— Non serviranno a niente — dichiarò con pessimismo il primo uomo. — A meno che non si imbattano per caso in Raven e in quel suo socio panciuto. Ormai hanno troppo vantaggio. Sweeny e i suoi ragazzi non li intercetteranno più, e nemmeno le squadre di città… E neppure io, se posso evitarlo.
Thorstern decise improvvisamente di aver ascoltato abbastanza. — Tutto considerato è meglio che io torni in città. Ordinerò alle autorità di prendere decisioni drastiche. Non mi manca certo l’influenza per farlo.
— Certo, capo. Certo.
— Tornerò non appena mi sarò reso conto che viene fatto tutto il possibile. Fra due o tre ore al massimo.
Lo disse sapendo benissimo che non sarebbe tornato fino a quando la situazione poteva rappresentare un pericolo per la sua persona: avrebbe mandato uno dei sosia.
— Se qualcun altro mi viene a cercare, dite che sono partito e che non sapete dove ero diretto. Se chi mi cerca è Raven, o se gli somiglia, o se parla e agisce come lui, o se vi nasce il sospetto che abbia le sue stesse idee, non state a discutere. Sparate. E sparate bene. Nel caso di un errore di persona, io mi assumerò tutte le responsabilità.
Al che Thorstern scomparve all’interno dell’elicottero. Si comportava come una persona sicura di sé, ma internamente era scosso dal desiderio di allontanarsi il più presto possibile.
Qualcuno non si era lasciato ingannare dall’opinione diffusa che fosse Wollencott il capo del movimento, anche se poi aveva finito col trovarsi di fronte a Greatorex. Qualcuno aveva faticosamente seguito i fili nascosti e aveva trovato che portavano a Thorstern. Qualcuno aveva molto più potere di lui e una crudeltà quasi identica. Qualcuno aveva deciso di rovesciarlo dalla posizione che si era tortuosamente costruito e, nonostante il primo insuccesso, aveva dimostrato di poterlo fare con estrema facilità.
— Andiamo — borbottò al pilota, e si lasciò cadere nella sua poltroncina.
Le eliche girarono, l’apparecchio ebbe un lieve sobbalzo, si inclinò leggermente e cominciò a sollevarsi. Raven e il compagno raggiunsero di corsa l’apparecchio e si misero a sedere sui pattini di atterraggio. Fino a un attimo prima, erano rimasti nascosti dietro la grossa mole dell’elicottero, ma ora diventarono perfettamente visibili. Un gruppo di facce sorprese si levò a guardarli per due o tre secondi, fino a quando l’apparecchio non scomparve nella nebbia. Poi ci fu una reazione rabbiosa e confusa.
L’apparecchio emerse dal banco di nebbia e proseguì il viaggio sotto un cielo di stelle lucenti. All’orizzonte, le Sawtooths si stagliavano contro lo sfondo dei punti luminosi. Più vicino, ovattato dalla nebbia, il bagliore delle luci di Plain City con il raggio arancione di un faro che puntava verso il cielo. Lontano, verso sud, si poteva distinguere il leggerissimo bagliore delle luci di Big Mines. Il pilota puntò verso il faro di Plain City e si mantenne una trentina di metri sopra il banco di nebbia. Non era necessario salire a una altezza maggiore per un viaggio tanto breve. Era piegato sui comandi, gli occhi fissi sulla luce del faro. Nel subconscio sentiva che l’apparecchio era più pesante, più lento, di un’ora prima, ma non se ne preoccupò. Durante la notte il contenuto di ossigeno dell’atmosfera variava da un’ora all’altra, e i motori sembravano subirne l’influenza.