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Renesmee non piangeva, ma faceva dei respiri veloci, spaventati. Aveva gli occhi aperti, l’espressione così sconcertata che era quasi divertente. La testa piccola, perfettamente rotonda, era coperta da uno spesso strato di riccioli arruffati e insanguinati. Le iridi erano di un colore familiare ma sorprendente: marrone cioccolato. Sotto il sangue, la pelle era chiara, avorio e crema. Tranne che sulle guance, infiammate di colore.

Il suo viso minuto era così perfetto da lasciarmi senza fiato. Era ancora più bella di suo padre. Incredibile. Impossibile.

«Renes...mee», sussurrai. «Sei... bellissima».

Quel visetto incredibile sorrise all’improvviso: un sorriso ampio, consapevole. Dietro le sue labbra color rosa perla c’era un intero corredo di denti da latte bianchissimi.

Appoggiò la testa in giù, contro il mio petto, rannicchiandosi al tepore. La sua pelle era calda e setosa, ma non aveva la stessa consistenza della mia.

Poi tornò il dolore. Una calda sferzata di dolore. Rantolai.

E lei non c’era più. La mia bambina dal viso d’angelo era sparita. Non potevo vederla né sentirla.

No! Avrei voluto gridare. Ridatemela!

Ma ero troppo debole. Le braccia per un attimo mi sembrarono tubi di gomma vuoti, poi fu come se non ci fossero. Non le sentivo più. Non mi sentivo più.

L’oscurità irruppe nei miei occhi più profonda di prima. Come una benda spessa, salda e stretta. Non mi copriva solo gli occhi ma tutta me stessa, con un peso insostenibile. Spingerla via era estenuante. Sapevo che sarebbe stato molto più semplice lasciar perdere. Permettere alle tenebre di risucchiarmi giù, giù, giù fino a un luogo in cui non c’erano più dolore né stanchezza, né pena né paura.

Fosse stato per me, non sarei riuscita a lottare molto a lungo. Ero solo umana, e umana era la mia forza. Da troppo tempo, come aveva detto Jacob, cercavo di tenere il passo del soprannaturale.

Ma non si trattava solo di me.

Se avessi scelto la via più semplice, se avessi permesso a quel nulla nero di cancellarmi, li avrei distrutti tutti.

Edward. Edward. La mia vita e la sua erano due fili intrecciati. Tagliane uno e li recidi entrambi. Se lui fosse scomparso, non sarei stata capace di sopravvivergli. E se fossi scomparsa io, neanche lui sarebbe sopravvissuto. Un mondo senza Edward mi sembrava completamente privo di senso. Edward doveva esserci.

Jacob che mi aveva detto addio mille volte, ma tornava sempre quando avevo bisogno di lui. Jacob che avevo ferito spesso, quasi con accanimento. Potevo ferirlo di nuovo, nel peggiore dei modi? Mi era rimasto accanto nonostante tutto. L’unica cosa che chiedeva, ora, era che restassi io accanto a lui.

Ma era così buio, non potevo vedere i loro volti. Niente sembrava reale. Era difficile non mollare.

Continuai a spingere contro quel nero, una reazione quasi automatica. Non tentavo di sollevarlo. Stavo solo resistendo per non permettergli di schiacciarmi completamente. Non ero Atlante e quell’oscurità pesava come un pianeta: non potevo reggerla sulle spalle. L’unica possibilità che avevo era di non lasciarmi annullare del tutto.

Era quasi una costante della mia vita. Non ero mai stata abbastanza forte da affrontare le cose fuori dal mio controllo, come attaccare i nemici o sovrastarli. Oppure evitare il dolore. Sempre umana e debole, l’unica cosa alla mia portata era la capacità di andare avanti. Resistere. Sopravvivere.

Fino a quel momento era servita e me la sarei fatta bastare ancora. Avrei resistito finché non fosse arrivato un aiuto.

Sapevo che Edward avrebbe fatto tutto ciò che poteva. Non avrebbe mai gettato la spugna. E neanche io.

Per un pelo, tenevo a bada l’oscurità della non-esistenza.

Ma la determinazione non era sufficiente. Mentre il tempo passava e le tenebre guadagnavano spazio, un millimetro alla volta, avevo bisogno di qualcos’altro da cui trarre forza.

Non riuscivo neanche a visualizzare il volto di Edward. Né quello di Jacob, di Alice, Rosalie, Charlie, Renée, Carlisle, o Esme... niente.

Ne fui terrorizzata e mi chiesi se non fosse troppo tardi.

Mi sentii scivolare. Non c’era più niente a cui aggrapparsi.

No! Dovevo sopravvivere. Edward contava su di me. Jacob. Charlie Alice Rosalie Carlisle Renée Esme...

Renesmee.

E all’improvviso, sebbene non vedessi niente, riuscii a sentire qualcosa. Come fossero arti fantasma, immaginai di sentire di nuovo le mie braccia. E fra loro, qualcosa di piccolo e duro, e molto, molto caldo.

La mia bambina. La mia piccola brontolona.

Ce l’avevo fatta. Contro ogni pronostico ero stata abbastanza forte da sopravvivere a Renesmee, ad aggrapparmi a lei fintanto che non era stata abbastanza forte da sopravvivere senza di me.

Quel punto caldo fra le mie braccia fantasma era così reale. Lo strinsi più forte, esattamente sul mio cuore. Stretta al caldo ricordo di mia figlia, sapevo che sarei stata in grado di combattere le tenebre per il tempo necessario.

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