— No — rispondo. Mi sento gelido e amaro; non voglio esser trattato come un bambino. Credevo di essere simpatico al signor Aldrin. Se invece non gli sono simpatico, allora il signor Crenshaw, che è molto peggiore, deve odiarmi sul serio. — Non voglio un avvocato, non ne ho bisogno. Non ho fatto nulla di sbagliato. Qualcuno ha vandalizzato più volte la mia auto.
— Più di una volta?
— Sì — dico. — Due settimane fa mi hanno tagliato tutt'e quattro le gomme. È stato allora che sono arrivato al lavoro tardi. Il mercoledì seguente, poi, mentre ero a casa di un amico, qualcuno mi ha fracassato il parabrezza. Anche allora ho chiamato la polizia.
— A me però non l'hai detto, Lou — mi rimprovera il signor Aldrin.
— No… pensavo che il signor Crenshaw si sarebbe irritato. Questa mattina la mia macchina non voleva mettersi in moto. La batteria era sparita e al suo posto c'era un giocattolo. Io sono venuto a lavorare e ho chiamato la polizia. Quando loro sono andati a guardare, il giocattolo aveva sotto dell'esplosivo.
— Dio mio, Lou, questo… avresti potuto restare ferito. È orribile! Hai nessuna idea su chi… ma no, naturalmente no. Ascolta, vengo subito.
Riappende prima che io possa dirgli di non venire. Adesso sono troppo eccitato per lavorare. Ho bisogno di un po' di tempo in palestra. Non c'è nessun altro. Metto la musica adatta e comincio a rimbalzare sul trampolino. La musica mi solleva, mi alleggerisce.
Quando Aldrin arriva, mi sento più disteso. Sono sudato e ho addosso l'odore del sudore, ma non sono più scosso o impaurito.
Aldrin sembra preoccupato e vuole avvicinarsi a me più di quanto io desideri. Non voglio nemmeno che lui mi tocchi. — Stai bene, Lou? — chiede. La sua mano continua ad annaspare come volesse battermi qualche colpetto sulla spalla.
— Sto bene — rispondo.
— Ne sei sicuro? Io credo davvero che dovremmo avere qui un avvocato, e forse tu dovresti andare alla clinica…
— Non mi sono fatto male — ripeto. — Sto benissimo. Non ho bisogno di farmi visitare da un dottore e non voglio un avvocato.
— Ho lasciato detto all'entrata di far venire qui la polizia — dice lui. — Ho dovuto anche riferire al signor Crenshaw. — Aggrotta la fronte. — Era in riunione. Lo avviseranno quando uscirà.
Suona il campanello della porta. Gli impiegati che lavorano in questo edificio hanno tutti la chiave magnetica: solo i visitatori adoperano il campanello. — Vado io — dice il signor Aldrin. Io non so se andare in ufficio o restare nell'atrio. Resto nell'atrio e guardo il signor Aldrin andare alla porta. L'apre e dice qualcosa all'uomo che è comparso sulla porta. Non posso distinguere se è lo stesso uomo al quale ho già parlato finché lui non si avvicina, e allora lo riconosco subito: è lui.
13
— Salve, signor Arrendale — dice lui tendendo la mano. Io tendo la mia, benché le strette di mano non mi piacciano. So che è il gesto appropriato. — C'è qui un posto dove possiamo parlare?
— Il mio ufficio — dico, e faccio strada. Non ho mai visitatori, quindi c'è una sola sedia. Vedo che il signor Stacy guarda le mie girandole, spirali e altre decorazioni. Non so cosa possa pensarne. Il signor Aldrin mormora qualcosa al signor Stacy ed esce. Io non siedo perché non è educato sedere quando le altre persone stanno in piedi; ma il signor Aldrin torna con una sedia che riconosco per una di quelle del cucinino. La mette giù nello spazio tra la mia scrivania e gli scaffali, poi va a mettersi davanti alla porta.
— Lei è? — chiede Stacy rivolgendosi a lui.
— Pete Aldrin; sono il supervisore di Lou. Non so se lei capisce… — Aldrin mi lancia un'occhiata che non riesco a interpretare, e Stacy annuisce.
— Ho già parlato una volta con il signor Arrendale — dice. Ancora una volta rimango sbalordito per come lo fanno, per il modo in cui si passano informazioni senza pronunciare parole. — Non voglio trattenerla.
— Ma io… penso che Lou abbia bisogno…
— Signor Aldrin, il signor Arrendale non ha nulla da temere. Noi stiamo cercando di aiutarlo, di fare in modo che quel pazzo non gli faccia del male. Ora, se lei avesse un posto sicuro dove lui possa restare per pochi giorni, mentre noi cerchiamo di localizzare il vandalo, questo ci sarebbe di aiuto, ma altrimenti… non credo proprio che gli serva una balia mentre parlo con lui. Naturalmente, dipende dal signor Arrendale… — Il poliziotto mi guarda. Vedo qualcosa nel suo viso che potrebbe essere un sorriso, ma non ne sono sicuro. È un'espressione ambigua.
— Lou è una persona di grandi capacità e che noi apprezziamo molto — dice il signor Aldrin. — Io volevo solo…
— Assicurarmi che venga trattato come si deve. Lo capisco. Ma deve decidere lui.
Adesso mi guardano tutti e due, e io mi sento impalato da quelle due paia di occhi. So che il signor Aldrin vuole che io gli dica che può rimanere; ma lui vuol rimanere per le ragioni sbagliate e io non desidero che resti. — Andrà tutto bene — lo tranquillizzo. — La chiamerò se avrò bisogno di lei.