Selig li sfoglia, triste. Sono i compiti finali, tutti di produzione sua.
— Li hai scritti tu?
— Sì.
— Per denaro?
— Sì.
— Questo è grave, Dave. È terribilmente grave.
— Avevo bisogno di guadagnarmi da vivere. Non danno mica borse di studio agli ex-studenti universitari.
— Che cosa ti facevi pagare per questa roba?
— Tre o quattro dollari la cartella.
Cushing scrolla la testa. — Eri onesto, te ne do atto. Devono esserci otto o dieci individui che tengono banco qui, però tu sei decisamente il migliore.
— Grazie.
— Però, alla fine, hai scontentato un cliente. Noi abbiamo chiesto a Lumumba perché te le ha suonate. Lui ha detto che ti aveva incaricato di scrivere un compito finale per lui e che tu ne hai fatto una porcheria, lo hai preso in giro, e che per di più non volevi restituirgli i suoi soldi. Benissimo, noi lo abbiamo trattato usando le sue stesse maniere, però adesso dobbiamo sistemare anche te. Abbiamo cercato per molto tempo di beccarti, Dave.
— Sì?
— Abbiamo messo in circolazione ciclostilati dei tuoi lavori in una decina di facoltà negli ultimi due semestri, avvisando di tenere gli occhi ben aperti ai caratteri della tua macchina per scrivere e al tuo stile. Non abbiamo ottenuto molta collaborazione. Molti membri di facoltà non sembravano preoccupati se i compiti finali che ricevevano erano autentici o no. Però a noi interessava, Dave. A noi interessava moltissimo. — Cushing si sporge in avanti. I suoi occhi, tremendamente vicini, cercano quelli di Selig. Selig guarda da un’altra parte. Non riesce a sopportare il calore penetrante di quegli occhi. — Ci siamo arrivati vicini poche settimane fa — continua Cushing. — Pescammo un paio di tuoi clienti e li minacciammo di espulsione. Loro ci diedero il tuo nome, però non sapevano dove abitavi, e noi non riuscimmo a scoprirlo. Quindi aspettammo. Sapevamo che ti saresti fatto vedere di nuovo per consegnare e procurartene altri. Poi è arrivato questo rapporto di una rissa sui gradini della Low, su tre o quattro giocatori di pallacanestro che avevano malmenato qualcuno, e ti trovammo con un mucchio di compiti non consegnati tra le mani. Tutto qui. Sei senza lavoro, Dave.
— Voglio un avvocato — dice Selig. — Non avrei dovuto ammettere niente con te. Avrei dovuto negare tutto quando mi hai fatto vedere quei compiti.
— Non occorre che tu sia così tecnico riguardo ai tuoi diritti.
— Dovrò esserlo quando mi porterai davanti a un tribunale, Ted.
— No — dice Cushing. — Noi non ti citeremo, a meno di ripescarti con le mani nel sacco. Non abbiamo nessun interesse a buttarti in prigione, e, in ogni caso, non sono affatto sicuro che quello che hai fatto sia un crimine. Quello che noi veramente vogliamo fare è aiutarti. Tu sei ammalato, Dave. Per un uomo della tua intelligenza, con le tue possibilità, essere caduto così in basso, essere finito a fare i compiti finali per i bambocci del college, è brutto. Dave, è terribilmente brutto. Noi abbiamo discusso qui il tuo caso, il preside Bellini, il preside Tompkins e io, e siamo arrivati a formulare un piano di riabilitazione. Possiamo trovarti un lavoro nel campus, come assistente di ricerca, forse. Ci sono sempre alcuni candidati al dottorato che hanno bisogno di assistenti, e noi abbiamo un piccolo fondo a cui potremmo attingere per procurarti un salario, niente di eccezionale, però almeno equivalente a quello che racimolavi con questi lavoretti. E ti abbiamo ammesso qui al servizio di consultazione psicologica. Non era previsto per gli ex-studenti, ma io non vedo perché dovremmo essere rigidi nei tuoi riguardi, Dave. Quanto a me, devo dire che trovo imbarazzante che un uomo della classe del ’56 sia in una situazione di disagio come la tua, e anche soltanto per un senso di lealtà verso la nostra classe devo fare di tutto per aiutarti a tirarti su e a cominciare a realizzare le promesse che dimostravi quando…