spettacolo di quell’immenso albero che si muoveva aveva un che di spaventoso, di sovrumano, di potente. Un Padre della Foresta la stava aiutando.

Vide la corteccia brillare minacciosa, le foglie diventare acuminate come lame di coltelli e penetrare sotto la pelle di Dola, i rami scuotere con violenza il loro prigioniero per poi gettarlo lontano.

Dola andò a sbattere contro un altro albero e cadde in modo scomposto sul terreno. La luce svanì a poco a poco e l’alberò tornò immobile e silenzioso.


A Nihal sembrò di avere perso la cognizione del tempo. Non sapeva per quanto era rimasta lì, immobile, a guardare quel corpo steso a terra. Quando si riscosse, si accorse che tremava da capo a piedi e che nella sua testa rimbombava un unico grido: “Uccidilo! Uccidilo! Uccidilo! ”.

Si avvicinò piano a Dola. Era a poche braccia di distanza, ma a lei parvero miglia. Quando gli fu sopra lo guardò. Ansimava in una pozza di sangue, ma la fissava ancora con occhi di fuoco.

Nihal alzò la spada e la conficcò nella spalla dello gnomo, inchiodandolo al suolo. Il suo grido le sembrò un canto melodioso.

Solo allora si tolse l’elmo e lo gettò lontano.

Dola accennò un sorriso beffardo. «Dunque era vero: ce n’è ancora una, di voi bastardi...»

Nihal fu accecata dalla rabbia. «Sì, ce n’è ancora una, Dola» ringhiò. «Si chiama Nihal della Torre di Salazar. Guardala bene in faccia, perché sarà lei a strapparti la vita.» Mentre lo diceva, gli puntò la lama alla gola.

«Me la ricordo bene, Salazar. Bruciava che era una meraviglia...» bisbigliò lo gnomo. «Uccidimi pure, giovane mezzelfo. Ma non illuderti: non servirà a fermare il Tiranno. Non ti basterebbero mille vite per ucciderci tutti.»

“Uccidilo! Uccidilo!” ripetevano le voci.

Ma Nihal esitava.

Basta così poco. Devo solo premere la lama sulla sua gola e poi sarò felice, avrò fatto ciò che devo.

Aveva promesso, non poteva.

Quanti uomini ho finito con un colpo di spada? Quanti fammin ho trucidato? Quante agonie sono passate sulla mia lama? Cosa può significare una morte in più?

La mano che stringeva l’elsa era sudata, la fronte gelida.

Nihal ricordò le parole di Megisto: “Vuoi vederlo implorare pietà. E quando sarà ferito ai tuoi piedi, vuoi tagliargli la gola e guardare il suo sangue inzuppare il terreno. E quando sarà morto riderai e sentirai che la tua vendetta è compiuta”.

No! No! No!

Fece un passo indietro sulle gambe malferme. Rinfoderò la spada. «Saranno altri a decidere la tua sorte, maledetto» disse con un filo di voce.

Dola la guardò tra le palpebre socchiuse. «Stai commettendo un grosso errore, mezzelfo, un grosso errore...» Le sue parole si spensero lentamente, mentre gli si chiudevano gli occhi.

22

Il segreto di Ido.

La scelta di tenere impegnato Dola e dare alle truppe il tempo di attaccare si dimostrò vincente. Lo scontro era stato duro, ma la battaglia si era conclusa con la vittoria dell’esercito delle Terre libere. All’alba, l’accampamento del bosco di Herzli era stato riconquistato.

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