Eragon la ignorò. «Non può essere tutto così nero» disse, cercando di assumere un tono ottimista. Murtagh sbuffò beffardo e distolse lo sguardo. «Sono sicuro che loro non ti...» La sua frase venne interrotta dal rumore della porta che si apriva. Attraverso uno spiraglio largo una spanna, vennero spinte all'interno della sala due scodelle. Seguirono una pagnotta e un pezzo di carne cruda; poi la porta si richiuse con un tonfo.
«Finalmente!» borbottò Murtagh, avvicinandosi al cibo. Gettò la carne a Saphira, che la prese al volo con uno schiocco di denti e la ingoiò intera. Poi divise in due la pagnotta, ne diede metà a Eragon, prese la sua scodella e si ritirò in un angolo.
Mangiarono in silenzio. «Adesso ho voglia di dormire» annunciò Murtagh, posando la scodella senza dire altro.
«Buonanotte» disse Eragon. Si distese accanto a Saphira, le braccia sotto la testa. Lei gli cinse il corpo con il lungo collo, come un gatto che si acciambella, e posò la testa accanto alla sua. Distese una delle ali sopra di lui come una tenda azzurra, avviluppandolo nell'oscurità.
Buonanotte, piccolo mio.
Un lieve sorriso comparve sulle labbra di Eragon, anche se stava già dormendo.
LA GLORIA DI TRONJHEIM
E
ragon si svegliò di soprassalto: qualcuno gli grugniva nelle orecchie. Saphira dormiva ancora, ma i suoi occhi si muovevano sotto le palpebre e il suo labbro superiore tremava, come se volesse ringhiare. Sorrise, poi sussultò quando lei ringhiò di nuovo.
Mentre Eragon aggirava il corpo di Saphira, Murtagh si mosse. «Buongiorno» disse sottovoce, mettendosi a sedere.
«Da quanto sei sveglio?» sussurrò Eragon.
«Da un po'. Mi sorprende che Saphira non ti abbia svegliato prima.»
«Ero così stanco che avrei dormito anche nel cuore di una battaglia» disse Eragon con amara ironia. Si sedette accanto a Murtagh e appoggiò la testa al muro. «Sai che ore sono?»
«No. È impossibile capirlo, qui dentro.»
«Non è venuto nessuno?»
«Non ancora.»
Rimasero seduti senza muoversi né parlare. Eragon si sentiva stranamente legato a Murtagh.