Sentivo di riprendere il controllo sul mio corpo un passo alla volta, e ogni passo era il segno che il tempo si riattivava. Mi accorsi che ero in grado di contrarre le dita dei piedi e di stringere i pugni. Ne ero consapevole ma non volli farlo.
L’intensità del fuoco non diminuì di un solo grado. Tuttavia, iniziai a percepirlo diversamente, con una sensibilità nuova che analizzava una per una le fiamme urticanti che mi riempivano le vene. E malgrado tutto, capii che potevo ricominciare a pensare.
Ricordavo
Questo accadde appena in tempo perché mi ci potessi aggrappare quando i pesi abbandonarono il mio corpo. Nessuno, dall’esterno, si sarebbe accorto del cambiamento. Ma per me che lottavo per trattenere le grida e i colpi chiusi nel mio corpo, dove non potevano far male a nessuno, era come passare dall’essere
Ero forte quel tanto che bastava per restare immobile a incenerirmi viva.
Il mio udito si fece sempre più acuto: riuscivo a contare i battiti frenetici e accelerati del mio cuore che segnavano il tempo.
I respiri corti che tossivo fra i denti.
E quelli bassi, regolari, che venivano da qualcun altro al mio fianco. Erano più lenti e mi concentrai su di essi. Tramite loro, scandivo una quantità maggiore di tempo. Meglio di un pendolo, quei respiri mi spinsero, un secondo infuocato dopo l’altro, verso la fine.
Divenni sempre più forte, con i pensieri più chiari. Riuscivo a udire ogni nuovo rumore.
Ci furono passi leggeri, il mormorio e lo spostamento d’aria di una porta che si apriva. I passi si fecero più vicini e sentii una pressione nell’incavo del polso. Non avvertii il gelo delle mani. Il fuoco aveva cancellato ogni mia memoria del freddo.
«Nessun cambiamento?».
«No».
Una pressione più leggera, un respiro contro la pelle urticata.
«L’odore della morfina non c’è più».
«Infatti».
«Bella? Mi senti?».
Sapevo, fuori di ogni dubbio, che se avessi aperto la bocca avrei perso completamente il controllo. Avrei urlato, gridato, mi sarei agitata e contorta. Se avessi aperto gli occhi, se avessi piegato anche solo un dito... qualunque movimento avrebbe significato perdere il controllo.
«Bella? Bella, amore? Riesci ad aprire gli occhi? A stringermi la mano?».
Una pressione sulle mie dita. Fu terribile non rispondere a quella voce, ma rimasi paralizzata. Sapevo che il dolore nella sua voce non era niente rispetto a quello che
«Forse... Carlisle, forse ho agito troppo tardi». La sua voce era smorzata; si ruppe sulla parola
Il mio proposito vacillò per un secondo.
«Ascolta il suo cuore, Edward. È più forte persino di quello di Emmett. Non ho mai sentito niente di così vitale. Starà benissimo».
Sì, meglio rimanere in silenzio. C’era Carlisle a rassicurarlo. Non aveva bisogno di soffrire con me.
«E... la schiena?».
«Le lesioni non erano tanto peggiori di quelle di Esme. Il veleno la guarirà come ha fatto con lei».
«Ma è così rigida. Devo aver fatto qualcosa di sbagliato».
«O qualcosa di giusto, Edward. Figlio mio, hai fatto tutto ciò che avrei fatto io, e anche di più. Non sono sicuro che avrei avuto altrettanta determinazione, né la fede che c’è voluta per salvarla. Smettila di rimproverarti. Bella ce la farà».
Un respiro strozzato. «Dev’essere in agonia».
«Non lo sappiamo. Nel suo organismo è circolata tanta morfina. Non sappiamo l’effetto che può aver avuto in questa circostanza».
Una debole pressione all’interno del mio gomito. Un altro sussurro. «Bella, ti amo. Bella, perdonami».
Avrei voluto rispondergli, ma non era giusto rendere il suo dolore ancora più profondo. Non finché avessi avuto la forza di rimanere ferma.
Il fuoco torturatore continuava a bruciarmi. Ma ora nella mia testa c’era molto spazio. Spazio per misurare le loro parole, per ricordare cos’era successo, per guardare al futuro, e ancora altro spazio infinito per soffrire.
E preoccuparmi.
Dov’era la mia bambina? Perché non era lì? Perché non parlavano di lei?
«No, rimango qui», sussurrò Edward, rispondendo a un pensiero silenzioso. «Troveranno un compromesso».
«Situazione interessante», rispose Carlisle. «E io che pensavo di aver già visto tutto».
«Ci penserò poi. Ci penseremo
«Siamo in cinque, sono sicuro che eviteremo che si trasformi in uno spargimento di sangue».
Edward sospirò. «Non so da che parte schierarmi. Mi piacerebbe prendere a calci entrambi. Be’, per ora lasciamo perdere».
«Chissà cosa ne penserà Bella», disse Carlisle fra sé.
Una risatina bassa, sforzata. «Sono sicuro che mi sorprenderà. Come sempre».