«Non stavo scherzando. Stavo spiegando a Jasper perché so che Bella può mantenere il controllo. Non è colpa mia se avete tirato troppo presto le conclusioni».
«Aspetta», Jasper restò a bocca aperta. «Non ha attaccato gli umani?».
«Stava per farlo», disse Edward, palesemente felice di poterlo raccontare. Io serrai i denti. «Era completamente concentrata sulla caccia».
«E che cosa è successo?», s’intromise Carlisle. I suoi occhi si erano fatti improvvisamente luminosi e un sorriso affascinato gli si stava formando sul viso. Come prima, quando aveva voluto i dettagli sulla trasformazione. Il brivido di avere nuove informazioni.
Edward si sporse verso di lui, animato. «Mi ha sentito dietro di sé e ha reagito per difendersi. Appena si è accorta che la stavo inseguendo, ha distolto l’attenzione dal sangue. Non avevo mai visto niente di simile. In un istante ha capito cosa stava accadendo e allora...
«Accidenti», mormorò Emmett. «Davvero?».
«Ha tralasciato qualcosa», mugugnai, più imbarazzata di prima. «Per esempio che gli ho ringhiato contro».
«Vi siete dati un paio di fendenti come si deve?», chiese Emmett eccitato.
«No! Ovviamente no».
«No, davvero? Non l’hai attaccato?».
«Emmett!», protestai.
«Ah, che occasione sprecata», si lamentò Emmett. «Probabilmente sei l’unica che potrebbe batterlo, perché non può entrarti nella testa per imbrogliare, e avevi anche la scusa perfetta». Sghignazzò. «Muoio dalla voglia di vedere come farebbe senza il suo vantaggio».
Lo fissai gelida. «Non potrei mai».
Lo sguardo accigliato di Jasper catturò la mia attenzione; sembrava ancora più turbato di prima.
Edward sfiorò leggermente la spalla di Jasper con un pugno scherzoso. «Capisci che voglio dire?».
«Non è naturale», brontolò Jasper.
«Avrebbe potuto attaccarti... Ha solo poche ore!», lo rimproverò Esme, con la mano sul cuore. «Avremmo dovuto accompagnarvi».
Non stavo più prestando molta attenzione, adesso che Edward era andato oltre lo scherzo iniziale. Fissavo la bambina meravigliosa che, sulla porta, mi guardava. Le manine piene di fossette si tendevano verso di me come se sapesse esattamente chi fossi. Anche le mie mani, automaticamente, le andarono incontro imitandola.
«Edward», dissi piegandomi verso Jasper per vederla meglio. «Posso?».
Jasper, che serrava i denti, non si mosse.
«Jazz, questo non ha niente a che fare con ciò che hai visto finora», disse Alice tranquilla. «Fidati di me».
I loro sguardi s’incrociarono per un breve istante, poi Jasper annuì. Mi fece strada, ma mi posò una mano sulla spalla e mi seguì mentre pian piano mi avvicinavo.
Muovevo i passi concentrata al massimo, analizzando il mio umore, l’arsura, la posizione degli altri attorno a me. Quanto mi sentivo forte e se sarebbero stati in grado di frenarmi. Fu una lenta processione.
Poi la bambina, che non aveva smesso un attimo di agitarsi e sporgersi dalle braccia di Rosalie, con un’espressione sempre più irritata, emise un lamento forte e squillante. Tutti reagirono come se anche loro sentissero per la prima volta la sua voce.
Sciamarono attorno a lei in un secondo e mi lasciarono da sola, impietrita sul posto. Il suono del pianto di Renesmee penetrò dritto dentro me, arpionandomi a terra. I miei occhi pungevano in modo stranissimo, come volessero sciogliersi in lacrime.
Sembrava che tutti la toccassero per accarezzarla e rassicurarla. Tutti tranne me.
«Che problema c’è? Si è fatta male? Che cosa è successo?».
La voce di Jacob era quella più alta e spiccava ansiosa fra le altre. Lo guardai scioccata mentre si avvicinava a Renesmee e poi terrorizzata quando Rosalie gliela cedette senza resistenze.
«No, sta bene», lo rassicurò Rosalie.
Rosalie rassicurava Jacob?
Renesmee andò fra le braccia di Jacob piuttosto di buon grado, premendo la manina contro la sua guancia, poi si dimenò per tornare da me.
«Lo vedi?», gli disse Rosalie. «Vuole andare da Bella».
«Vuole me?», mormorai.
Gli occhi di Renesmee — i miei occhi — mi fissavano smaniosi.
Edward tornò al mio fianco con un balzo. Posò le mani delicatamente sulle mie braccia e mi spinse in avanti.
«Ti sta aspettando da quasi tre giorni», disse.
Eravamo a pochi passi da lei. Sembrava emettere ondate improvvise di calore, nell’impazienza di toccarmi.
O forse era Jacob che stava tremando. Notai le sue mani agitarsi mentre mi avvicinavo. Tuttavia, da tantissimo tempo non lo vedevo con un’espressione così serena.
«Jake... sto bene», gli dissi. Mi dava il panico vedere Renesmee fra le sue mani tremanti, ma cercai di mantenere il controllo.
Mi guardò torvo, di sottecchi, come se il pensiero di Renesmee fra le mie braccia lo riempisse di panico.
Renesmee frignò irrequieta e si avvicinò, le manine strette a pugno.