Читаем Padrone della vita, padrone della morte полностью

— Buongiorno, signor FitzMaugham.

Il vecchio gli sorrideva serenamente, e il suo viso ancora fresco era amichevole, e i suoi capelli bianchi parevano brillare.

— Mi sembri preoccupato. C'è qualcosa che non va? Walton scosse il capo, troppo in fretta.

— Sono soltanto un po' stanco, signore. C'è stato tanto lavoro, in questi ultimi tempi.

E, mentre pronunciava quelle parole, si rese conto di quanto fossero stupide. Se qualcuno, nell'ambito di Poppy, lavorava più di lui, quello era il vecchio direttore. FitzMaugham aveva combattuto per l'approvazione del programma per cinquant'anni e più, e adesso, a ottant'anni, si era messo a lavorare per sedici ore al giorno, dedicandosi al compito di salvare l'umanità da se stessa. Il direttore sorrise.

— Non imparerai mai a misurare le tue energie, Roy. Quando avrai metà dei miei anni, sarai stanco e finito. Sono lieto che tu abbia cominciato ad applicare la mia abitudine di prendermi una pausa al mattino, per andare a bere un caffè, sai? Ne sono davvero lieto. Ti dispiace se vengo con te?

— Io… non mi sto prendendo una pausa, signore. Ho del lavoro da fare, giù.

— Oh? Non puoi occupartene dal tuo ufficio?

— No, signor FitzMaugham. — Walton si sentì come se lo avessero già processato, condannato e giustiziato. — Richiede la mia presenza fisica, signore.

— Capisco. — Gli occhi caldi e profondi del vecchio lo fissarono. — Dovresti rallentare un po' il ritmo, sai? Non ce la farai, altrimenti.

— Sì, signore. Non appena il ritmo del lavoro rallenterà un poco.

FitzMaugham ridacchiò.

— Tra un secolo o due, vuoi dire. Temo che non imparerai mai l'arte di rilassarti, ragazzo mio. Un vero peccato.

L'ascensore arrivò. Walton si fece da parte per lasciare il passo al direttore, e quando il vecchio fu a bordo lo seguì. FitzMaugham schiacciò il bottone del "quattordici"; c'era un bar, a quel piano. Esitante, Walton schiacciò il "venti", coprendo il quadro indicatore con il braccio, in modo che il vecchio non potesse vedere la destinazione che lui aveva scelto. Mentre l'ascensore cominciava a scendere, FitzMaugham disse: — Ti è venuto a trovare il signor Prior, stamattina?

— Sì — disse Walton.

— Si tratta del poeta, vero? Quello del quale parlavi con tanta ammirazione?

— È esatto, signore — disse Walton rigidamente, sentendosi tradito.

— Prima era venuto a trovare me, ma io l'ho indirizzato nel tuo ufficio. Che cosa voleva?

Walton esitò.

— Lui… lui voleva che risparmiassero suo figlio dal Sonno Felice. Naturalmente, sono stato costretto a mandarlo via.

— Naturalmente — annuì FitzMaugham, con solennità. — Se facessimo anche una sola eccezione, anche una sola volta, l'intera impalcatura sulla quale poggia il nostro lavoro crollerebbe.

— Naturalmente, signore.

L'ascensore si fermò e la porta si aprì, rivelando un quadro indicatore lucido e pulito, sul quale apparivano delle lettere grandi e chiare:

PIANO 20

Eutanasìa: Clinica e Archivi


Walton aveva dimenticato lo stramaledetto quadro indicatore. Cominciò a pentirsi di essere sceso con il direttore. Adesso gli sembrava che i suoi piani fossero evidenti, che gli fossero scritti in viso.

Gli occhi del vecchio brillavano, divertiti: — Immagino che tu scenda qui — disse. — Spero che tu riesca a metterti al passo con il tuo lavoro presto, Roy. Dovresti realmente trascorrere qualche ora al giorno cercando di rilassarti. Lavoreresti meglio, e saresti più sicuro, te lo dico io.

— Tenterò, signore.

Walton uscì dall'ascensore e ricambiò il sorriso che FitzMaugham gli rivolse mentre la porta si chiudeva. Ma non appena fu nuovamente da solo, la sua mente cominciò a venire attraversata da un'orda di amari pensieri.

"Che razza di criminale in gamba sei! Hai già rivelato i tuoi piani, e tutto in pochi secondi! E accidenti a quel bel sorriso paterno. FitzMaugham sa! Deve sapere!"

Walton esitò, poi, bruscamente, prese una decisione definitiva. Respirò profondamente e camminò con passo deciso verso la grande sala nella quale venivano conservati gli archivi del programma di Eutanasia.

La sala era grande, grande come lo potevano essere le stanze a quei tempi… nove metri per sei, con strati e strati di banchi di memoria Donnerson accumulati su una parete, e un intero settore occupato da registrazioni microfilmate sull'altra parete. In sei settimane di vita Poppy aveva raccolto un'impressionante collezione di dati.

Mentre stava lì fermo, il computer continuava a brontolare e a chiacchierare tra sé, facendo lampeggiare brevemente le sue molte luci. Nuovi fatti si riversavano nei banchi di memoria. Probabilmente quel processo continuava di giorno e di notte senza un attimo d'interruzione. I cervelli elettronici, beati loro, non avevano alcun bisogno di dormire come gli esseri umani.

— Posso fare qualcosa… oh, è lei, signor Walton — disse un tecnico in camice bianco. Poppy dava lavoro a un piccolo esercito di tecnici, ciascuno dei quali pareva senza volto e senza personalità, ma che erano tutti pronti a rendersi utili, senza eccezioni di sorta. — Posso fare qualcosa per lei, signor Walton?

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