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Ritrovare la direzione della mia nuova casa fu più facile che camminare lungo la vecchia strada di Charlie: il nostro profumo aveva lasciato una scia chiara e facile da seguire, anche alla massima velocità. Edward mi fu davanti finché non arrivammo al fiume. Mi arrischiai e spiccai il salto precedendolo, provando a usare la mia forza per batterlo.

«Ah!», esultai, quando sentii il mio piede sfiorare l’erba per primo.

Mentre aspettavo che atterrasse, udii qualcosa di inatteso. Qualcosa di rumoroso e troppo vicino. Un cuore che batteva.

Edward mi fu accanto nello stesso istante, le mani ben ferme sulle mie spalle.

«Non respirare», mi raccomandò inquieto.

Provai a non andare nel panico, impietrita a metà respiro. I miei occhi erano le uniche cose che si muovevano, giravano d’istinto verso la fonte del rumore.

Sul confine fra la foresta e il prato dei Cullen, c’era Jacob a braccia conserte, la mascella tesa. Invisibili, nella boscaglia dietro di lui, sentii due cuori più grandi e il debole spezzarsi dei rami sotto zampate enormi.

«Piano, Jacob», disse Edward. Un ringhio dalla foresta riecheggiò la preoccupazione della sua voce. «Forse non è questo il modo migliore per...».

«Pensi che sarebbe meglio lasciarla prima avvicinare alla bambina?», lo interruppe Jacob. «È più sicuro vedere come si comporta con me. Io guarisco in fretta».

Era un test per vedere se riuscivo a non uccidere Jacob, prima di provare a non uccidere Renesmee? Ero preda di un genere totalmente assurdo di nausea. Non aveva niente a che fare con lo stomaco, ma solo con la testa. Era un’idea di Edward?

Lo guardai in faccia, ansiosa; per un momento parve meditare, poi la sua espressione passò dalla preoccupazione a qualcos’altro. Alzò le spalle e con una decisa sfumatura ostile disse: «Come credi, la gola è tua».

Il ringhio che si alzò dalla foresta era furioso, stavolta: Leah, senza dubbio.

Che gli prendeva? Dopo tutto ciò che avevamo passato, Edward non riusciva a dimostrare un minimo di gentilezza per il mio migliore amico? Avevo pensato, forse stupidamente, che fra lui e Jacob fosse nata una specie di amicizia. Dovevo aver frainteso.

Ma cosa stava facendo Jacob? Perché si offriva come test per proteggere Renesmee?

Tutto ciò non aveva alcun senso per me. Nemmeno se la nostra amicizia fosse sopravvissuta...

E nel momento in cui i miei occhi incontrarono quelli di Jacob, pensai che forse sì, era così. Vedevo ancora il mio migliore amico. Ma non era lui ad aver subito un cambiamento. Come gli apparivo adesso?

Poi sfoderò quel suo sorriso familiare, il sorriso di uno spirito affine, e capii che la nostra amicizia era intatta. Era proprio come prima, quando passavamo i pomeriggi nel suo garage improvvisato, due amici che ammazzano il tempo insieme. Una cosa semplice e normale. Di nuovo notai che lo strano bisogno di lui che sentivo prima della trasformazione era del tutto sparito. Davanti a me c’era solo un amico, proprio come avrebbe dovuto essere.

Ma il suo comportamento non aveva senso. Davvero era così altruista da volermi proteggere con la sua stessa vita da qualsiasi gesto incontrollato di cui avrei potuto pentirmi, in un’agonia eterna? Questo andava ben oltre il limitarsi a tollerare ciò che ero diventata, o provare miracolosamente a restarmi amico. Jacob era una delle persone migliori che conoscessi, ma accettare tutto questo sarebbe stato troppo per chiunque.

Il suo sorriso si allargò ed ebbe un leggero fremito. «Devo dirtelo, Bells. Sei un fenomeno da baraccone».

Contraccambiai il sorriso, ritrovando facilmente i vecchi modi di fare. Era una parte di lui che capivo.

Edward grugnì. «Guardati allo specchio, bastardo».

Il vento si alzò alle mie spalle e l’aria sana di cui mi riempì i polmoni mi permise di parlare. «No, ha ragione. Gli occhi sono proprio strani, vero?».

«Super-spaventosi. Ma non brutti come pensavo».

«Ehi... grazie per il bel complimento».

Alzò gli occhi al cielo. «Sai cosa intendo. Sei ancora tu, be’, più o meno. Forse non è tanto una questione d’aspetto... tu sei Bella. Non pensavo di poter sentire ancora la tua presenza». Sorrise di nuovo, senza alcuna traccia di amarezza o risentimento. Poi ridacchiò e disse: «A ogni modo, penso che mi abituerò presto a quegli occhi».

«Davvero?», chiesi, confusa. Era meraviglioso che fossimo ancora amici, ma non pensavo che avremmo trascorso più molto tempo insieme.

Uno strano sguardo gli attraversò il volto e cancellò il sorriso. Era... colpevole? Poi si rivolse a Edward.

«Grazie», gli disse. «Promessa o no, non ero sicuro che riuscissi a non dirglielo. Di solito esaudisci ogni suo desiderio».

«Forse spero che si arrabbi e ti strappi la testa», insinuò Edward.

Jacob sbuffò.

«Che succede? Mi state nascondendo un segreto?», domandai incredula.

«Ti spiego dopo», disse Jacob soprappensiero, come se non ne avesse davvero intenzione. Cambiò argomento. «Prima di tutto, diamo inizio allo spettacolo». Il suo sorriso era un enigma, ora che mi si avvicinava lentamente.

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