Читаем Shadrach nella fornace полностью

— E poi, lo sai, il Progetto Talos diventerà molto più importante dopo la morte di Mangu. Tutto ciò che ha fatto finora la dottoressa Crowfoot era mirato a integrare la personalità del Presidente con le risposte neurali dalla mente e del corpo vivente di Mangu, e con questo ora hanno chiuso, tutto quell’approccio va scartato.

Shadrach ha del lavoro di Nikki una conoscenza abbastanza ravvicinata da sapere che non è letteralmente così; a quanto pare Mangu era effettivamente il modello di riferimento rispetto al quale il programma di codifica della personalità veniva elaborato, ma non c’era niente di inevitabile nell’uso di Mangu; con le modifiche del caso si può velocemente riadattare il progetto al corpo di qualche altro donatore. Ma non c’è bisogno di dire questo a Lindman, se lei vuole pensare che il proprio progetto, marginale fino a ora, è diventato improvvisamente la speranza di sopravvivenza fondamentale di Gengis Mao. Negli ultimi due minuti si è sforzata visibilmente di essere meno intimidatoria, meno tagliente, e lui la preferisce così; non farà niente che possa rimetterla sulla difensiva, incoraggiare nuova tensione.

A dire il vero, l’umore le è tanto migliorato che Lindman pare quasi civettare. Chiacchierando con voce acuta, da ragazza, in un modo che proprio non è da Katya, lo guida in un giro frenetico e gratuito del laboratorio, mostrandogli diagrammi di circuiti, scatole di chip di memoria, prototipi per il bacino e la colonna vertebrale del prossimo modello di Gengis Mao, e altri pezzi del Progetto Talos che in questo momento non rivestono alcuna importanza immaginabile; e Shadrach si rende conto, dopo un po’, che il suo unico motivo per fare tutto questo è trattenerlo, avere la sua compagnia ancora per qualche minuto. È perplesso. Il comportamento normale di Lindman è aggressivo e perentorio, ma ora è dolce, flirta, si avvicina a lui in maniera poco sottile, si respirano vicini e si guardano molto negli occhi, apertamente, lei anzi gli appoggia il seno contro il gomito mentre sono in piedi davanti a un tavolo, vicini, e frugano tra un ammasso di tabelle e schemi. Forse Lindman pensa che roba del genere lo spingerà a sbuffare, sudare, scalpitare strisciando gli zoccoli contro il terreno, che lo spingerà a lanciarsi contro il corpo fremente di lei? Shadrach non ha idea di cosa lei stia pensando. Ben raramente ne ha un’idea. E non lo scoprirà ora, perché qualunque cosa sia che lei sta organizzando, viene troncata bruscamente da un cigolante bip del telefono portatile di Shadrach, che l’ha localizzato attraverso l’edificio. Shadrach lo attiva. È Avogadro che lo sta cercando.

— Può venire al Vettore di Sicurezza Uno, dottore?

— Subito?

— Se non le spiace.

— Cosa succede?

— Stiamo interrogando Buckmaster. È saltato fuori il suo nome.

— Ah. Ah. Sono indiziato anch’io, ora?

— Non direi proprio. È un testimone, forse. Ce la fa a essere qui in cinque minuti?

Shadrach guarda Katya, che è rossa in volto, eccitata.

— Devo andare, ora — dice. — Avogadro. Qualcosa che ha a che fare con l’indagine su Mangu. Sembra urgente.

La faccia di lei si incupisce. Stringe le labbra. Ma gli dice solo che spera di rivederlo presto, e, nascondendo la delusione dietro una maschera di distacco, lo lascia andare. Uscendo dal laboratorio Shadrach sente l’intero corpo espandersi, come se fosse rimasto sottoposto a una grande pressione mentre erano insieme.

Il Vettore di Sicurezza Uno è al sessantaquattresimo piano. Mordecai non ha mai avuto occasione di visitarlo, e non ha idea di cosa aspettarsi, tranne che gli ammennicoli standard da polizia: lenti d’ingrandimento e tamponi per impronte digitali in ogni angolo, senza dubbio, foto di noti sovversivi affisse a pannelli messi insieme alla bell’e meglio, pile di dossier e bobine trascritte, file intere di terminali e dispositivi in fibra ottica… tutto quel che degli investigatori usano, probabilmente, per proteggere le persone fisiche di Gengis Mao e dei membri del CRP. Forse cose del genere ci sono davvero, ma Shadrach non ne vede traccia. Un giovane felino, dalla voce suadente, orientale ma troppo mellifluo per essere un mongolo, probabilmente un cinese, lo accoglie all’ingresso e lo guida per un labirinto di corridoi dalle pareti spoglie, al di là di una congerie di uffici angusti in cui burocrati dall’aria stanca sono seduti alle loro scrivanie coperte di carte. Questo posto potrebbe essere la sede centrale di una società di assicurazioni, di una banca, di un’agenzia di brokers. Solo una volta entrato nella cella riservata agli interrogatori, dove Avogadro e Buckmaster lo aspettano, sente con chiarezza di trovarsi nella tana dei tutori dell’ordine.

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