Soltanto quando l’astronave si trovò ad appena ottantamila chilometri di distanza, e quando Giapeto era due volte più grande della familiare Luna della Terra, egli notò il minuscolo puntino nero al centro esatto dell’ellissi.
Ma mancò il tempo, allora, per ogni esame particolareggiato; doveva ormai occuparsi delle manovre terminali.
Per l’ultima volta, il motore principale della Discovery liberò le proprie energie. Per l’ultima volta la furia incandescente di atomi morenti avvampò tra le lune di Saturno. In David Bowman, il lontano bisbiglio e la crescente spinta dei getti causò una sensazione d’orgoglio… e di tristezza. I superbi motori avevano compiuto il loro dovere con impeccabile efficienza. Erano riusciti a portare l’astronave dalla Terra a Giove e a Saturno; questa era ormai l’ultimissima volta in cui avrebbero funzionato. Una volta che la Discovery avesse vuotato i serbatoi di propellente, sarebbe stata indifesa e inerte come ogni cometa e ogni asteroide, prigioniera senza scampo della gravitazione. Anche quando l’astronave di soccorso fosse arrivata, di lì ad alcuni anni, non sarebbe stato economico rifornirla, in modo che potesse tornare sulla Terra. Sarebbe rimasta un monumento eternamente in orbita, destinato a ricordare i primi tempi delle esplorazioni planetarie.
Le migliaia di chilometri si ridussero a centinaia, e nel frattempo gli indicatori del propellente discesero rapidamente verso lo zero. Al quadro di comando, gli occhi di Bowman scattavano ansiosi dall’uno all’altro strumento, e osservavano le carte improvvisate che egli doveva ora consultare prima di ogni tempestiva decisione. Sarebbe stata una delusione spaventosa se, dopo essere sopravvissuto a tanti pericoli, non fosse riuscito ad arrivare al rendezvous per mancanza di pochi chilogrammi di propellente…
Il sibilo dei getti si spense e la spinta principale cessò, mentre soltanto i getti direzionali continuavano a spingere dolcemente la Discovery in orbita. Giapeto era ormai una falce gigantesca che colmava il cielo; fino a quel momento, Bowman l’aveva giudicato un minuscolo e insignificante oggetto celeste, come effettivamente era in confronto al mondo intorno al quale ruotava. Adesso, mentre campeggiava minacciosamente sopra di lui, sembrava enorme… un maglio cosmico pronto a schiacciare la Discovery come un guscio di noce.
Giapeto si stava avvicinando così adagio che quasi non sembrava muoversi, e fu impossibile stabilire il momento esatto in cui si determinò il mutamento sottile da un corpo celeste a un paesaggio, situato a ottanta chilometri appena sotto di lui. I fedeli getti direzionali emisero le ultime spinte, poi cessarono per sempre di funzionare. L’astronave si trovava nella sua orbita finale e completava una rivoluzione ogni tre ore, alla velocità di appena milleduecentottanta chilometri all’ora… non occorreva di più in quel debole campo gravitazionale.
La Discovery era divenuta il satellite di un satellite.
36. FRATELLO MAGGIORE
«Sto girando di nuovo intorno al lato illuminato dalla luce del giorno, e tutto è come ho riferito durante l’ultima orbita. In questo luogo sembrano esservi due soli tipi di materiale di superficie. Il materiale nero appare bruciato, quasi come carbone, e ha lo stesso genere di struttura, a quanto posso vedere attraverso il telescopio. In effetti, mi ricorda moltissimo il pane abbrustolito…
«Ancora non riesco ad avere un’idea chiara della zona bianca. Incomincia con un margine assolutamente netto, e non rivela alcun particolare superficiale. Potrebbe anche trattarsi di un liquido… è abbastanza piatta. Non so quale impressione abbiate potuto ricavare dalle immagini video che vi ho trasmesso, ma, se vi raffigurate un mare di latte congelato, ve ne farete un’idea precisa.
«Potrebbe anche essere qualche gas pesante… no, penso che questo sia impossibile. A volte ho l’impressione che si stia muovendo, molto adagio; ma non posso averne la certezza…
«… Mi trovo di nuovo sulla zona bianca, durante la terza orbita. Questa volta spero di passare più vicino al segno che avevo individuato proprio nel centro, mentre mi stavo avvicinando. Se i miei calcoli sono esatti, dovrei passare a ottanta chilometri di distanza da esso… di qualunque cosa si tratti.
«… Sì, c’è qualcosa davanti a me, precisamente dove avevo calcolato. Sta salendo all’orizzonte, proprio come Saturno, nello stesso settore di cielo… Passerò adesso al telescopio.
«Pronto! Sembra una sorta di edificio… completamente nero… difficile a vedersi. Non vi sono finestre, né altri particolari visibili. È soltanto un enorme lastrone verticale… deve avere un’altezza di almeno milleseicento metri, per essere visibile da questa distanza. Mi ricorda… ma sì, certo! È identico all’oggetto che voi trovaste sulla Luna! È il fratello maggiore del TMA-1!»
37. ESPERIMENTO
Chiamiamolo la Porta delle Stelle.