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La guardai di nuovo. Lizzie. Era bella. Tanto gentile da offrire aiuto a uno scorbutico forestiero che doveva sembrarle fuori di testa. Perché non poteva essere lei? Perché tutto doveva essere così follemente complicato? Una ragazza simpatica, carina, e anche divertente. Perché no?

«Gran bella macchina», disse. «È davvero un peccato che non ne facciano più. Voglio dire, anche la linea della Vantage è meravigliosa, ma la Vanquish ha un non so che...».

Una bella ragazza che conosceva le auto. Wow. La fissai più intensamente, nella speranza di far scattare il meccanismo. Dai, Jake, fatti venire quest’imprinting, adesso.

«Com’è guidarla?», chiese.

«Non lo immagini neanche», risposi.

Fece di nuovo quel sorriso a una fossetta. Si vedeva che era contenta di avermi strappato l’ombra di una risposta civile e io ricambiai, riluttante. Ma la fossetta non poté niente contro le lame affilate che strisciavano sul mio corpo. Per quanto lo desiderassi, la mia vita non era destinata a risolversi così.

Il riparo verso cui correva Leah non faceva per me. Non ero in grado di innamorarmi come una persona normale. Non mentre il mio cuore sanguinava ancora per un’altra. Forse se fossero già passati dieci anni, con il cuore di Bella fermo da un pezzo, e io avessi attraversato il lutto uscendone tutto intero, forse in quel caso avrei potuto offrire a Lizzie un giro sulla mia auto veloce, parlare di marche e modelli, scoprire qualcosa di lei e capire se magari mi piaceva come persona. Ma niente di tutto ciò poteva accadere in quel momento.

Nessuna magia mi avrebbe salvato. Dovevo sopportare la tortura da uomo. Zitto e soffri.

Lizzie se ne restava lì, in attesa che le offrissi un giro, forse. O forse no.

«Meglio che la riporti al tizio che me l’ha prestata», mugugnai.

Sorrise di nuovo. «Bravo, hai deciso di comportarti bene».

«Sì, mi hai convinto».

Mi guardò entrare in macchina, ancora un po’ preoccupata. Probabilmente le sembravo pronto a buttarmi da una scogliera. Cosa che avrei anche fatto, se solo avesse funzionato per un licantropo. Accennò un saluto con la mano mentre seguiva con gli occhi la scia che lasciavo.

All’inizio guidai in modo più tranquillo che all’andata. Non avevo fretta. Non volevo andare dove stavo andando. Tornare in quella casa, in quella foresta. Tornare alla sofferenza da cui ero scappato. Tornare a sentirmi assolutamente solo con quel dolore.

Okay, così era un po’ melodrammatico. Non sarei stato del tutto solo, ma la situazione era comunque negativa. A Leah e Seth toccava soffrire con me. Per fortuna Seth non avrebbe dovuto soffrire a lungo. Il moccioso non meritava di vedersi rovinare la tranquillità. Leah nemmeno, ma almeno lei avrebbe capito. Il dolore non era una novità, per Leah.

Feci un grosso sospiro pensando a ciò che Leah voleva da me, perché ora sapevo che l’avrebbe ottenuto. Ero ancora incazzato con lei, ma anche cosciente che potevo semplificarle la vita. E adesso che ci conoscevamo meglio, ero certo che lei avrebbe fatto altrettanto per me, a parti invertite.

A conti fatti sarebbe stato interessante e decisamente strano ritrovarsi Leah come compagna, nel senso di amica. Avremmo dovuto imparare a metterci nei panni l’uno dell’altra, poco ma sicuro. Non mi avrebbe permesso di crogiolarmi nel dolore, il che mi andava più che bene. Mi serviva qualcuno che mi desse un bel calcio nel sedere di tanto in tanto. E in fondo, lei era davvero l’unica amica che avesse la possibilità di capire cosa stavo passando.

Pensai alla caccia della mattina e a quanto le nostre menti si fossero per un attimo avvicinate. Non era stato male. Diverso, sì. Un po’ spinoso e imbarazzante. Ma anche carino in un modo assurdo.

Non ero costretto a rimanere solo.

E sapevo che Leah era abbastanza forte da affrontare con me i mesi che ci aspettavano. Mesi e anni. Il solo pensiero mi stancava. Mi sentivo come di fronte a un oceano che dovevo percorrere a nuoto da costa a costa, prima di potermi riposare.

Così tanto tempo e così poco, prima che tutto ciò avesse inizio. Prima di scaraventarmi in quell’oceano. Ancora tre giorni e mezzo e io lì, a sprecare il poco tempo che avevo.

Tornai a pestare sull’acceleratore.

Mentre correvo verso Forks vidi Sam e Jared, ciascuno su un lato della strada, a mo’ di sentinelle. Erano ben nascosti dietro ai rami robusti, ma me li aspettavo e sapevo cosa cercare. Li salutai con un cenno quando passai davanti ai due, fregandomene di chiedermi che ne pensassero della mia gita.

Salutai anche Leah e Seth mentre imboccavo lo sterrato di casa Cullen. Iniziava a farsi buio e, nonostante le dense nuvole su quel lato dello stretto, vidi i loro occhi scintillare al bagliore dei fanali. Avrei spiegato tutto dopo. Tempo ce n’era, altroché.

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