«Andava bene?», chiesi stupita, con il respiro accelerato dall’eccitazione.
«Ottimo». Sorrise d’approvazione, ma il suo tono disinvolto non si accordava all’espressione sorpresa degli occhi.
«Possiamo farlo di nuovo?».
«Concentrati, Bella. Questa è una battuta di caccia».
«Oh, è vero». Annuii. «Caccia».
«Seguimi... se ci riesci». Sogghignò, improvvisamente sarcastico, e scattò di corsa.
Era più veloce di me. Non capivo come potesse muovere le gambe a una velocità così impressionante, ma non era il caso di sforzarmi. Comunque fosse, ero più forte di lui e ogni mia falcata valeva tre delle sue. Perciò volai con lui attraverso la ragnatela verde e vitale, al suo fianco, senza mai cedere terreno. Correndo non potevo evitare di ridacchiare per l’eccitazione e quel riso non mi rallentò né compromise la mia concentrazione.
Finalmente capivo come facesse Edward a non sbattere mai contro gli alberi durante la corsa; per me era sempre stato un mistero. Era una sensazione singolare: equilibrio fra velocità e nitidezza. Mentre correvo a razzo sopra, sotto e attraverso lo spesso labirinto color giada a una velocità che avrebbe dovuto ridurre tutto a una macchia striata di verde, distinguevo chiaramente ogni piccola foglia di ogni microscopico ramo di ogni insignificante arbusto che sorpassavo.
Per la velocità, sentivo l’aria scompigliarmi i capelli e schiacciare il mio povero vestito. Sapevo che era strano, ma sulla pelle la percepivo calda, così come il terreno duro della foresta non sarebbe dovuto sembrare velluto sotto i miei piedi nudi e i rami che mi sferzavano non sarebbero dovuti sembrare piume che mi accarezzavano.
La foresta era molto più viva di quanto avessi mai pensato: le foglie brulicavano di piccole creature, di cui non avrei mai indovinato l’esistenza. Tutte restavano in silenzio al nostro passaggio, il respiro accelerato dalla paura. Gli animali sembravano reagire al nostro odore con molta più saggezza rispetto agli umani. Be’, su di me aveva avuto l’effetto opposto.
Mi aspettavo che prima o poi sopraggiungesse la stanchezza, invece il respiro procedeva senza sforzo. Aspettavo che i muscoli iniziassero a bruciare, ma mentre mi abituavo alla corsa la mia forza non faceva che aumentare. Accelerai e presto fu Edward a doversi sforzare per tenere il passo. Risi di nuovo, esultante, quando sentii che restava indietro. Il mio piede nudo ora toccava terra così di rado che mi sembrava più di volare che di correre.
«Bella», mi chiamò ironico, con voce calma, quasi pigra. Non sentivo nient’altro. Si era fermato.
Per un istante presi in considerazione l’idea di ammutinarmi.
Ma, con un sospiro, turbinai e balzai leggera al suo fianco, qualche centinaio di metri più indietro. Lo guardai con grande aspettativa. Sorrideva, con un sopracciglio inarcato. Era così bello che non potevo non fissarlo.
«Che ne dici di restare entro i confini nazionali?», mi chiese, divertito. «O stavi pensando di proseguire verso il Canada oggi pomeriggio?».
«Qui va bene», acconsentii, più concentrata sul delizioso movimento delle labbra che sulle sue parole. Era difficile non distrarsi mentre tutto era una sorpresa per la mia nuova vista acuta. «Cosa cacciamo?».
«Alci. Ho pensato a qualcosa di semplice, visto che è la tua prima volta». S’interruppe quando i miei occhi si socchiusero alla parola
Ma non era il caso di fare storie. Avevo troppa sete. Nel momento stesso in cui iniziai a pensarci, l’arsura s’impadronì
«Dove?», chiesi scrutando gli alberi impaziente. Ora che le prestavo attenzione, la sete sembrava contaminare tutto il resto, filtrando fra il pensiero della corsa, delle labbra di Edward, dei baci e... che sete ardente. Non riuscivo a liberarmene.
«Fermati un minuto», mi disse posandomi con delicatezza le mani sulle spalle. L’urgenza della sete cedette momentaneamente al suo tocco.
«Ora chiudi gli occhi», mormorò. Obbedii e lui alzò le mani sul mio viso, accarezzandomi gli zigomi. Sentii il respiro accelerare e aspettai invano un rossore che non poteva arrivare.
«Ascolta», consigliò Edward. «Cosa senti?».