Читаем Le sabbie di Marte полностью

Jimmy rifletté un istante, poi rispose: «Su questo argomento potrei rispondervi solo approssimativamente. Vi consiglio di rivolgervi al signor Mackay. Lui ha tutte le tavole con le cifre esatte.»

«Va bene. Ne parleremo con Mackay.»

Gibson avrebbe potuto benissimo comunicare con Mackay mediante il telefono interno, ma tutte le scuse per piantare il lavoro erano buone.

Trovò l’astronauta intento a estrarre toni melodiosi da una grande macchina calcolatrice elettronica.

«Le meteore?» disse Mackay. «Ah, già, un argomento di estremo interesse. Ho l’impressione che sull’argomento siano state pubblicate una quantità di informazioni errate. Ancora poco tempo fa quasi tutti erano convinti che un’astronave sarebbe stata immediatamente disintegrata dalle meteore non appena avesse lasciato l’atmosfera.»

«E molti ne sono convinti ancora.»

Mackay emise un grugnito di sdegno.

«Le meteore sono molto meno pericolose dei fulmini, e le più grosse di solito hanno le dimensioni di un pisello.»

«Ma dopo tutto un’astronave ne è stata seriamente danneggiata!»

«Quale? Alludi alla Star Queen? Mi pare che un solo incidente grave in cinque anni costituisca un dato alquanto confortante. Ma il fatto è che nessuna astronave si è mai veramente perduta per colpa delle meteore.»

«E la Pallas

«Nessuno può dire che cosa le sia successo. È convinzione popolare che la causa sia stata una meteora, ma i tecnici la pensano diversamente.»

«Perciò posso dire tranquillamente al pubblico di non preoccuparsi?»

«Si capisce. C’è piuttosto la questione della polvere…»

«Della polvere?»

«Ecco, se per meteore s’intendono particelle abbastanza grandi, di un paio di millimetri o poco più, non è il caso di preoccuparsi. Ma la polvere è un vero disastro, soprattutto sulle stazioni spaziali. Ogni tanto bisogna che qualcuno esca a localizzare le forature, di solito troppo piccole per essere visibili a occhio nudo. Una molecola di polvere stellare che marcia alla velocità di cinquanta chilometri il secondo è capace di perforare una lastra metallica di grande spessore.»

Questa notizia parve a Gibson un tantino allarmante, ma Mackay si affrettò a tranquillizzarlo.

«La realtà è che non c’è proprio nessun motivo di preoccuparsi» ripeté alla fine. «Un minimo di dispersione nell’ossatura di un’astronave si verifica sempre, ma ci pensa il rifornimento dell’aria a compensarlo.»

Per quanto indaffarato fosse, o pretendesse di essere, Gibson trovava sempre il tempo per vagabondare irrequieto attraverso i labirinti pieni d’echi dell’astronave, o per sedersi a contemplare le stelle dal ponte d’osservazione equatoriale. Aveva preso l’abitudine di andarci durante il concerto quotidiano. Tutti i giorni alle 15.00 precise l’altoparlante della nave entrava in azione e per un’ora la musica terrestre sussurrava o rumoreggiava per i corridoi vuoti.

Gibson era seduto sul ponte d’osservazione, intento a scoprire quante Pleiadi sarebbe riuscito a individuare a occhio nudo, quando un minuscolo proiettile gli sfiorò l’orecchio sibilando e andò ad appiccicarsi con un ciac al vetro del finestrino, dove rimase attaccato vibrando come una freccia. Al primo momento, a Gibson era parsa veramente una freccia, e per un attimo lo scrittore si era chiesto se per caso i Cherokee non fossero tornati sul sentiero di guerra. Poi notò che la punta era stata sostituita da un grosso succhione di gomma, mentre dalla base, giusto dietro le piume, si snodava un lungo filo sottile, alla cui estremità c’era il dottor Robert Scott, laureato in medicina, che vi arrancava dietro simile a un grosso ragno che sta risalendo il suo nastro di bava.

Gibson stava ancora cercando un commento sarcastico, quando, come al solito, Scott lo prevenne.

«Non ti pare ingegnoso?» chiese. «Ha un’autonomia di venti metri, pesa soltanto mezzo chilo, e non appena ritorno sulla Terra lo faccio brevettare.»

«A che cosa serve?» chiese Gibson in tono rassegnato.

«Ma come, non capisci? Immagina di spostarti da un punto all’altro nell’interno di una stazione spaziale dove non esiste gravità rotazionale. Basta lanciare questo aggeggio su una qualsiasi superficie piatta prossima al tuo luogo di destinazione e poi avvolgere la funicella. Finché non avrai liberato il succhione potrai contare su un’ancora perfetta.»

«Ma che cosa c’è che non va nel sistema solito di muoversi?»

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