Читаем Breaking Dawn полностью

«Sto bene», dissi rispettando la mia vecchia abitudine umana. «Aspetta. Prima...».

C’erano molte cose. Non avevo avuto risposta alle mie domande. C’erano cose più importanti della sete.

Fu Carlisle a parlare. «Sì?».

«Voglio vederla. Renesmee».

Fu stranamente difficile pronunciare il suo nome. Mia figlia, parole difficili persino da pensare. Sembrava tutto così distante. Provai a ricordare come mi ero sentita tre giorni prima e automaticamente le mie mani si liberarono da quelle di Edward e scesero sulla pancia.

Piatta. Vuota. Mi aggrappai alla seta chiara che ricopriva la mia pelle e il panico m’invase di nuovo, mentre una percentuale insignificante della mia mente si accorse che Alice doveva avermi vestita.

Sapevo che dentro di me non c’era più nulla e avevo un debole ricordo della scena insanguinata del parto. Tutto ciò che sentivo era l’amore per la piccola brontolona dentro di me. Fuori di me, lei appariva come un mero frutto della mia immaginazione. Un sogno evanescente... un sogno che era un mezzo incubo.

Mentre lottavo con la mia confusione, vidi Edward e Carlisle scambiarsi uno sguardo prudente.

«Che c’è?», domandai.

«Bella», disse Edward in tono tranquillizzante. «Non è una buona idea. Lei è mezza umana, amore. Il suo cuore batte e nelle sue vene scorre sangue. Finché la tua sete non sarà effettivamente sotto controllo... non vorrai metterla in pericolo, vero?».

M’incupii. Certo che no.

Ero fuori controllo? Confusa, sì. Facile alle distrazioni, anche. Ma pericolosa? Per lei? Mia figlia?

Non potevo essere certa che la risposta fosse no. Dovevo essere paziente. La cosa suonava difficile. Finché non l’avessi vista di nuovo, non l’avrei creduta reale. Solo il sogno evanescente... di una sconosciuta...

«Dov’è?», tesi l’orecchio e sentii il cuore che batteva al piano di sotto. Sentii respirare più di una persona: erano silenziose, come in ascolto. C’era anche un suono palpitante, continuo, che non riuscivo a identificare...

E il cuore che batteva emetteva un suono così umido e invitante che mi venne l’acquolina in bocca.

Sì, dovevo imparare a cacciare prima di poterla vedere. La mia bimba sconosciuta.

«Rosalie è con lei?».

«Sì», abbozzò Edward e mi resi conto di aver toccato un tasto irritante per lui. Pensavo che finalmente si fosse pacificato con Rose. Avevano ricominciato a litigare? Prima che potessi chiederglielo, tolse le mie mani dalla pancia piatta e mi diede un altro piccolo strattone.

«Aspetta», protestai ancora, provando a concentrarmi. «E Jacob? E Charlie? Raccontatemi cosa mi sono persa. Per quanto tempo sono rimasta... priva di coscienza?».

Edward non sembrò notare la mia esitazione sulle ultime parole. Anzi, si stava scambiando un altro sguardo accorto con Carlisle.

«Qualcosa di storto?», sussurrai.

«Non c’è niente di storto», disse Carlisle, enfatizzando l’ultima parola in modo strano. «In realtà non è cambiato niente in particolare, sei rimasta in stato d’incoscienza per circa due giorni. È stato tutto molto veloce, per come vanno queste cose. Edward ha fatto un ottimo lavoro, davvero innovativo. Iniettare il veleno direttamente nel cuore è stata una sua idea». S’interruppe per sorridere orgoglioso al figlio, poi sospirò. «Jacob è ancora qui, e Charlie ti crede ancora malata. Pensa che tu stia facendo dei test al centro epidemiologico di Atlanta. Gli abbiamo dato un numero sbagliato, ed è un po’ frustrato. Ha parlato con Esme».

«Dovrei chiamarlo», mormorai fra me, ma ascoltando la mia voce compresi che c’era una nuova difficoltà. Non l’avrebbe riconosciuta. Non l’avrebbe di certo rassicurato. E poi, s’intromise la prima sorpresa. «Aspetta... Jacob è ancora qui.

Un altro scambio di sguardi.

«Bella», disse subito Edward. «C’è molto di cui parlare, ma prima di tutto dobbiamo pensare a te. Sicuramente starai soffrendo per la sete...».

Quando sottolineò questo, ricordai l’arsura e deglutii di colpo. «Ma Jacob...».

«Avremo tutto il tempo del mondo per le spiegazioni, amore», mi ricordò con dolcezza.

Certo. Avrei aspettato un altro po’ per la risposta; sarebbe stato più facile ascoltare senza il dolore intenso della sete incandescente che sconvolgeva la mia concentrazione. «Okay».

«Alt, alt, alt», fremette Alice sulla porta. Entrò danzando nella stanza, con grazia da sogno. Come con Edward e Carlisle, rimasi scioccata quando la vidi davvero. Era adorabile. «Avevate promesso che ci sarei stata anch’io la prima volta! Che ne dite di portare qui una bella superficie riflettente?».

«Alice...», protestò Edward.

«Ci vorrà solo un secondo!», e schizzò via.

Edward sospirò.

«Di cosa sta parlando?».

Ma Alice era già di ritorno, assieme all’enorme specchio con la cornice dorata che stava in camera di Rosalie, alto quasi due volte lei e largo molto di più.

Fino a quel momento Jasper era rimasto talmente immobile che non avevo più pensato alla sua presenza. Si spostò da dietro Carlisle per avvicinarsi ad Alice, gli occhi inchiodati alla mia espressione. Perché il pericolo ero io.

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