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Le soffiai altra aria in bocca, ma non c’era più niente. Unica reazione, il gonfiarsi inerte del suo petto. Continuai a premere sul cuore, contando, mentre Edward, come un forsennato, si dava da fare per rimetterla in sesto. Ma era peggio di Humpty Dumpty caduto dal muro...

Non c’era più niente; solo io, solo lui.

Ad accanirci su un cadavere.

Tutto ciò che rimaneva della ragazza che avevamo amato. Quel cadavere spezzato, dissanguato, martoriato. Non potevamo ricomporre Bella.

Sapevo che era troppo tardi. Sapevo che era morta. Ne ero sicuro perché la sua attrazione era sparita. Non sentivo più alcuna ragione per rimanere lì accanto a lei. Lei non c’era più. Per me quel corpo non esercitava alcuna attrazione. Il bisogno irragionevole di esserle accanto era svanito.

O meglio, si era spostato. Come se l’attrazione venisse dalla parte opposta. Dalla porta, oltre le scale. La brama di scappare e non tornare più, mai più, in quel posto.

«E allora vattene», sbottò Edward spingendo di nuovo via la mia mano, questa volta per prendere il mio posto.

Tre dita rotte, almeno. Me le raddrizzai inebetito, senza pensare al sussulto provocato dal dolore.

Premette sul suo cuore morto ancora più veloce di me.

«Non è morta», ringhiò. «Si riprenderà».

Non ero sicuro che stesse parlando a me, ormai.

Voltai le spalle, lo lasciai con la sua morta e mi diressi lentamente verso l’uscita. Più che lentamente. Quasi non riuscivo a muovere i piedi.

Eccolo arrivato, l’oceano di dolore. L’altra riva così lontana, oltre quella massa d’acqua ribollente, che non potevo neanche immaginarla, ancor meno vederla.

Ancora una volta, smarrito il mio obiettivo mi sentivo vuoto. Salvare Bella era stata la mia battaglia per tanto tempo. E avevo fallito. Aveva deciso di sacrificarsi e di lasciarsi fare a pezzi dalla figlia del mostro. La battaglia era persa. Era tutto finito.

Rabbrividii al suono che mi lasciavo alle spalle, mentre arrancavo lungo le scale. Il suono di un cuore morto costretto a pulsare.

Magari avessi potuto riempirmi la testa di candeggina e friggermi il cervello. Bruciare le immagini degli ultimi minuti di Bella. Mi sarei tenuto un danno cerebrale pur di liberarmene: le urla, il sangue, lo schiocco insopportabile mentre il mostro neonato la faceva a pezzi dall’interno...

Volevo correre via, scendere gli scalini dieci alla volta e volare fuori dalla porta, ma i miei piedi erano pesanti come il ferro e il mio corpo più stanco che mai. Mi trascinai lungo le scale come un vecchio storpio.

Mi fermai sull’ultimo gradino, cercando di raccogliere le forze per uscire di lì.

Rosalie era seduta sulla parte pulita del divano, di spalle, e mormorava smancerie alla cosa fra le sue braccia, avvolta in una copertina. Doveva avermi sentito, ma m’ignorò, presa da quel momento di maternità rubata. Forse era finalmente felice. Aveva ciò che voleva e Bella non sarebbe mai tornata a riprendersi la creatura. Chissà se per tutto quel tempo la perfida bionda non ci aveva sperato.

Teneva qualcosa di scuro fra le mani e udii un succhiare ghiotto provenire dalla minuscola assassina fra le sue braccia.

Il profumo del sangue era nell’aria. Sangue umano. Rosalie le stava dando da mangiare. Ovviamente la creatura aveva bisogno di sangue. Di cos’altro poteva nutrirsi una specie di mostro che aveva brutalmente mutilato la sua stessa madre? Avrebbe bevuto persino il sangue di Bella. Forse lo stava già bevendo.

Le forze mi tornarono mentre ascoltavo il suono del piccolo boia che mangiava.

La forza, l’odio e il calore... calore rosso che divampava nella mia testa, infiammava tutto senza cancellare niente. Le immagini nella mia mente erano come combustibile: scatenavano l’inferno ma non volevano consumarsi. Sentii un tremore scuotermi dalla testa ai piedi e non provai a bloccarlo.

Totalmente assorbita dalla creatura, Rosalie non mi prestava la minima attenzione. Distratta com’era, non poteva fare in tempo a fermarmi.

Sam aveva ragione. La creatura era un’aberrazione, un’esistenza contronatura. Un demone nero, senz’anima. Qualcosa che non aveva il diritto di vivere.

Qualcosa che andava distrutto.

A quanto pareva, l’attrazione non veniva dall’esterno. La sentivo ancora e m’incoraggiava a farmi avanti. Mi spingeva a farla finita, a purificare il mondo da quell’abominio.

Rosalie avrebbe provato a uccidermi se la creatura fosse morta, ma mi sarei difeso. Non ero sicuro di finirla prima che arrivassero gli altri. Forse sì, forse no. Ma non m’importava.

Non m’importava se i lupi, l’uno o l’altro branco, avrebbero preso posizione, vendicando me o approvando la giustizia dei Cullen. Non m’interessava niente di tutto ciò. L’unica cosa che m’interessava era la mia giustizia. La mia vendetta. La creatura che aveva ucciso Bella non sarebbe vissuta un minuto di più.

Se Bella fosse sopravvissuta, mi avrebbe odiato a morte. Avrebbe desiderato uccidermi con le sue mani.

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