Stava imparando, inoltre, a imbrigliare le forze della natura; domando il fuoco, aveva gettato le basi della tecnica, e si era lasciato molto indietro le proprie origini animalesche. La pietra fu sostituita dal bronzo, e poi dal ferro. Alla caccia seguì l’agricoltura. La tribù divenne il villaggio, il villaggio la cittadina. La parola diventò eterna, grazie a certi segni sulla pietra, sull’argilla e sul papiro. Dopo non molto tempo, l’uomo inventò la filosofia e la religione. E popolò il cielo, non del tutto a torto, di dèi.
Mentre il suo corpo diventava sempre più indifeso, i suoi mezzi di offesa si facevano sempre più spaventosi. Con la pietra e il bronzo e il ferro e l’acciaio aveva percorso la gamma di tutto ciò che poteva penetrare e tagliare, e molto presto era riuscito a imparare il modo di abbattere le sue vittime da lontano. La lancia, l’arco, l’arma da fuoco e infine il missile teleguidato gli avevano dato armi di portata infinita e di una quasi infinita potenza.
Senza queste armi, anche se le utilizzò non di rado contro se stesso, l’uomo non avrebbe mai conquistato il proprio mondo. In esse aveva posto il cuore e l’anima, e per epoche intere ne era stato servito bene.
Ma ora, finché esistevano, egli viveva un tempo preso a prestito.
PARTE II
TMA-1
7. VOLO SPECIALE
Per quante volte si potesse abbandonare la Terra, pensò il dottor Heywood Floyd, l’orgasmo non si placava mai del tutto. Egli era stato una volta su Marte, tre volte sulla Luna, e più volte di quante riuscisse a ricordare sulle diverse basi spaziali. Eppure, mentre il momento del lancio si avvicinava, fu conscio di una tensione crescente, di una sensazione di portento e di timore reverenziale e, sì, anche di nervosismo, alla maniera di qualsiasi novellino sul punto di ricevere il battesimo dello spazio.
L’aviogetto lo aveva portato fulmineamente sin lì da Washington, dopo le istruzioni impartitegli a mezzanotte dal Presidente, e stava ora scendendo verso uno dei paesaggi più familiari e al contempo più entusiasmanti del mondo. Là, su trentadue chilometri della costa della Florida, si stendevano i risultati delle prime due generazioni dell’era spaziale. A Sud, delineate da ammiccanti luci rosse di avvertimento, si ergevano le gigantesche torri di lancio dei razzi di Saturno e Nettuno, che avevano posto gli uomini in traiettoria per i pianeti e che erano ormai passate alla storia. In prossimità dell’orizzonte, lucente torre argentea illuminata da riflettori, si levava l’ultimo dei Saturno V, da quasi vent’anni monumento nazionale e meta di pellegrinaggi. Non lontano, profilata contro il cielo come una montagna creata dall’uomo, c’era la mole incredibile dell’Edificio Montaggio Veicoli, tuttora la più grande struttura esistente al mondo.
Ma queste cose appartenevano ormai al passato ed egli stava volando verso il futuro. Mentre si inclinavano in virata, il dottor Floyd poté vedere sotto di sé un labirinto di edifici, quindi una grande pista di atterraggio, poi una larga, rettilinea cicatrice, sul piatto paesaggio della Florida… le rotaie multiple di una gigantesca rampa di lancio. All’estremità di quest’ultima, circondato da veicoli e da incastellature, si trovava un aereo spaziale scintillante in una pozza di luce, mentre fervevano i preparativi per il suo balzo tra le stelle. Per un improvviso venir meno del senso della prospettiva, causato dalle rapide variazioni di velocità e di quota, parve a Floyd di guardare una piccola falena argentea, illuminata dal fascio di luce d’una lampadina tascabile.
Poi le minuscole sagome che si affrettavano qua e là al suolo gli fecero capire quali fossero le dimensioni reali della nave spaziale. Da un’estremità all’altra della stretta V delle ali doveva essere larga sessanta metri. E quell’enorme veicolo, si disse Floyd con una certa incredulità, ma anche con orgoglio, sta aspettando me. A quanto gli risultava, era la prima volta che si organizzava un’intera missione per portare un solo uomo sulla Luna.
Sebbene fossero le due del mattino, un gruppo di giornalisti e di operatori cinematografici lo fermò mentre si dirigeva verso la nave spaziale Orione III illuminata dai riflettori. Ne conosceva di vista parecchi perché, come presidente del Consiglio nazionale dell’astronautica, la conferenza stampa faceva parte del suo sistema di vita. Non erano quelli né il momento né il luogo per una conferenza stampa, né egli aveva qualcosa da dire; ma era importante non offendere i signori dei moderni mezzi di comunicazione.
«Il dottor Floyd? Sono Jim Forster dell’Associated News. Potrebbe dirci qualche parola su questo suo volo?»
«Sono spiacentissimo… non posso dir nulla.»
«Ma si è incontrato con il Presidente nelle prime ore di ieri sera?» domandò una voce familiare.
«Oh… salve, Mike. Ho paura che l’abbiano tirata giù dal letto per niente. Decisamente “no comment”.»