— Continua con questo buon lavoro — disse Walton. — Ce la faremo, forse. Se lo straniero non arriverà prima di un giorno o due… McLeod arriverà domani a Nairobi, non so a che ora. Io dovrò presentarmi di fronte alle Nazioni Unite domani, inoltre. Spero che quei ragazzi dell'ONU stiano a vedere le nostre belle immagini colorate, stasera.
Percy sorrise.
— Amico, ci puoi scommettere!
Walton si mise energicamente al lavoro. Ormai stava prendendo forma. C'erano sempre dei punti morti, certo, ma gli pareva che la forma stesse assumendo dei contorni sempre delineati, e che il bandolo della matassa ormai fosse in vista.
Controllò presso un direttore della Pubblica Ricreazione, e scoprì che ci sarebbe stato un consiglio di quartiere alla 382.ma Strada Ovest, alle diciotto e trenta di quella sera. Decise di partecipare, e ordinò una maschera sintetica, in modo che la sua identità non venisse svelata. L'aveva detto anche Fred che le maschere erano molto efficaci, come le costruivano in quei giorni.
Ventiquattro ore. In quel periodo i superiori di Fred si sarebbero preparati, presumibilmente, a distribuire al mondo il siero di Lamarre; presumibilmente, un essere extraterrestre sarebbe atterrato sulla Terra… e, nel frattempo, Walton si sarebbe presentato di fronte all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per fornire un resoconto completo del suo operato come direttore di Poppy.
L'intercom ronzò di nuovo.
— Sì? — disse Walton.
— Il signor O'Mealia dell'Osservatorio di Monte Palomar, che chiama di laggiù per parlare con lei, signore.
— Me lo passi — disse Walton, perplesso. Non sapeva che cosa avrebbe potuto desiderare da lui un astronomo, ma lo avrebbe scoperto presto.
O'Mealia era un individuo dal viso russo e dagli occhi profondi e penetranti.
Si presentò, affermando di essere un membro del personale ricercatore di Monte Palomar, e questo faceva di lui uno tra i migliori astronomi del mondo, se Walton conosceva bene quei pochi rudimenti di astronomia che aveva imparato tempo prima.
— Sono felice di essere finalmente riuscito a mettermi in contatto con lei — disse, parlando precipitosamente ma comprensibilmente. — È un'ora che cerco di chiamarla. Non è facile riuscire a parlare con lei.
Walton annuì.
— Purtroppo — disse. — In genere sono molto occupato, professor O'Mealia.
— Già — disse l'astronomo.
— Che cosa desiderava? — ripeté Walton, abbastanza incuriosito.
— Poco fa ho compiuto alcune osservazioni su Venere, sa, nelle prime ore del mattino si tratta di un compito di prammatica, e pensavo che la cosa avrebbe potuto interessarla, almeno ho creduto…
— Venere? — domandò Walton, con un brivido di anticipazione. — Di che si tratta?
— La coltre di nubi ha un aspetto terribilmente bizzarro, signor Walton, terribilmente bizzarro. Ha una luminosità insolita. Sembra addirittura in fiamme, e si muove in una maniera mai vista. Ho radunato tutto il personale dell'osservatorio, per discutere la faccenda, e da quanto abbiamo potuto vedere ci sembra che una reazione a catena atomica sia in corso nell'atmosfera di Venere. Credo che si tratti di quegli uomini che voi di Poppy avete mandato lassù, quelli del "terraforming". — Fece una pausa, e guardò con aria francamente preoccupata Walton, che si limitò a restituire quello sguardo, e ad ascoltare il resto della notizia. — Io penso che abbiano fatto saltare per aria tutto il pianeta!
17
Walton scese dal jetbus all'angolo tra Broadway e la 382.ma Ovest, si fermò un momento sotto un lampione stradale, e si toccò il mento, per controllare se la maschera era sistemata nella maniera giusta. Lo era.
Tre giovani stavano a oziare, con la schiena appoggiata al muro di un edificio vicino.
— Sapete dirmi dove si svolge il consiglio di quartiere? — domandò Walton.
— In fondo alla strada, poi a sinistra. Lei è un giornalista?
— Solo un cittadino interessato — spiegò Walton. — Grazie per l'informazione.
Era facile capire dove si teneva il consiglio di quartiere; Walton vide fiumane di uomini e donne dall'aria decisa entrare in un vecchio edificio massiccio proprio all'angolo della 382.ma Ovest. Si unì alla corrente e si ritrovò trascinato nel salone.
Nervosamente, cercò e trovò un posto. Il salone era vecchio, cupo e cavernoso, con file e file di vecchie sedie di legno duro e scomodo. Qualcuno stava regolando un microfono sul palco. Si udì un ronzio metallico lamentoso nel sistema degli altoparlanti.
— Prova. Prova, uno due tre.
— Va benissimo, Max! — gridò qualcuno, dal fondo. Walton non si voltò a guardare.
Un mormorio continuo, sommesso, veniva costantemente dalla folla. Erano solo le diciotto e quindici; la riunione non sarebbe cominciata che tra quindici minuti, ma il salone era strapieno, c'erano già più di mille abitanti del quartiere.