No che non lo sapevo. Non avrei mai pensato che sapere troppo circa il lavoro del mio cervello potesse condurmi alla pazzia. Ma non credo che questo sia vero. Però non penso che lei mi crederebbe se le dicessi che non è vero. Non desidero spiegare nulla, così apro di nuovo il libro. Lei sbuffa e sento i suoi tacchi ticchettare sul pavimento quando se ne va.
Quando ero a scuola, c'insegnavano che il cervello era come un computer, solo non altrettanto efficiente. I computer non fanno errori se sono costruiti e programmati come si deve, il cervello sì. Da ciò io trassi l'idea che tutti i cervelli, anche quelli normali e figuriamoci poi il mio, sono computer di livello inferiore.
Questo libro invece spiega che il cervello è infinitamente più complesso di qualsiasi computer, e che anche il mio cervello è normale sotto molti rispetti. La mia visione dei colorì è normale; la mia acutezza visiva è normale. Cosa non è normale? Solo una piccolezza… credo.
Il libro parla di variazioni nell'abilità a captare brevi stimoli transitori. Io ricordo i giochi al computer che mi aiutavano a udire e poi ripetere consonanti come la
Guardo i visi appaiati nell'illustrazione che valuta la discriminazione dei lineamenti sia per posizione che per tipo. A me quei visi paiono tutti uguali: posso solo distinguere (con l'aiuto del testo) che quei due hanno gli stessi occhi, lo stesso naso e la stessa bocca, solo che uno li ha come allargati, più distanti dagli altri lineamenti. Se fossero in movimento, come sul viso di una persona vera, io non distinguerei nemmeno quello. Si suppone che ciò implichi qualche deficienza nella speciale parte del cervello che sovrintende al riconoscimento dei visi.
Le persone normali sono davvero capaci di tante discriminazioni? Se è vero, non c'è da meravigliarsi che siano capaci di riconoscersi reciprocamente con tanta facilità, anche a distanza e con abiti differenti.
Questo sabato non abbiamo una riunione al campus. Vado al Centro, ma il consulente di turno è ammalato. Guardo e memorizzo il numero del Patrocinio gratuito che compare sulla bacheca, ma non desidero chiamarlo. Non so cosa ne pensino gli altri. Dopo qualche minuto torno a casa e mi rimetto a leggere il mio testo, però prima faccio pulizia nel mio appartamento e nella macchina. Decido di gettar via la vecchia pelle di pecora, perché contiene ancora minuscoli frammenti di vetro, e comprarne una nuova. Quella nuova ha un forte odore di pelle ed è più morbida di quella vecchia. Domenica vado in chiesa molto presto, onde avere più tempo per leggere.
Lunedì arriva una nota per ciascuno di noi, comunicandoci le date e le ore degli esami preliminari: ecotomografia, risonanza magnetica, visita generale, colloquio con lo psicologo, esami psicologici. La nota dice che possiamo assentarci dal lavoro per gli esami senza penalità. La cosa mi conforta, non mi piaceva l'idea di rimettere in pari tutte le ore che ci vorranno per tanti test. Il primo, la visita generale, è per lunedì pomeriggio. Andiamo tutti alla clinica. A me non piace farmi toccare dagli estranei, ma so come ci si deve comportare nelle cliniche. L'ago per cavare il sangue non fa male, però non capisco cosa c'entrino il mio sangue e l'orina col modo in cui funziona il mio cervello. Nessuno mi spiega mai niente.
Martedì ho la risonanza magnetica. Il tecnico continua a ripetermi che è indolore e che non devo aver paura quando la macchina mi farà passare nel cassone chiuso. Comunque io non ho paura, non sono claustrofobico.
Dopo il lavoro ho bisogno di fare la spesa, perché martedì scorso m'incontrai con gli altri del nostro gruppo a casa mia. So che devo fare attenzione a Don, ma non credo che lui davvero voglia farmi del male, comunque. A quest'ora probabilmente si sarà pentito di quanto ha fatto… ammesso che sia davvero lui il vandalo. E poi, questo è per me il giorno della spesa. Mi guardo intorno nel parcheggio per vedere se ci sono intrusi. Ma no, le guardie del campus sono molto efficienti.
Al supermercato mi fermo più vicino che posso a un fanale, in caso si sia fatto buio quando uscirò. Ci sono pochi clienti in giro, quindi faccio presto a esaurire la mia lista di cose da acquistare. Ho troppa roba per usare la cassa rapida, così mi accodo alla fila più breve di una cassa normale.
Quando esco è già l'imbrunire, ma non è proprio buio, e l'aria è fresca. Mi spingo davanti il carrello che sobbalza sul selciato. Arrivo alla macchina, apro lo sportello e comincio a caricare i sacchetti delle derrate con cura: cose pesanti come scatole di detersivo e barattoli sul pavimento dove non possono cadere; pane e uova sul sedile posteriore.
Sento spostarsi il carrello alle mie spalle. Mi volto e non riconosco il viso dell'uomo in giacca scura… almeno non subito, ma poi mi accorgo che è Don.