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«Allora perché te ne andasti?»


Murtagh proruppe in una risata amara. «Fuggii, per meglio dire. Il giorno del mio diciottesimo compleanno, il re mi mandò a chiamare nei suoi appartamenti per una cena. L'invito mi sorprese, perché mi ero sempre tenuto in disparte dalla vita di corte e lo avevo incontrato di rado. Avevamo parlato qualche volta, ma sempre alla presenza degli altri nobili.


«Accettai l'invito, naturalmente, perché sapevo che sarebbe stato poco saggio rifiutare. La cena fu sontuosa, ma per tutto il tempo i suoi occhi neri non si staccarono da me. Il suo sguardo èra inquietante; sembrava che cercasse un segreto sul mio volto. Non sapevo come comportarmi e feci del mio meglio per imbastire una conversazione affabile, ma lui non voleva parlare, e così mi arresi. «Finita la cena, cominciò a parlare lui. Non hai mai sentito la sua voce, perciò mi è difficile farti capire quanto fosse affascinante, quanto le sue parole fossero intriganti. Era come un serpente che mi sussurrasse parole mielate nelle orecchie. Non ho mai sentito un uomo più convincente e impressionante. Mi descrisse una visione: l'immagine dell'Impero come avrebbe voluto che fosse. In tutto il paese sarebbero sorte splendide città, popolate dai più valorosi guerrieri, da artigiani, musicisti e filosofi. Gli Urgali sarebbero stati finalmente estirpati. E l'Impero si sarebbe espanso in ogni direzione fino a raggiungere i quattro angoli di Alagasëia. Pace e prosperità avrebbero regnato, ma la cosa davvero meravigliosa era la sua intenzione di riportare in auge i Cavalieri perché governassero con giustizia i suoi feudi.


«Lo ascoltai incantato per quelle che devono essere state ore intere. Quando ebbe finito gli chiesi come poteva restaurare l'ordine dei Cavalieri, dato che tutti sapevano che non erano rimaste uova di drago. Galbatorix si irrigidì e mi fissò, pensieroso. Per lunghi minuti rimase in silenzio, ma poi mi tese la mano e disse; "Figlio del mio amico, vuoi essere al mio fianco nel realizzare questo paradiso?"


«Sebbene conoscessi la storia di come lui e mio padre avevano assunto il potere, il sogno che aveva dipinto per me era troppo allettante, troppo seducente per ignorarlo. Mi sentii colmare di eccitazione per la missione, e gli diedi la mia, parola. Ovviamente compiaciuto. Galbatorix mi diede la sua benedizione e mi congedò dicendo; "Ti chiamerò quando arriverà il momento."


«Passarono parecchi mesi. Quando mi mandò a chiamare, sentii rinascere in me quell'ardore evocato dalla sua visione. Ci incontrammo da soli come la prima volta, ma quel giorno non lo trovai cordiale né affascinante. I Varden avevano appena distrutto tre delle sue brigate nel sud del paese, e la sua ira era esplosa. Mi incaricò con voce terribile di guidare un reparto di soldati e andare a distruggere Cantos, dove si sapeva che i ribelli avevano un nascondiglio. Quando gli chiesi che cosa dovevamo fare del popolo e come avremmo fatto a sapere se erano colpevoli, lui gridò: "Sono tutti traditori! Bruciateli sul rogo e seppellite le loro ceneri nel fango!" Continuò a inveire contro i suoi nemici, descrivendo come avrebbe bruciato le terre di chiunque lo avesse ostacolato. «Il suo tono era così diverso da quando lo avevo incontrato la prima volta; mi fece capire che non possedeva la pietà o la lungimiranza per guadagnarsi la lealtà dei sudditi, e che governava soltanto con la forza bruta guidata dalle sue passioni. Fu in quel momento che mi decisi a fuggire per sempre da lui e da Urù'baen.


«Non appena rimasi da solo, io e il mio fedele servitore. Tornac, ci preparammo a fuggire. Partimmo quella notte stessa, ma in qualche modo Galbatorix anticipò le mie mosse, perché trovammo dei soldati appostati fuori dai cancelli. La mia spada assaggiò tanto di quel sangue che la sua lama non rifletteva più la luce delle lanterne. Sconfiggemmo le guardie... ma Tornac rimase ucciso.


«Solo, col cuore gonfio di angoscia, mi rifugiai in casa di un vecchio amico. Restando nascosto, mi informavo su ogni diceria, nel tentativo di prevedere le azioni di Galbatorix e predisporre il mio futuro. Durante quel periodo, mi giunse voce che i Ra'zac erano stati mandati a catturare o uccidere qualcuno. Ricordando i piani dì Galbatorix per i Cavalieri, decisi di trovare e seguire i Ra'zac, nel caso che fossero riusciti a trovare un drago. Ed ecco come ti ho trovato... Adesso non ho più segreti.»


Ancora non sappiamo se dice la verità, mormorò Saphira.


Lo so, disse Eragon, ma perché dovrebbe mentirci?


Potrebbe essere pazzo.


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