Evviva. L’abile trattamento delle sue mani insaponate mi ridà vigore.
Saltiamo sul letto. Ancor bello duro, io la infilo e la prendo. Affanno su affanno, gemiti di languore languore languore. Ma mentalmente non afferro proprio niente. Improvvisamente lei ha un curioso piccolo spasmo, intenso ma rapidissimo, e segue immediatamente il mio orgasmo. E questo è tutto, per il sesso. Ci raggomitoliamo insieme, l’abbracciami-baciami degli ultimi sprazzi. Tento di nuovo di sondarla. Zero. Zero. È finito? Penso che veramente sia finito. Oggi avete assistito a uno storico evento, signorina. La fine di un grande potere extrasensoriale. Che si lascia dietro questo miserabile guscio vuoto. Ahimè.
— Mi piacerebbe tanto leggere qualcuna delle tue poesie, Dave — dice lei.
Lunedì sera, verso le sette e trenta. Finalmente Lisa se n’è andata. Io esco fuori per andare a cenare, in una pizzeria qui vicino. Sono assolutamente calmo. L’impatto di quello che mi è successo non è ancora veramente assimilato. Quant’è strano che io sia così disposto ad accettarlo. Lo so, ci sarà un momento in cui mi salterà addosso, mi stritolerà, mi distruggerà; piangerò, urlerò, picchierò la testa contro il muro. Un modo strano di sentirsi, quasi fossi sopravvissuto a me stesso. E anche un senso di sollievo: la sospensione se n’è andata, il processo si è completato, il moribondo è crepato, e io sono sopravvissuto. Naturalmente non mi aspetto che questo stato d’animo duri. Ho perso qualcosa di essenziale per il mio essere e adesso sto aspettando il dolore, l’angoscia e la disperazione che sicuramente scoppierà tra poco.
Però sembra proprio che il mio lutto debba essere rimandato. Quello che io pensavo fosse completamente finito non è finito affatto. Entro nella pizzeria e il cameriere mi butta in faccia quel suo sorriso di benvenuto piatto e freddo tutto newyorkese, e io, senza averlo cercato, capto da dietro la sua faccia untuosa: "Ehi, ecco qua quel culo che vuole sempre le acciughe extra".
Leggo dentro di lui con chiarezza. Ma allora non è ancora morto! Non del tutto! Si è soltanto bloccato per un attimo. Si era soltanto nascosto.
Martedì. Freddo pungente; uno di quei terribili giorni di autunno avanzato quando ogni goccia di vapore si congela nell’aria e la luce del sole sembra fatta di tante lame. Termino altri due compiti finali che consegnerò domani. Leggo Updike. Judith telefona dopo pranzo. Il solito invito a cena. La mia solita risposta evasiva.
— Che ne pensi di Karl? — chiede.
— Proprio un uomo notevole.
— Vuole che lo sposi.
— Non è una bella notizia?
— È troppo presto. Non lo conosco veramente, Duv. Mi piace, lo ammiro tremendamente, però non so se lo amo.
— Allora non precipitare niente con lui — dico io. Mi seccano le sue sospensioni da romanzo a puntate. Comunque non riesco a capire perché certa gente abbastanza avanti negli anni per vedere le cose con una certa completezza decide di sposarsi. Perché l’amore dovrebbe richiedere un contratto formale? Ma perché andarti a mettere sotto le grinfie dello stato e concedergli dei poteri su di te? Perché invitare gli avvocati a venire a mettere le zampe sui tuoi affari? Il matrimonio è per gente immatura, insicura e ignorante. Noi che conosciamo bene a fondo questa istituzione, eravamo ben contenti di vivere insieme senza costrizioni legali, eh, Toni? Eh? Io dico: — Inoltre, se te lo sposi, probabilmente dovrai mollare Guermantes. Non penso che te la farebbe passare liscia.
— Sai di me e Claude?
— Naturalmente.
— Tu sai sempre tutto.
— È assolutamente ovvio, Jude.
— Pensavo che il tuo potere stesse andandosene.
— Ma sì, ma sì, sta andandosene più veloce che mai. Ma questo fatto era assolutamente ovvio lo stesso. A occhio nudo.
— Va bene. Che te n’è sembrato?
— È la morte. È un assassino.
— Ti sbagli a giudicarlo così, Duv.
— Io stavo nella sua testa. Io l’
— Se potessi sentire adesso il suono della tua voce, Duv. Quell’ostilità, quella gelosia fuori posto…
—
— Lo sei sempre stato — dice lei. — Ma lasciamo perdere. Pensavo veramente che ti facesse piacere conoscere Claude.
— Sì. Mi faceva piacere. E mi è piaciuto. Era affascinante. Penso che anche i cobra siano affascinanti.
— Oh, vai a dar via il culo, Duv.
— Ma cosa pretendi? Che mi piaccia?
— Non ti chiederò più un piacere. — L’antica gelida Judith.
— Com’ha reagito Karl a Guermantes?
Lei resta in silenzio. Poi, finalmente: — Assolutamente male. Karl è stereotipato, lo sai. Proprio come te.
— Io?
— Oh! Tu sei così maledettamente onesto, Duv! Sei un tale puritano! Hai continuato per tutta la mia maledettissima vita a farmi lezione di morale. La primissima volta che sono andata a letto con un uomo, c’eri tu con il dito puntato su di me…
— Perché a Karl non è piaciuto?