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Era bellissimo, adorabile, proprio come lo aveva descritto Carlisle. Ancora piccolo, il bambino aveva al massimo due anni. Riccioli castano chiaro ne incorniciavano il viso da cherubino, le guance tonde e le labbra piene. E tremava a occhi chiusi, come fosse troppo spaventato per vedere la morte che, un secondo dopo l’altro, gli si avvicinava.

M’invase il bisogno urgente di salvare il bimbo incantevole e terrorizzato, tanto che ignorai persino la presenza e la minaccia devastante dei Volturi. Sgattaiolai fra loro senza preoccuparmi che percepissero la mia presenza. Passata oltre, scattai verso il bambino.

Poi mi fermai vacillando quando riuscii a vedere bene il cumulo sul quale era seduto. Non era fatto di terra e roccia ma di corpi umani, rinsecchiti e inerti. Troppo tardi per non vederne i volti. Li conoscevo tutti: Angela, Ben, Jessica, Mike... Ed esattamente ai piedi dell’adorabile infante c’erano i cadaveri di mio padre e mia madre.

Il bambino aprì gli occhi, luminosi e rossi come il sangue.

3

Il grande giorno

Di colpo sgranai gli occhi.

Scossa e ansante, restai un bel po’ sotto le coperte calde, nel tentativo di liberarmi dal sogno. Mentre attendevo che il cuore rallentasse il battito, il cielo fuori divenne grigio e poi rosa pallido.

Quando tornai alla realtà della mia stanza, familiare e disordinata, ce l’avevo un po’ con me stessa. Che razza di sogno, proprio la notte prima del matrimonio! Così imparavo a tormentarmi con storie inquietanti nel cuore della notte.

Impaziente di scrollare via l’incubo, mi vestii e corsi in cucina molto prima del necessario. Innanzitutto rassettai le stanze già in ordine e quando Charlie si alzò gli preparai i pancake. Ero troppo nervosa per mangiare qualcosa, perciò restai al mio posto saltellando sulla sedia.

«Devi essere dal signor Weber alle tre», gli ricordai.

«Non ho granché da fare oggi, Bells, a parte passare a prendere il pastore. È difficile che mi dimentichi dell’unico impegno che ho».

Per il matrimonio, Charlie si era preso un’intera giornata di permesso e ora non sapeva come riempirla. Di tanto in tanto lanciava uno sguardo furtivo sotto le scale, verso l’armadio che custodiva i suoi attrezzi da pesca.

«Non è l’unico. Devi anche vestirti e renderti presentabile».

Si gettò a capofitto nella sua tazza di cereali e a mezza voce borbottò la parola «pinguino».

Qualcuno bussò impaziente alla porta d’ingresso.

«Pensi di passartela male», dissi mentre mi alzavo da tavola con una smorfia. «Io starò tutto il giorno come una bambolina fra le mani di Alice».

Charlie annuì pensieroso e ammise che a lui toccava la prova meno ardua. Mi chinai a baciarlo sul capo mentre gli passavo accanto — lui arrossì e brontolò qualcosa -, pronta ad accogliere la mia migliore amica e futura sorella.

I capelli neri e corti di Alice non erano disordinati come al solito ma sistemati in un’acconciatura a onde che ne circondava il viso da folletto, che contrastava con la sua espressione indaffarata. Mi trascinò fuori casa con un «Ciao, Charlie» appena accennato indirizzato alle sue spalle.

Poi mi esaminò, mentre salivo sulla sua Porsche.

«Oh, accidenti, guarda che occhi!». Sibilò la sua disapprovazione. «Cos’hai fatto? Sei stata sveglia tutta la notte?».

«Quasi».

Mi guardò in cagnesco. «Non ho molto tempo per renderti strepitosa, Bella: avresti potuto trattare meglio la mia materia prima».

«Nessuno si aspetta che io sia strepitosa. Il vero rischio è che mi addormenti durante la cerimonia e non riesca a dire "sì" al momento giusto, facendo scappare Edward».

Rise. «Quando arriva il momento ti tirerò addosso il mio bouquet».

«Grazie».

«Avrai anche troppo tempo per dormire domani, in aereo».

Alzai un sopracciglio. Domani, riflettei. Secondo il programma, saremmo partiti subito dopo il ricevimento e se domani fossimo stati ancora in aereo... be’, di certo la nostra meta non era dietro l’angolo. Edward non aveva fatto trapelare nulla. Non ero particolarmente ansiosa di scoprire il mistero, ma era davvero strano ignorare dove avrei dormito la notte seguente. Magari... non proprio dormito.

Alice capì di aver detto troppo e si rabbuiò.

«È tutto pronto per la partenza», disse per distrarmi.

Funzionò. «Alice, avresti almeno potuto lasciarmi fare le valigie!».

«Ti avrei dato troppi indizi».

«E ti saresti negata un’occasione di fare shopping».

«Fra sole dieci ore ufficialmente sarai mia cognata... direi che è ora di superare questa avversione per i vestiti nuovi».

Restai a guardare dal finestrino, imbronciata e cupa, finché non fummo nei pressi della loro casa.

«È già tornato?», domandai.

«Non preoccuparti, arriverà prima che inizi la musica. Ma presto o tardi che sia, non devi vederlo. Rispettiamo la tradizione».

«La tradizione!», sbuffai.

«Anche se gli sposi non sono tradizionali».

«Lo sai anche tu che ha già sbirciato».

«Invece no, e questo è il motivo per cui sono stata l’unica a vederti con il vestito. Ho fatto molta attenzione a non pensarci mai, con lui nei paraggi».

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