Lei rispose deferente: — Sì, signorina. — Ma io feci in tempo a vedere lei che guardava Mac, e lui che annuiva impercettibilmente.
Scomparsa Shizuko, chiusa la porta, chiesi piano: — Sei tu il suo capo, o viceversa?
— Ci sarebbe da discutere — ammise lui. — Forse la definizione migliore è agenti indipendenti che collaborano.
— Vedo. È molto professionale. Mac, sai dove sono le Orecchie qui, oppure dobbiamo trovare il modo per scavalcarle? Sei disposto a parlare del tuo sordido passato sapendo che qualcuno lo registra su nastro? Personalmente, nulla mi imbarazzerebbe… dopo tutto, io ero la vittima innocente… ma voglio che
Anziché rispondere, lui puntò l’indice: sopra il mio divano al lato soggiorno, sopra la testata del letto, in bagno; poi si toccò l’occhio e indicò un punto dove la paratia si univa a una sporgenza del soffitto, davanti al divano.
Annuii. Poi trascinai due sedie nell’angolo più lontano dal divano, fuori dalla visuale dell’Occhio che lui mi aveva indicato. Accesi il terminale, impostai la richiesta di musica, scelsi un nastro del coro di Salt Lake City. Forse un Orecchio poteva filtrare le voci e individuare le nostre, ma ne dubitavo.
Sedemmo e io continuai: — Mac, ti viene in mente qualche buona ragione perché io non debba ucciderti subito?
— Così? Senza nemmeno un processo?
— A che serve un processo? Mi hai violentata. Lo sai tu, lo so io. Però
— Be’, se la mettete così… No, non me ne vengono in mente.
I maschi saranno la mia morte. — Mac, sei un uomo molto esasperante. Non capisci che non voglio ucciderti e sto cercando una scusa ragionevole per non farlo? Però se non mi aiuti non ce la faccio. Com’è che sei finito coinvolto in un lavoro così schifoso? Uno stupro di gruppo su una donna bendata e immobilizzata?
Aspettai che lui digerisse la domanda, e lo fece. Alla fine disse: — Potrei sostenere che ormai c’ero talmente dentro che se mi fossi opposto allo stupro sarei finito ammazzato io stesso, in un amen.
— È vero? — chiesi, provando disprezzo per lui.
— Abbastanza vero, ma irrilevante. Signorina Friday, l’ho fatto perché
— Non è necessario. — (Così sexy da poter corrompere uno stilita. Che diàvolo è uno stilita? Devo scoprirlo. Detto così, sembrava un superlativo.)
Lui insistette: — Su una nave non si scappa. Un cadavere può essere imbarazzante.
— Oh, penso di no. Tu sei stato assunto per sorvegliarmi; credi che farebbero qualcosa a
— Non c’ero quando è scoppiato l’incendio. Ero già fuggito.
— Davvero? Perché?
— Per due motivi. Avevo intenzione di andarmene non appena avessi saputo quello che mi interessava. Ma soprattutto per voi.
— Mac, non aspettarti che creda a troppe cose improbabili. Cosa dovevi scoprire lì?
— Non l’ho mai scoperto. Cercavo la stessa cosa che interessava a loro. Il perché del vostro viaggio a Elle-Cinque. Li ho sentiti interrogarvi e ho capito che non sapevate niente. Così ho tagliato la corda. Al volo.
— Vero. Io ero un piccione viaggiatore… E quand’è che un piccione viaggiatore sa perché scoppia una guerra? Hanno perso il loro tempo, a torturarmi.
Dio mi aiuti, parve scioccato. — Vi hanno
Ribattei, secca: — Vuoi recitare la parte dell’innocente?
— Eh? No, no. Sono colpevole e lo so. Di stupro. Però non avevo idea che vi avessero
— Più mi spieghi, più interrogativi sollevi. Per chi lavoravi, perché lo facevi, perché sei scappato, perché ti hanno lasciato scappare, chi era la voce che ti dava ordini, quello che chiamate il Maggiore, perché tutti erano tanto ansiosi di sapere cosa trasportassi, talmente ansiosi da organizzare un attacco militare e perdere un sacco di uomini e finire col torturarmi e tagliarmi la tetta destra?
— Vi hanno fatto