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Ci fu un guaito di protesta dietro di lui, poi il corpo grigio di Leah sbucò dagli alberi. Seth, più alto, color sabbia, era proprio dietro di lei.

«Tranquilli, ragazzi», disse Jacob. «Statene fuori».

Con mia gioia non lo ascoltarono, lo seguirono e basta, un po’ più piano.

Il vento, ora assente, non poteva soffiarmi via il suo odore.

Si avvicinò abbastanza da permettermi di percepire il calore del suo corpo nell’aria. La mia gola bruciò in risposta.

«Su, Bells. Fai del tuo peggio».

Leah sibilò.

Non volevo respirare. Non era giusto prendermi un vantaggio così pericoloso su Jacob, anche se era lui stesso che me lo offriva. Ma non potevo sottrarmi. C’era un altro modo di avere la certezza che non avrei fatto del male a Renesmee?

«Il tempo passa, Bella», scherzò Jacob. «Okay, non tecnicamente, ma è per darti l’idea. Dai, fatti una zaffata».

«Tienimi stretta», dissi a Edward, rannicchiandomi sul suo petto.

Con le mani mi strinse le braccia.

Bloccai tutti i muscoli, sperando di poterli mantenere immobili. Decisi di comportarmi, alla peggio, come durante la caccia. In caso di emergenza avrei smesso di respirare e sarei corsa via. Nervosa ma pronta a tutto, abbozzai un breve respiro dal naso.

Faceva un po’ male, ma del resto la mia gola già bruciava sorda. L’odore di Jacob non era più umano di quello del puma. Nel suo sangue c’era un che di animale che mi disgustò subito. Nonostante il rombo forte e umido del suo cuore fosse invitante, il profumo che lo accompagnava mi fece arricciare il naso. In realtà l’odore rendeva più semplice controllare la mia reazione al suono e al calore del suo sangue pulsante.

Feci un altro respiro e mi rilassai. «Uhm. Ora so quello che intendevano tutti. Tu puzzi, Jacob».

Edward scoppiò a ridere e le sue mani scivolarono dalle mie spalle per cingermi la vita. Seth latrò una risatina a bassa voce, in sintonia con Edward; si avvicinò un po’, mentre Leah arretrò di vari passi. Mi accorsi che c’era altro pubblico quando udii lo sghignazzare basso e inconfondibile di Emmett, attutito dalla vetrata che ci divideva.

«Senti chi parla», rispose Jacob, tappandosi il naso con un gesto teatrale. Il suo viso non fece una grinza mentre Edward mi abbracciava e nemmeno quando si ricompose e mi sussurrò all’orecchio: «Ti amo». Jacob continuava a sorridere e basta. Questo mi fece sperare che le cose fra noi potessero andare per il meglio, come non accadeva da troppo tempo. Forse, finalmente potevo essere davvero sua amica perché lo disgustavo quanto bastava a non amarmi più come prima. Forse era proprio quello che ci voleva.

«Okay, ho superato l’esame, vero?», dissi. «Ora mi dite qual è questo grande segreto?».

L’espressione di Jacob si fece molto nervosa. «Niente di cui tu debba preoccuparti proprio ora».

Sentii Emmett che ridacchiava di nuovo... impaziente.

Avrei insistito, ma oltre a Emmett udii altri suoni: il respiro di sette persone. Un paio di polmoni si muoveva più rapidamente degli altri. E un unico cuore sbatteva come le ali di un uccellino, leggero e veloce.

Catturò la mia attenzione. Mia figlia era dall’altra parte di quella sottile parete di vetro. Non la vedevo: la luce si rifletteva sulla superficie e rimbalzava come da uno specchio. Potevo solo vedere me stessa e il mio aspetto stranissimo, così bianca e immobile, rispetto a Jacob. O rispetto a Edward, impeccabile.

«Renesmee», sussurrai. Lo stress mi trasformò di nuovo in una statua. Di certo Renesmee non aveva l’odore di un animale. Rischiavo di metterla in pericolo?

«Vieni a vedere», mormorò Edward. «So che sarai bravissima».

«Mi aiuterai?», gli sussurrai fra le labbra immobili.

«Certo».

«Anche Emmett e Jasper, nel caso che...?».

«Faremo attenzione, Bella. Non preoccuparti, saremo pronti. Nessuno di noi metterebbe mai in pericolo Renesmee. Rimarrai sorpresa di vedere come ci abbia già stregati tutti quanti. Sarà perfettamente al sicuro, non preoccuparti».

Il desiderio di vederla, di capire la venerazione con cui ne parlava, sciolse la mia rigidità. Feci un passo avanti.

Jacob mi sbarrò la strada, sul volto una maschera di paura.

«Sei sicuro, succhiasangue?», domandò, quasi implorandolo. Non l’avevo mai sentito parlare in quel modo a Edward. «La cosa non mi piace. Forse è meglio se aspetta...».

«Hai già avuto il tuo test, Jacob».

Il test era per Jacob?

«Ma», iniziò Jacob.

«Ma niente», disse Edward, improvvisamente esasperato. «Bella ha bisogno di vedere nostra figlia. Lasciala passare».

Jacob mi lanciò uno sguardo strano, turbato, poi si voltò e scattò per precederci.

Edward grugnì.

Non riuscivo a dare un senso a quel battibecco e non riuscivo nemmeno a concentrarmici. Pensavo soltanto alla bambina sfocata dei miei ricordi e lottavo contro la loro nebbia, provando a ricordare come fosse esattamente il suo viso.

«Pronta?», disse Edward, con voce di nuovo dolce.

Annuii nervosa.

Mi strinse forte la mano nella sua e mi guidò verso casa.

Mi aspettavano tutti, una fila di sorrisi al tempo stesso accogliente e sulla difensiva.

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