Читаем Morire dentro полностью

— Non c’era niente. Era solo una scusa per vederti.

— Me l’ero immaginato.

— Che cosa è andato male, Toni?

— Non chiedermelo. Proprio non chiedermelo. — La sua voce era piombata su un registro bassissimo, un contralto amaro, rauco. — Tu non avresti dovuto venire qui, assolutamente.

— Se mi avessi detto che cosa ho…

— Hai cercato di farmi del male — disse. — Hai cercato di farmi fare un brutto viaggio. — Spense la sigaretta e subito ne accese un’altra. I suoi occhi, tristi e velati, rifiutavano di incontrare i miei. — Mi sono resa finalmente conto che mi eri nemico, che dovevo scappare lontano da te. Così ho impacchettato tutto e sono scappata.

— Tuo nemico? Ma lo sai bene che questo non è vero.

— È stata una cosa strana — disse lei. — Non ho capito che cosa sia successo. Ho parlato con della gente che ha ingoiato un mucchio di acido e non hanno capito neppure loro. Era come se le nostre due menti fossero collegate, David. Tra noi si era aperto come un canale telepatico. E da te fluiva dentro di me ogni genere di roba. Roba odiosa. Roba velenosa. Io pensavo i tuoi pensieri. Vedevo me stessa come mi vedevi tu. Ricordi, quando dicesti che anche tu stavi viaggiando, sebbene tu non avessi preso acido per niente? Allora mi dicesti che tu stavi, quasi, leggendo la mia mente. È stato questo che mi ha atterrita. Che le nostre due menti sembravano insudiciarsi insieme, sovrapporsi. Diventare una sola. Non ho mai saputo che l’acido facesse uno scherzo del genere.

Era l’imbeccata giusta per dirle che non era stato soltanto l’acido, che non era stata una fumata deludente, che quanto lei aveva provato era l’urto di un potere speciale che possedevo dalla nascita, un dono, una maledizione, un’anomalia di natura. Però le parole mi si congelarono nella bocca. Suonavano come parole di un pazzo, a me stesso. Come avrei potuto confessarle un fatto del genere? Lasciai sfumare quell’occasione. Dissi, invece, debolmente: — Okay, è stato uno strano momento per tutti e due. Eravamo un poco in orbita. Però adesso il viaggio è finito. Non hai bisogno di nasconderti da me, adesso. Ritorna, Toni.

— No.

— Tra qualche giorno, allora?

— No.

— Questo non lo capisco.

— È cambiato tutto — disse lei. — Adesso non potrei mai più vivere con te. Tu mi fai troppa paura. Il viaggio è finito, però io ti guardo e vedo dèmoni. Vedo un qualcosa che è metà pipistrello, metà uomo, con grandi ali di gomma e lunghe zanne gialle e, oh, Gesù mio, David, non posso farci nulla! Io mi sento ancora adesso come se le nostre due menti fossero agganciate. C’è qualcosa che scivola fuori dalla tua testa verso la mia mente. Non avrei mai dovuto prendere l’acido. — Distrattamente lei spense la sigaretta e ne cercò un’altra. — Tu adesso mi metti un terribile disagio. Vorrei che te ne andassi. Anche solo starti vicino mi dà un terribile mal di testa. Per favore. Per favore. Mi spiace, David.

Non osai dare un’occhiata nella sua mente. Avevo paura di trovarci qualcosa che potesse inaridirmi e farmi avvizzire. Ma in quei tempi il mio potere era ancora così forte che non potevo impedirmi di cogliere, la cercassi o no, una generalizzata radiazione mentale a basso livello proveniente da coloro cui mi avvicinavo, e quello che colsi in quel momento da Toni, confermò ciò che lei mi aveva appena detto. Non aveva smesso di amarmi. Però l’acido, anche se era acido lisergico e non acido solforico, aveva scalfito e corroso la nostra relazione aprendo quel terribile baratro tra noi due. Per lei era una tortura essere nella stessa stanza con me. Nessuna mia abilità avrebbe potuto rimediare a questo. Presi in considerazione varie strategie, vari spiragli a cui aggrapparmi, modi diversi per ragionare con lei, per curarla con parole morbide e calorose. Niente da fare. Assolutamente niente da fare. Passai rapidamente in rassegna nella mia mente una decina di tentativi di approccio e tutti finivano con Toni che mi supplicava di sparire dalla sua vita. Proprio così. Era finito. Lei continuava a starsene seduta lì, quasi immobile, abbattuta, tutta scura in faccia, la sua bocca larga serrata per il dolore, il suo sorriso smagliante troncato. Sembrava invecchiata di vent’anni. La sua strana, esotica bellezza da principessa del deserto era completamente svanita. Improvvisamente lei fu più reale per me, nel suo sudario di dolore, di quanto non fosse mai stata prima. Rossa in volto per la sofferenza, ravvivata dall’angoscia. E per me nessuna possibilità di raggiungerla. — Va bene — dissi tranquillamente. — Dispiace anche a me. — Passato, finito, rapidamente, improvvisamente, senza preavviso, la pallottola che fischia nell’aria, la granata che traditrice rotola dentro la tenda, l’incudine che crolla giù da un placido cielo. Finito così. Di nuovo tutto solo. Anche senza lacrime. Urlare? Perché dovrei urlare?

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